Le condizioni di vita disumane dei migranti rinchiusi nei centri di detenzione in Libia sono destinate a non cambiare, almeno per i prossimi mesi e probabilmente non grazie a questo governo. E’ quanto si deduce dall’informativa resa ieri alla Camera dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese che ha confermato l’importanza per l’Italia del Memorandum con la Libia siglato a febbraio del 2017 dall’allora governo Gentiloni per mettere un argine alle partenze dei barconi dal Paese nordafricano. Da allora a oggi gli arrivi «sono diminuiti del 97,2%», ha spiegato la titolare del Viminale annunciando comunque la disponibilità di Tripoli a rivedere alcuni punti dell’accordo.
Chi si aspettava un vero segno di discontinuità con le politiche non solo salviniane, ma anche del precedente governo, quando al Viminale sedeva Marco Minniti, è rimasto deluso. Non a caso ascoltando l’intervento della Lamorgese l’ex ministro dell’Interno ha più volte annuito con la testa in segno di approvazione, tanto più che almeno due dei quattro punti che formano il nuovo «Piano operativo umanitario» che l’Italia si prepara a discutere nella futura commissione italo-libica sembrano ricalcare le iniziative intraprese a suo tempo proprio da Minniti, quando convocava al Viminale i «sindaci» delle città libiche. Ecco quindi il sostegno alle municipalità attraverso la fornitura di apparecchiature mediche, mezzi di soccorso e materiale sanitario per gli ospedali e materiale per le scuole. Ma anche un rafforzamento delle frontiere meridionali della Libia attraverso le quali passano i migranti che sperano di arrivare in Europa.
Un rafforzamento che, ha proseguito la ministra, va accompagnato dal lavoro fatto dall’Oim sui rimpatri: «Dal 2016 a oggi – ha spiegato Lamorgese – l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha svolto 45 mila rimpatri volontari assistiti di migranti non aventi titolo ad avere la protezione internazionale, di cui oltre ottomila nei primi mesi 10 mesi del 2019».
Gli altri due punti del Piano riguardano i centri di detenzione e i corridoi umanitari. Sui primi, luoghi dove violenze e torture su uomini, donne bambini oggi sono all’ordine del giorno, il governo punta ad arrivare a un «miglioramento» delle condizioni di vita «con l’obiettivo di una loro graduale chiusura per giungere a centri gestiti dalle agenzie dell’Onu». Nel frattempo restano i finanziamenti alla cosiddetta Guardia costiera libica. Per quanto riguarda i corridoi umanitari dalla Libia, l’Italia spera di riuscire a coinvolgere anche altri Stati membri dell’Unione europea, visto che finora i numeri sono ancora bassi: 496 persone arrivate in Italia grazie al protocollo firmato con Cei e comunità di sant’Egidio e altre 859 evacuate attraverso il Niger.
Critiche alla ministra sono arrivate da Matteo Orfini che su twitter ha parlato di un intervento «imbarazzante e ipocrita». «I lager sono ’centri’ di migranti. Il memorandum una cornice da difendere. I libici partner affidabili – ha scritto il deputato Pd -. Davvero vogliamo continuare e far finta di non sapere?». Duro anche Riccardo Magi, di +Europa: «Quello che abbiamo garantito è la stabilizzazione di poteri paramilitari e mafiosi», ha spiegato riferendosi al Memorandum. «Quello che noi dobbiamo chiedere oggi è una missione internazionale per un piano di evacuazione e una nuova missione di salvataggio nel Mediterraneo». Due condizioni necessarie anche per il deputato di Leu Erasmo Palazzotto.
Carlo Lania
da il manifesto