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Memorie di un ribelle del sud

Inizia il processo d’appello contro l’assoluzione per i 13 no global del ”Sud ribelle” accusati di associazione sovversiva per la presunta organizzazione degli incidenti accaduti nel 2001 durante il G8 di Genova ed il Global Forum di Napoli

“La signora discute con la sorella dell’acquisto di una nuova lavatrice”: mi chiedo spesso cosa pensasse il carabiniere quella mattina del 10 aprile 2001 che, dalle 10.10 alle 11.50, la passò a spiare una conversazione telefonica tra mia madre e Zia Lina, per poi riassumere stenograficamente l’infinito confronto su offerte, detersivi e la qualità del bucato, in quelle brevi e loconiche parole.

Una “sparata” su Genova

A volte invece mi immagino il volto sorridente del pm Domenico Fiordalisi quando, scartabellando tra le migliaia di pagine di trascrizioni telefoniche, pose il suo sguardo sulla frase tanto agognata che diede un senso alla sua infima giornata di lavoro: “facciamo una sparata su Genova”. Accese il suo computer per aprire il file sul mandato di cattura che stava predispondendo e scrisse in grassetto e in corsivo quella frase a pagina 37 dell’ordinanza, che spiccava in tutta la sua potenza scritta com’era con caratteri il triplo più grande rispetto al resto del testo. Erano le 5 del mattino quando mi trovai tra le mani quest’ordinanza, un paio di manette ai polsi e un nugolo di carabinieri in giro a rovistare in casa, con il graduato che, alla ricerca di elementi probanti la mia attività terroristica, non trovò di meglio che sequestrare un libro dal titolo inequivocabile “rivoluzione”, seguita dal sostantivo “copernicana”, che nella sua foga investigativa avrà pensato essere una delle tante pericolose deviazioni correntizie del marxismo sovversivo. “Facciamo una sparata su Genova”: era uno degli imputati al telefono che nel discutere della riunione del giorno seguente, suggeriva ad un suo compagno di affrontare velocemente la questione dei preparativi sul controG8 per poi passare agli altri punti all’ordine del giorno. “Domani iniziamo tardi la riunione, quindi facciamo una sparata su Genova e poi approfondiamo il punto sul presidio antinucleare da fare la prossima settimana”: ma la frase completa non la trovavi nelle 360 pagine dell’ordinanza cautelare, ma bisognava scavare nel faldone di migliaia di pagine di intercettazioni e quindi il pm Fiordalisi, confidando nella risaputa svogliatezza del GIP Nadia Plastina (prontamente promossa pochi mesi dopo alla direzione generale del ministero di Giustizia), lasciò la frase mozzata: “facciamo una sparata su Genova”, commentando a latere come in quelle parole si ravvisava il chiaro intento eversivo del sodalizio criminale Sud Ribelle.

L’inchiesta di Cosenza

Dobbiamo ritenerci comunque fortunati, pensai mesi dopo, perchè se in quell’occasione avessimo approfondito il punto sui preparativi di Genova e quindi avessimo fatto “tutta una tirata su Genova”, ci avrebbero messo in carcere anche per spaccio internazionale di cocaina. L’inchiesta di Cosenza è tutta qui: una miriade di parole estrapolate dal contesto, spesso interviste a giornalisti di testate nazionali, dichiarazioni pubblicamente annunciate e rivendicate, insomma quello che costitutivamente rappresenta l’esatto contrario del carattere carbonaro e clandestino di una qualsivoglia attività eversiva. Che l’ossessione dei Ros dei carabinieri a spiare e intercettare i nostri telefoni, a introfularsi di notte nelle nostre case e nelle nostre auto per piazzare cimici e microspie, non fosse frutto delle nostre paranoie di persecuzione, ma purtroppo il pane quotidiano per chi costruiva mobilitazioni e conflitti sociali in giro per il meridione martoriato da ben altre attività criminali, l’avremmo scoperto solo un anno dopo: il Gip del Tribunale di Napoli Pierluigi Di Stefano, in relazione alle intercettazioni verso il mio cellulare, invece di disporre la sedicesima autorizzazione a procedere su richiesta dei ROS, decise non solo di rigettare la richiesta, ma chiese di aprire un fascicolo sull’evidente intento persecutorio dei carabinieri motivandolo con queste parole: “La polizia giudiziaria inquirente sta realizzando, in modo indiretto, delle intercettazioni preventive, il che allo Stato non viene consentito nemmeno in materia di criminalità mafiosa; procedere alle intercettazioni in assenza di concreti elementi indiziari del reato per cui si procede, determinerebbe solo un uso improprio delle intercettazioni telefoniche”. Per non buttare a mare tutto questo lavoro, il fascicolo contenente oltre un anno di intercettazioni, iniziò a vagare per l’Italia: ma mentre le procure di Genova e Napoli, competenti territorialmente poichè la cellula eversiva realizzò in tali città i propri intenti rivoluzionari, cestinarono la polpetta avvelenata, il prode Fiordalisi prese in mano le redini del gioco e ricollocò in quel di Cosenza l’inchiesta, calabresizzandola con un bel po’ di soggetti locali dell’antagonismo sociale. Per giustificare questa avocazione a sè, scoprimmo poi che quella che per noi rappresentò una delle tante riunioni preparatorie e di coordinamento in vista del controvertice di Genova, svolta a Cosenza presso la casa delle culture come altre centinaia che in quelle settimane di ferventi preparativi organizzammo in giro per l’Italia, era in verità una riunione costitutiva della cellula eversiva che di lì a poco avrebbe attentato all’ordinamento economico mondiale, “cercando di attentare all’incolumità delle seguenti personalità internazionali: – George W. Bush, nato a Detroit il 24 magio 1950, residente in Washington presso la Casa Bianca, . Il Fiordalisi insomma si prese la briga nell’ordinanza di riportare le generalità dettagliate degli 8 grandi, che purtroppo in primo grado la corte d’assise rifiutò di sentirli come persone informati dei fatti: sarebbe stato utile per capire quanto gli 8 del g8 avessero percepito il rischio di essere defenestrati da questi 13 del Sud Ribelle.

Frasche d’ulivo

Certo eravamo quasi il doppio di loro, ma peccato che nessuno avvisò i presenti alla riunione di siffatto valore storico di quell’incontro presso la casa delle culture di Cosenza. Insomma Fiordalisi sventò qualcosa di molto simile alla presa sovietica del palazzo d’inverno: il G8 di Genova non fu un momento straordinario e di mobilitazione sociale contro la globalizzazione neoliberista, ma una tappa preparatoria di un disegno eversivo e rivoluzionario: i 13 cospiratori si erano proposti di costituire “una associazione sovversiva di ventimila aderenti che in quelle giornate, con la complicità di trecentomila persone che tolleravano e a volte coprivano le violenze, cercò di sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito nello Stato ed in particolare la globalizzazione neoliberista e l’ordinamento del mercato del lavoro”. Insomma, roba da monumento nazionale da innalzare nella piazza principale di Atene.
E’ proprio ai greci bisognerebbe spiegare che un sistema mondiale non si può abbattere a colpi di molotov, spranghe e bastoni. No, no, serve ben altro, come dettagliatamente descrive l’impavido Fiordalisi: “frasche di ulivo agitate ripetutamente dinanzi agli agenti di polizia, una zucca collocata provocatoriamente sul casco di un celerino e il lancio reiterato di foglie di cavolfiori in direzione del plotone di polizia posto a difesa della sede dell’incontro internazionale”. Di questo, e molto altro ancora, si è occupata per 5 lungi anni non il tribunale ordinario ma la corte d’Assise, con tanto di giudici a latere, giuria popolare, insomma dopo i milioni di euro spesi per le indagini, qualche altro milione per il dibattimento, per un processo che non poteva che finire con l’assoluzione di tutti gli imputati. Ma il prode Fiordalisi, anche perchè a lui non costa niente, non demorde e scomoda per oggi la corte d’assise d’appello di Catanzaro, per spiegare ancora una volta della minaccia bolscevico-altermondialista alle porte, di cui i 13 ribelli del sud sono tuttora protagonisti. E così, se non bastavano i 20 giorni di carcere speciale, i 18 mesi di confino politico con l’obbligo, i 5 anni su e giù per Cosenza, ora chissà per quanto altro tempo ancora restermo prigionieri della salerno-reggio calabria, in direzione di Catanzaro. E se troveranno un cavillo e un inghippo? Nulla di cui preoccuparsi, le carte tornano a Cosenza e si ricomincia daccapo. Altri dieci anni possiamo aspettare. Tanto per il reato di corruzione la prescrizione scatta dopo 7 anni, per sovversione ce ne vogliono una trentina.

Francesco Caruso