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Messico: A dieci anni da Ayotzinapa

Il Messico che vuole verità si rimette in marcia. Grande rabbia tra i familiari dei 43 studenti desaparecidos e i loro sostenitori: il presidente uscente Amlo ha tradito. Si spera nella nuova leader del paese, ma il potere dell’esercito non ha fatto che crescere

di Andrea Cegna da il manifesto

È forte la rabbia che madri, padri, parenti, studenti e studentesse della Scuola Normale Isidro Burgos di Ayotzinapa sentono. Dieci anni fa, la notte tra il 26 e 27 settembre, mentre gli studenti si spostavano a Iguala per trovare autobus che li avrebbero portati a Città del Messico, per partecipare alla manifestazione in ricordo del massacro del 2 ottobre 1968 in Piazza Tlatelolco (Piazza delle Tre Culture), subirono un attacco congiunto tra polizie e gruppi del crimine organizzato con la copertura dell’esercito.

Quarantatré studenti sono spariti nel nulla, tre sono stati ammazzati (e con loro altre tre persone vittima della violenza cieca di quella notte), uno è ancora in stato vegetativo. La rabbia è tanta soprattutto perché il presidente uscente, Andres Manuel Lopez Obrador – dopo aver promesso in campagna elettorale nel 2018 di portare alla luce la verità e fare giustizia e in un primo momento durante il suo governo aver dato un impulso importante alle indagini – ha tradito.

Mercoledì 25 settembre ha ammesso di non essere arrivato al risultato che avrebbe voluto ma di confidare che il prossimo governo, quello di Claudia Sheinbaum, proseguirà nella ricerca. Ma ha anche aggiunto che non ci sono prove che i militari siano coinvolti. Queste dichiarazioni hanno fatto infuriare madri, padri e studenti. Anche perché la vicenda di Iguala ha radici storiche: il 2 ottobre 1968 – una delle tappe più notte della «guerra sporca», con cui politica ed esercito repressero i movimenti sociali, fiaccando ogni forma d’insorgenza con una violenza inaudita fatta di omicidi e sparizioni forzate – fu l’anticamera per la chiusura, nel 1969, di molte scuole Normali Rurali considerate covo di rivoluzionari.

QUELLE rimaste aperte sono state monitorate con continuità. Le indagini indipendenti hanno dimostrato che già diversi anni prima del 2014 l’esercito aveva infiltrato la Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa, e proprio uno dei 43, Julio César López Patolzin, era uno dei militari infiltrati.

Non solo, la stessa indagine ha dimostrato che proprio Julio César López Patolzin stava informando in tempo reale i suoi superiori su ciò che stava accadendo a Iguala. Infiltrazione confermata dalla stessa Sedena (ministero della difesa nazionale) alla Commissione per la verità e l’accesso alla giustizia nel caso Ayotzinapa (Covaj).

Il cambio di postura di Amlo si è accompagnato a una crescita di potere dell’esercito, con l’ultimo passaggio votato dal Senato e prima dalla Camera, dell’incorporazione della Guardia nazionale nelle forze armate. E così il Gruppo Interdisciplinario di Esperti Indipendenti ha abbandonato il paese, dicendo di essersi scontrato con l’impossibilità di andare avanti con le indagini: governo e forze armate hanno spesso di collaborare.

Le indagini indipendenti hanno mostrato come la pratica della sparizione forzata nel Messico di oggi sia strutturale e come la «guerra alla droga» fu tutto fuorché uno scontro per eliminare i gruppi criminali. Anzi, è stata il volano per costruire un sistema di controllo del territorio dove gruppi di potere politici, militari ed economici dialogano e si scontrano, per i propri interessi e per reprimere chi vi si oppone, come gli stessi studenti di Ayotiznapa.

IL LAVORO militante di giornalisti e esperti indipendenti ha portato il governo di Amlo a confermare che la «verità storica» fu una falsità costruita a tavolino e che i fatti di Iguala sono stati un crimine di stato. Ma più passano i giorni, più si avvicina la fine del governo attuale, più i fatti si allontano nel tempo. E più sembra che i poteri politici, economici (legali e illegali) e armati hanno reso impossibile sapere cos’è accaduto ai 43 studenti desaparecidos, avere giustizia e capire come funziona il “sistema Messico”.

Lo racconta bene il giornalista italiano Federico Mastrogiovanni nel suo recente libro Ayotzinapa y nuestras sombras. Ma la lotta di madri, padri e compagni delle scuole Normali Rurali non si ferma e dopo una settimana di iniziative tra il Guerrero e Città del Messico, ieri 26 settembre hanno organizzato una manifestazione nella capitale e una il giorno dopo a Chilpancingo e promettono di non fermarsi qui.

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