La lettera di Stefania Zuccari, la mamma di Renato Biagetti ucciso dai fascisti a Roma per denunciare la normalità del male.
Mi chiamo Renato Biagetti. A me i fascisti non fanno paura. Non mi hanno mai fatto paura. Nemmeno quando mi hanno ucciso.
Quelli che mi fanno paura sono quelli che non dicono nulla, non vedono nulla, non sanno nulla. Quelli che ancora pensano che sono ragazzate o che “quelli come me se la sono andati a cercare”. Quelli che dicono che è folklore. Bandiere nere, svastiche, saluti romani. Folklore, come i ballerini con il tamburello o le processioni con il santo con appesi i serpenti. Fenomeni marginali, sacche di delinquenza. Risse tra balordi. Tre righe in cronaca.
Intanto si riscrive la storia. Si mischiano i morti. Si dimenticano cause, ragioni. Io sono morto per loro. Non per voi. Sono morto per loro. E a loro continuo a pensare.
E’ tutto così assurdo. Un brutto film, uno di quelli in cui la sceneggiatura non gira. Eppure in quel film io ci abitavo, come ci abitate voi. Un Paese che ancora non si è stufato delle morti come la mia. Un Paese in cui tutto è normale. Anche morire fuori da una festa di musica reggae. 8 coltellate. Una è stata così forte che addosso mi è rimasto il segno del manico del coltello.
Tutto normale. Anzi normalissimo. Cosa c’è di strano? Si comincia sempre così. Di questo ho paura.
Stefania Zuccari
Stefania è la mamma di Renato Biagetti ucciso dalle coltellate di due fascisti dopo una festa in spiaggia a Focene. E’ la fondatrice di Madri per Roma città aperta. Come le Madres de la Plaza de Mayo ha raccolto anche lei il testimone delle idee di suo figlio
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