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Migrante bengalese morto nel Cpr di Torino

Il Garante aveva visitato le strutture e denunciato le condizioni di vita

Ieri mattina un migrante di origini bengalese è deceduto presso il Centro di permanenza e rimpatrio di Torino. La morte risalirebbe addirittura nella notte, ma se ne sono accorti la mattina. Secondo le indiscrezioni trapelate dalla campagna Lasciate-CIEentrare, l’uomo, 32enne, era stato posto in isolamento, dopo le denunce degli altri trattenuti che avevano segnalato l’abuso sessuale che avrebbe subito da altri migranti. Alla notizia della morte, alcuni migranti hanno inscenato una dura protesta, perché non è stato subito chiaro quali fossero le cause. Secondo il medico legale la morte sarebbe per cause naturali, anche se le indagini sono ancora in corso. La protesta, poi rientrata, aveva causato piccoli incendi in alcuni moduli del Cpr.

Ma come sono le condizioni di questa struttura e come vivono i migranti trattenuti? Qualche tempo fa, Radio blackout ha raccolto e diffuso la denuncia di un trattenuto al dodicesimo giorno di sciopero della fame recluso nel Cpr. «In questo centro ci trattano malissimo, peggio degli animali: il cibo ci viene somministrato in scatole di plastica dopo diverse ore dalla sua preparazione, quindi freddo, e non abbiamo alcun modo di poterlo consumare se non sul pavimento», ha raccontato il ragazzo. «Perdo ogni giorno un kg, non so se sopravvivrò, ma voglio lanciare questo messaggio: ho perso tutte le mie energie, siamo discriminati in Italia e a nessuno interessa nulla, non venite in Italia!». Ha concluso chiedendo di essere mandato in qualsiasi altro posto, purché fuori da quella prigione il prima possibile.

Non è però un caso isolato. Ad esempio, l’estate scorsa, il centro è stato danneggiato da un incendio doloso. Alcune delle persone recluse nel Cpr sono salite sui tetti, in segno di protesta per le condizioni nelle quali sono costrette a vivere. Due mesi dopo invece sono andati distrutti diversi moduli abitativi, dati alle fiamme da cittadini magrebini reclusi da oltre un mese e mezzo nel centro. Ma non sono mancati problemi burocratici non esattamente di poco conto. A maggio scorso, l’avvocato Cristiano Prestinenzi di Bologna, ha parlato di «una grave violazione di diritti inalienabili dell’individuo riconosciuti dalla Costituzione, dai trattati internazionali e, più in generale, dai principi basilari su cui si regge uno Stato democratico». Si riferiva ad un suo assistito trattenuto da oltre un mese al Cpr di Torino, che non riusciva ad avere la documentazione sanitaria che lo riguarda. «Il mio assistito mi ha riferito di avere un problema serio di salute e che sarebbe necessario un intervento chirurgico urgente, per cui avrebbe già effettuato tre accessi in strutture ospedaliere, ma dall’amministrazione del centro mi hanno risposto che per chiedere la documentazione sanitaria devo fare richiesta alla prefettura di Torino e, solo quando ci sarà il consenso, mi verrà rilasciata. È inaccettabile», ha denunciato l’avvocato Prestinenzi. Anche considerando, prosegue, «che la stessa coop che ha in gestione il centro il 4 aprile mi ha inviato senza nessuna autorizzazione documentazione relativa al mio assistito».

In generale, la condizione di vita dei vari Cpr è deplorevole. A dirlo recentemente è stata l’autorità del Garante nazionale delle persone private della libertà, perché, a distanza di alcuni mesi dalle ultime visite, ha effettuato nuove visite in quattro dei sei Centri per il rimpatrio presenti sul territorio italiano. Ricordiamo che i Cpr sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. L’autorità del Garante denuncia che la situazione degli ospiti rimane molto dura e preoccupante, sia dal punto di vista della vita quotidiana, che scorre senza nessuna attività, con evidenti ripercussioni sulla salute psicofisica delle persone ristrette ( fino a sei mesi o anche più), sia per quanto riguarda le condizioni materiali degli ambienti, spesso danneggiati o incendiati da precedenti ospiti ma mantenuti in tali condizioni di deterioramento e di assenza di igiene.

Damiano Aliprandi

da il dubbio