Riesco solo ora ad avere accesso ai sistemi di comunicazione. Con l’operazione di polizia di lunedì all’alba, mi hanno sequestrato computer e telefoni, bloccandomi account e ogni cosa. Sono accusato con i miei compagni di una vita di battaglie, del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato che già per il nome che porta non riconosco e non accetto, né davanti allo Stato né davanti a nessuno. Sono accusato di aver aiutato degli esseri umani a raggiungere un luogo dove non li attendessero campi di concentramento, torture, sevizie, morte. Lo rivendico davanti a chiunque, sono colpevole fino in fondo di questo. Il Signor Procuratore di Ragusa ne prenda pure nota.
Non occorreva mettere in moto una macchina del fango come questa per farmelo dire. Non occorreva inventarsi accuse false, o scrivere la trama di uno scandalo di quelli che piacciono tanto agli odiatori di professione, o che fanno vendere più copie a giornalini e giornaloni. Dal 2018 la mia vita, per intero, è dedicata a questo: organizzare una nave che faccia soccorso civile in mare, mantenerla, riuscire a farla ripartire ogni volta superando ogni ostacolo che qualcuno ha sempre tentato di mettere. Non c’è nulla di eroico in quello che faccio. Gli unici eroi di questa storia sono le donne, gli uomini e i bambini che resistono attaccati alla vita mentre qualcuno li vorrebbe annegati nella morte per sempre. Io sono solo uno dei tanti e delle tante che in questo tempo hanno deciso di aiutarli. Di non voltarsi dall’altra parte.
Non sono una vittima.
Sono privilegiato tre volte:
la prima perché ho due figli che mi amano, che mi hanno stretto in questi giorni nel loro abbraccio come so che faranno sempre quando mi vedranno inginocchiato, messo a terra da qualcuno che mi ha colpito al cuore, quando mi vedranno in difficoltà. Loro sono la mia prima grande, inesauribile, fonte di forza, tenera come una carezza, potente come il mare.
La seconda perché dopo tanti anni di lotte, di errori, di battaglie , molte perse, altre vinte, sono arrivato a toccare una cosa che voi, uomini potenti degli apparati degli Stati, non potrete mai conoscere: cosa può l’amore verso altri esseri umani, che senti come fratelli e sorelle anche se non li hai mai incontrati prima. Ho passato una vita a tentare di dare una forma e un senso al mio odio. Ora finalmente sono giunto altrove. Non odio nemmeno voi che adesso mi fate questo. Provo pena per voi, così potenti e così aridi da non capire quanto meraviglioso possa essere salvare una vita invece che ucciderla.
La terza perché sono circondato da persone meravigliose, cominciando dai miei fratelli accusati con me, che non ti abbandonano mai al tuo destino anche quando la tempesta è forte. Sono gli amici veri, quelli che ti vogliono bene davvero, quelli che si vedono nel momento del bisogno. Sono la mia comunità, quelli con cui posso spezzare il pane, continuare il cammino anche se sono stanco. Sono quelli che non tradiranno.
Le cose infamanti messe in piedi per distruggere cadranno, come cadono le cose costruite sul fango: arriverà la pioggia, laverà via ciò che di sporco voi, potenti uomini degli apparati, avete inventato per darvi legittimazione nel vostro obiettivo. Che è, e rimane, impedire che qualcuno aiuti gli esseri umani a scappare dagli inferni dove voi li avete messi. Volete impedire il soccorso in mare e in terra, ma non avete il coraggio di dirlo chiaramente, e per questo vi inventate di tutto.
Ma invece io lo dico chiaramente, subito: rifarei ogni cosa che ho fatto, dalla prima all’ultima, per aiutare persone che chiedono aiuto. Non mi sono voltato dall’altra parte e adesso non abbassero’ lo sguardo. E appena potrò tornerò a fare quello che facevo prima, con più forza, con ogni mezzo, con tutti gli aiuti che troverò per farlo, costi quel che costi. Perché ne vale la pena.
Un pensiero a Mimmo Lucano, che con la sua vicinanza mi onora. E ai miei fratelli e sorelle di Mediterranea, che condividono con me ogni cosa, anche il dolore.
Sono felice che i 27 esseri umani che erano abbandonati su una petroliera in mezzo al mare, adesso stiano bene. Sono felice per tutti coloro che ho incontrato in mezzo al nostro mare e adesso vivono finalmente. Penso ogni minuto alle donne uomini e bambini che sono ancora nei campi di concentramento in Libia. Penso a come si può fare per aiutarli a fuggire, per salvarli, per impedire che li uccidano o che li torturino. Se questo è un reato, sono colpevole. Lo sarò sempre.
Il post del 5 marzo di Luca Casarini su Facebook dopo la notizia dell’inchiesta contro la nave Mediterranea