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Migranti: il governo dichiara lo stato d’emergenza

Il governo Meloni ha dichiarato “lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale a seguito dell’eccezionale incremento dei flussi nel Mediterraneo”. Avrà una durata di sei mesi e sarà sostenuto da un primo finanziamento di cinque milioni di euro che presumibilmente verranno utilizzati per dar vita a un centro per il rimpatrio dei migranti (Cpr) in ogni regione.

Su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, il governo ha deliberato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale a seguito dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo.

Lo stato di emergenza, sostenuto da un primo finanziamento di cinque milioni di euro, avrà la durata di sei mesi. Questo provvedimento permette di stanziare fondi ad hoc ma anche di attribuire poteri straordinari al governo, che può, quindi, emanare ordinanze derogando alle norme in vigore.

Lo stato emergenziale piò essere usato per mettere in atto espulsioni facili, magari senza considerare bene lo status legale o la situazione umana di chi è arrivato in Italia fuggendo da situazioni di guerra, fame, persecuzione, grave degrado umano o civile.

Verranno aumentati e rafforzati i centri di permanenza per i rimpatri (CPR), cioè i centri di detenzione per le persone che non hanno un permesso di soggiorno valido per rimanere in Italia. I CPR sono criticati da anni dalle associazioni che si occupano di diritti umani per le condizioni disumane e degradanti in cui vengono ospitati i detenuti: già a marzo il governo aveva fatto sapere di volerne costruire uno in ogni regione (oggi sono una decina).

Lo scorso dicembre il governo aveva approvato il decreto legge che stringeva le maglie dei soccorsi in mare da parte delle navi ong tramite un codice di condotta, l’assegnazione di porti di sbarco anche molto lontani al punto dell’intervento, lo stop ai cosiddetti “soccorsi plurimi” salvo diversa autorizzazione. Il cosiddetto decreto Cutro era invece seguito alla strage che si è consumata al largo della Calabria a fine febbraio e ha introdotto pene più dure per i cosiddetti “scafisti” ma poche o nulle novità sull’apertura di canali regolari di immigrazione.

Negli ultimi 20 anni lo stato di emergenza è stato dichiarato ben 128 volte.

Stato di emergenza, ecco cosa significa

Affrontare con mezzi e poteri straordinari una calamità, dalle crisi umanitarie agli eventi naturali come terremoti o alluvioni. È questo l’obiettivo della dichiarazione dello ‘stato di emergenza’: un atto amministrativo regolato dal codice di Protezione civile che va deliberato dal Consiglio dei ministri su proposta del presidente del Consiglio, così come avvenuto in queste ore per l’eccezionale incremento dei flussi di migranti attraverso le rotte del Mediterraneo.

Al momento in Italia sono in vigore circa una ventina di provvedimenti questo tipo, dall’emergenza dei profughi dell’Ucraina a diversi casi di alluvione, spesso decisi anche dopo la richiesta del presidente di una Regione o di una Provincia autonoma interessata. L’unico precedente in materia di migranti risale invece al 2011 con il governo Berlusconi e prevedeva un piano di equa distribuzione nelle regioni dei profughi provenienti dal Nordafrica, anche se all’epoca la legge prevedeva norme diverse.

Lo stato d’emergenza nazionale è regolato dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile sulla base di alcuni requisiti definiti nell’articolo 7: “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”.

Con la dichiarazione dello stato d’emergenza può essere nominato un commissario cui spetta il compito di realizzare gli interventi previsti dalla dichiarazione: il superamento dell’emergenza, la riduzione del rischio residuo, il ripristino dei servizi essenziali e l’assistenza alla popolazione. In questo caso si delinea quindi un nuovo assetto temporaneo di poteri, con deliberazioni non soggette al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.

La delibera stabilisce inoltre uno stanziamento di risorse finanziarie da destinare agli interventi urgenti e da attingere nel Fondo per le emergenze nazionali, che può essere progressivamente incrementato nel corso della durata dello stato di emergenza. Il provvedimento può avere anche un rilievo solo locale o regionale. Quando è di tipo nazionale non supera i dodici mesi ed è prorogabile per altri dodici mesi al massimo: oltre questi tempi va varata una legge attraverso un passaggio parlamentare.

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