L’emergenza gelo si abbatte sui migranti. In migliaia sotto la neve dalla Grecia all’Est Europa. Il premier ungherese Orbán ordina: «Li arresteremo tutti, compresi i richiedenti asilo». A Firenze la protesta dei profughi caricati dalla polizia. Naufragio a largo della Libia, 8 morti e molti dispersi
Appena due giorni fa, il Global Risk Report aveva avvertito: le più importanti minacce globali del momento sono gli eventi climatici estremi e l’immigrazione incontrollata. Motivo? Possono aumentare l’instabilità sociale e alimentare le sirene populiste, specialmente in Europa. Nemmeno 48 ore dopo, è arrivata a dargli ragione l’Ungheria di Viktor Orbán, che si presenta come il paese istituzionalmente più razzista del continente. Accade infatti che tutto l’est sia flagellato da temperature polari e sommerso dalla neve e allo stesso tempo meta di passaggio per migliaia di profughi, soprattutto siriani, nonostante il flusso sia calato di molto dopo gli accordi tra Ue e Turchia e la chiusura delle frontiere intermedie, da quella tra Grecia e Macedonia a quelle tra Serbia e Bulgaria, fino al muro costruito dall’Ungheria alla frontiera con quest’ultima.
Per tutta risposta il governo di Budapest, che si definisce liberale ma è in realtà ultranazionalista e di estrema destra (pungolato più a destra solo dai neonazisti di Jobbik), ha annunciato ieri che arresterà tutti i migranti, compresi i richiedenti asilo. Si tratta del secondo schiaffo all’Unione europea: dopo che Orbán aveva già rifiutato qualsiasi piano di redistribuzione dei profughi, ora addirittura si prevede la detenzione di quest’ultimi, nonostante sia «contro le norme costituzionali accettate anche dall’Ungheria», come il governo ha riconosciuto, invece dell’assistenza umanitaria alla quale questi avrebbero diritto viste le rigidità del clima. In realtà non si tratta di una cosa nuova: il provvedimento, che prevede il fermo dei migranti finché non sarà esaminata la loro pratica, era stato già approvato alcuni anni fa e poi sospeso nel 20013, sotto la pressione di Bruxelles, della Corte europea dei diritti umani e delle Nazioni Unite. Ora tornerà in vigore, con il pretesto del terrorismo islamico, nel momento peggiore per i disperati che cercano di attraversare il Paese per raggiungere il Nord Europa.
Da allora, ha detto Orbán, in Europa ci sono stati sanguinosi attentati e dunque sulle regole internazionali e dell’Europa, liberamente accettate da Budapest, deve prevalere «l’interesse della nostra auto-difesa» e gli immigrati saranno tutti indistintamente trattati come clandestini.
Il premier ungherese ha sfruttato l’occasione del giuramento dei nuovi cadetti della guardia di frontiera per affermare che l’Ungheria non può affidarsi a «una soluzione qualunque» da parte dell’Ue, poiché i migranti rappresentano un rischio per la cultura e la sicurezza degli ungheresi e una minaccia sul fronte del terrorismo. «In Europa, viviamo un tempo dell’ingenuità e dell’incapacità: gli immigrati sono vittime dei trafficanti, ma anche dei politici europei, che incoraggiano la migrazione con la politica di accoglienza», ha detto. «Da noi, non ci saranno camion che investono chi festeggia», ha concluso, alludendo alle stragi di Nizza e di Berlino.
Probabilmente non sono estranee, queste parole, al nuovo corso americano di Donald Trump, che alla vigilia del suo insediamento, nella prima conferenza stampa, pochi giorni fa è tornato a chiedere il muro anti-immigrati con il Messico, pagato da quest’ultimo. Orbán, al momento in minoranza in Europa, si propone come interlocutore degli Usa trumpisti sfasciando proprio l’Unione, sperando nell’ascesa di Marina Le Pen alle prossime elezioni francese (ma non gli è andata bene in Austria con l’ultranazionalista Norbert Hofer, sconfitto dal verde Alexander Van der Bellen). Insomma, la partita sembra andare oltre la questione dei profughi, anche se lo stesso Orbán (capofila di uno schieramento di destra nazionalista e xenofoba che comprende pure polacchi e slovacchi) si trova a dover fare i conti con l’opinione pubblica interna dopo il fallimento, lo scorso autunno, del referendum anti-immigrati.
Sempre ieri, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati ha espresso «profonda preoccupazione per la situazione di profughi e migranti in Europa», sulla quale sono calati l’ondata di gelo e maltempo e il gelo di Orbán. Nel mirino dell’Unhcr c’è però l’intera rotta balcanica, dove il flusso di migranti ha rallentato rispetto a un anno fa ma non si è arrestato del tutto: «Abbiamo rafforzato la nostra assistenza in Grecia e Serbia, tuttavia siamo estremamente preoccupati per notizie di continui respingimenti in tutti i Paesi lungo la rotta balcanica occidentale», ha affermato una portavoce, che ha sollecitato tutti gli Stati a fare di più per salvare vite. La gran parte del peso dell’assistenza è stato scaricato sulla Grecia di Alexis Tsipras, che si trova a dover fare i conti con le imposizioni della troika e con le migliaia di siriani che nessuno vuole e che il governo ungherese ora vuole addirittura arrestare. L’Unione europea per il momento rimane alla finestra.
da il manifesto
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Otto migranti morti a largo della Libia, si teme una strage
Cadaveri sui barconi giunti a Lampedusa, cadaveri galleggianti in mare recuperati vicino alla Libia, cadaveri ritrovati su una spiaggia in Spagna. Si continua a morire nel Canale di Sicilia. E si teme una nuova strage di migranti. Appena salvati a circa 30 miglia dalle coste libiche, quattro superstiti hanno raccontato che sul barcone naufragato c’erano 107 persone, otto fino a ieri sera in cadaveri recuperati.
Nella zona del disastro, dove le condizioni meteo sono pessime, sono state dirottate diverse unità della marina impegnate nel dispositivo Frontex, compresi un aereo e un elicottero, e alcuni mercantili.
Altri tre migranti sono stati trovati morti durante un’operazione di soccorso della guardia costiera: i cadaveri erano su un barcone, altri tre – tra questi una donna incinta – erano in gravi condizioni per ipotermia, tanto da richiedere il trasferimento in elisoccorso da Lampedusa a Palermo. Uno di loro aveva due cadaveri addosso. Ai soccorsi hanno partecipato due motovedette salpate da Lampedusa, la nave Bettica della marina militare, un peschereccio, un mercantile e la nave Aquarius dell’organizzazione non governativa Sos Méditerranée che opera in collaborazione con Medici senza frontiere.
A Lampedusa intanto erano arrivati 87 migranti su una nave della militare e un altro gruppo di 60 su una motovedetta della guardia costiera che li aveva trasbordati da un peschereccio di Mazara del Vallo. Nell’imbarcazione c’erano due cadaveri, una persona è morta durante il tragitto dal porto al poliambulatorio dell’isola. I soccorsi continuano così come gli arrivi. Sempre a Lampedusa è poi arrivata una motovedetta della capitaneria con a bordo 20 migranti: 18 donne e due minori. Il centro d’accoglienza in contrada Imbriacola era stato svuotato appena due giorni fa.
Sono africani i quattro cadaveri trovati in Spagna: due sulla spiaggia di Algeciras, mentre gli altri due galleggiavano in acqua nelle vicinanze di Tarifa. Secondo la polizia provenivano dal Marocco e dalle zone sud del deserto del Sahara.
Sbarchi anche a Catania e a Messina. Nel porto etneo sono arrivate 554 persone salvate in più operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia, mentre la nave Aquarius italo-franco-tedesca Sos Mediterranee, gestita in partnership con Medici senza frontiere, sta navigando verso Messina dopo avere soccorso 195 profughi, tutti a bordo di un unico gommone dal quale sono stati recuperati anche due cadaveri. Una delle vittime dovrebbe essere un minore, identificato da un parente che viaggiava con lui.
Secondo Alexander Moroz, capitano della Aquarius, «195 è un record assoluto, non abbiamo mai soccorso così tante persone a bordo di un solo gommone, possiamo ritenerci fortunati di aver trovato soltanto due morti su un’imbarcazione dove erano stipati come sardine».
Due giorni fa, la nave Aquarius aveva soccorso altri 109 migranti salvati da una nave della marina militare italiana. Complessivamente sono 302 i profughi a bordo della Aquarius: 292 uomini e 10 donne. Tra loro anche 61 minori, di cui 55 non accompagnati. L’arrivo è previsto oggi.
E a Crotone ieri sono sbarcati 61 migranti, tra cui alcuni neonati. Del gruppo facevano parte 31 uomini, nove donne e 21 bambini, tra cui alcuni in fasce. Sono stati portati nel centro di prima accoglienza di Capo Rizzuto. Secondo quanto è emerso dalle prime testimonianze raccolte dalla polizia, i migranti che hanno dichiarato di essere di nazionalità irachena e iraniana sarebbero salpati con una barca a vela dalla Turchia e, una volta raggiunta la costa italiana, sarebbero stati fatti sbarcare con un gommone. Non sono state trovate tracce né della barca a vela né del gommone.
da il manifesto