da meridionews.it
Due nuovi hotspot, centri di identificazione, a Messina e dentro il Cara di Mineo. Per un totale di circa 1.200 posti. È quanto l’Italia si accingerebbe a proporre all’Unione europea per gestire i flussi migratori.
Le strutture si aggiungerebbero alle quattro già esistenti e attualmente funzionanti a Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto. In cambio l’Italia chiederebbe un’accelerazione all’Europa sui rimpatri e sulla ricollocazione dei rifugiati. Dal precedente accordo tra il nostro Paese e l’Ue è infatti già passato quasi un anno e sono stati trasferiti in altri Paesi appena 718 su 39.600 richiedenti asilo, poco più dell’1 per cento.
La nuova proposta del Viminale si scontra già con la forte presa di posizione del sindaco di Messina, Renato Accorinti. «Ci dispiace aver dovuto apprendere dalla stampa di questa notizia relativa alla creazione di un hotpsot per migranti a Messina e di non essere stati mai coinvolti in questa discussione dal ministero. Sono totalmente contrario perché Messina fa un altro tipo di accoglienza ai migranti». Discorso diverso a Mineo, dove, come raccontato pochi giorni fa da MeridioNews, il Cara, o almeno una parte di esso, già funziona come se fosse un hotspot, con ingressi e partenze molto veloci. E sarebbero già in cantiere lavori per isolare una parte della struttura e adibirla soltanto a centro di identificazione.
Con l’apertura dei due nuovi hotspot salirebbero da 1.600 a 2.800 i posti disponibili in tutta Italia. Il Viminale propone poi anche l’attivazione di sei strutture mobili (basate a Cagliari, Reggio Calabria ed altre quattro località) pronte ad intervenire nei porti di sbarco e l’apertura di hotspot di secondo livello in diverse regioni dove sistemare le persone destinate ad essere rimpatriate.
Quest’ultimo è uno dei passaggi più delicati. Finora a chi, dopo l’identificazione, non è stato riconosciuto, a volte in modo sommario, il diritto a presentare domanda di asilo, è stato semplicemente consegnato un foglio di via dall’Italia. In sostanza creando un limbo in cui i migranti finiscono a vivere in clandestinità, fuori dai circuiti ufficiali dell’accoglienza. Nella lettera che l’Italia si appresterebbe a inviare a Bruxelles – e a cui stanno lavorando gli uffici del capo della polizia, Franco Gabrielli e del capo dipartimento delle Libertà civili ed immigrazione del ministero, Mario Morcone – si porrebbe l’attenzione proprio sula constatazione che se non partono i rimpatri europei il sistema non regge.