E’ la sera del 23 Febbraio 1986. Luca Rossi e Dario, giovani militanti di Democrazia Proletaria e studenti universitari non ancora ventenni, stanno correndo per prendere la filovia in Piazzale Lugano, quartiere Bovisa di Milano. In un altro punto della stessa piazza, alcune persone discutono prima con calma e poi sempre più animatamente e scoppia una rissa. Una delle persone coinvolte è un agente fuori servizio in forza alla Digos, conosciuto in zona come un tipo arrogante e un po’ “balordo”, quasi sicuramente (quasi perche’ nessuno al processo ha avuto il coraggio, o la possibilita’ di testimoniarlo) era li’ in quel luogo o a prendere una “mazzetta” o comunque in combutta con gli spacciatori della zona..
La rissa è un susseguirsi di pestaggi e discussioni e dopo oltre quindici minuti finisce senza che l’agente chiami rinforzi. Due delle persone coinvolte fuggono in auto ed il poliziotto incapace di affrontare la situazione con la ragione e l’autorità richieste, estrae la sua pistola d’ordinanza ed in posizione di tiro, facendo arbitrariamente e illegittimamente uso delle armi, spara ad altezza d’uomo per colpire i fuggitivi. Uno dei proiettili ferisce a morte Luca che si trovava a passare per caso in quel luogo e in quel momento.
Ma non è un “caso” che consente al poliziotto di sparare. E’ una legge, la cosiddetta “Legge Reale” che conta al suo attivo negli anni decine e decine di vittime “per sbaglio”. La successiva sentenza definitiva, che chiude il processo voluto dai familiari per ricerca di verità e giustizia e non certo per vendetta, riconosce l’agente colpevole di omicidio colposo aggravato.
Diversamente da quella dei tanti uccisi dalla legge Reale, la morte di Luca non fu però inghiottita dal buio: da quel giorno, amici, parenti e compagni convennero al risoluto impegno di contrastare l’osceno silenzio attorno alla schiera dei sommersi nel nome della legge. Tra i risultati che ne vennero, vi fu la redazione di 625, libro bianco sulla legge Reale. Materiali sulle politiche di repressione e controllo sociale dato alle stampe nel 1990 a cura del Centro d’Iniziativa Luca Rossi
Le tappe processuali
1989 – Processo di 1° grado
L’agente Policino viene rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio volontario ma il processo si chiude il 7 Aprile con una sentenza di condanna a 8 mesi per omicidio colposo accidentale.
Manifestazioni di piazza e generale indignazione per la sentenza. Viene promossa una raccolta di firme perchè la Procura Generale impugni la sentenza.
Maggio 1989
La Procura Generale ricorre contro la sentenza.
1990 – Processo d’Appello
Il 27 febbraio il poliziotto Policino viene condannato a 2 anni per omicidio colposo aggravato. Nel 1991 la Cassazione ratifica la condanna.