A maggio dello scorso anno, a Milano, nella stessa macchina vengono fermati dalla polizia Domenico Bosa, conosciuto come Mimmo Hammer, noto esponente dei neofascisti milanesi, e Salvatore Geraci. Entrambi sono personaggi noti alle autorità investigative. Domenico Bosa è stato più volte fermato assieme a Stefano Del Miglio e Giacomo Pedrazzoli, due neofascisti milanesi coinvolti nel 2004 nell’assalto armato al centro sociale Conchetta. Salvatore Geraci, invece, viene segnalato dalla polizia giudiziaria per essere “un pluripregiudicato per rapina, sequestro di persona, armi e droga”. I due vengono fermati in macchina, identificati e lasciati ripartire. Ma l’identificazione è il filo conduttore di un’inchiesta, anzi due, che hanno avuto sviluppi recenti e significativi nella conferma delle connessioni tra fascisti, criminalità organizzata e traffico di droga.
La prima inchiesta, condotta dal Gico della Guardia di Finanza, è stata, chiusa nel dicembre 2013, e certifica i rapporti tra Domenico Bosa (che però non è indagato nell’inchiesta) e il narcotrafficante montenegrino Milutin Todorovic. Quest’ultimo, a sua volta, è in contatto con la ‘ndrangheta del boss Pepè Flachi.
La seconda inchiesta, chiusa invece il 24 marzo 2014, ha portato in carcere Dragomir Petrovic detto Draga, un malavitoso serbo già noto per la strage al ristorante La Strega di via Moncucco (1979). Dall’ordinanza d’arresto firmata dal gip Chiara Valori emergono, netti, i rapporti tra Draga e lo stesso Salvatore Geraci (l’uomo fermato in macchina insieme a Domenico Bosa) nel pianificare partite da centinaia di chili di droga.
Le due inchieste hanno portato ad una ventina di arresti e squarciato il velo su una parte rilevante della nuova malavita milanese. Ma il traffico di armi e droga si incrocia in più punti con gli ambienti neofascisti di Milano. E qui tornano evidenti le connessioni del recente passato.
Secondo quanto riporta Saverio Ferrari su Osservatorio Democratico: “Il 16 dicembre scorso, promosso da un coordinamento di sigle neofasciste per celebrare il trentennale della scomparsa, per incidente stradale, di Carlo Venturino, il fondatore degli «Amici del vento», gruppo musicale di estrema destra, tenutosi al Music Hall Madison, una storica discoteca situata in via Giovanni da Udine, periferia nord ovest di Milano.
Il locale era già finito sulle pagine di cronaca nel dicembre 2006, nell’ambito dell’inchiesta «Soprano», che portò alla sua chiusura. Il Madison era allora guidato da Vincenzo Falzetta, detto «O’ banana», che l’aveva acquisito per conto della famiglia calabrese dei Coco Trovato per riciclare denaro e spacciare cocaina. Riaprì solo nel 2009. Attualmente a gestirlo è la Par, partecipazioni alberghiere e ristorazioni, una società a responsabilità limitata che risulta essere di proprietà di tre soci, gli stessi che l’hanno concesso in affitto ai promotori del concerto. Uno di questi, Antonio Luca Biasi, detto «Lulù», è rimasto coinvolto nel febbraio 2011 nell’operazione «Carpe diem», condotta dal Gico e dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno: 35 arresti per traffico internazionale di droga con relativo smantellamento del clan di Giuseppe Alfano alias “Peppe o’ squalo”.
In altro passaggio Ferrari così ricostruisce le connessioni con la recente inchiesta milanese sui legami tra fascisti e n’drangheta calabrese: “E’ emerso che la nuova sede, in zona Certosa, tra via San Brunone e via Pareto (gli stessi locali per qualche tempo già di «Cuore nero»), appena inaugurata da «Lealtà azione», ovvero l’associazione fiancheggiatrice la rete neonazi sta di Hammerskin, sia stata data in «comodato d’uso gratuito» nientemeno che da Michelangelo Tibaldi, citato nel rapporto della Commissione antimafia del 2012 che portò allo scioglimento, nell’ottobre dello stesso anno, del comune di Reggio Calabria, come l’emissario del boss mafioso Santo Crucitti. Tibaldi, attualmente indagato, figura come socio unico della Milasl srl, proprietaria degli spazi, precedentemente nelle mani di Lino Guaglianone che nel 2007 vendette tutte le quote a Tibaldi, pur rimanendo amministratore unico fino al marzo 2010. Guarda caso la sede della società in un primo momento era proprio in via Durini 14 (ora è a Reggio Calabria), ovvero allo stesso indirizzo della Mgim, lo studio di commercialisti di cui Lino Guaglianone è socio. Studio sotto il quale il 17 settembre 2009 lo stesso Guaglianone fu fotografato dai carabinieri in compagnia di Paolo Martino, considerato uno dei più influenti capi della ‘ndrangheta a Milano.
Di Pasquale «Lino» Guaglianone, si è già scritto e detto molto: ex tesoriere dei Nar (i Nuclei armati rivoluzionari fondati nel 1977 dal terrorista nero Giusva Fioravanti), condannato con sentenza definitiva per associazione sovversiva e banda armata, candidato nel 2005 per Alleanza nazionale alle regionali, commercialista, curiosamente, non iscritto all’albo a Milano ma a Reggio Calabria.Forse non così casuale il continuo sovrapporsi, anche recente, fra estrema destra e criminalità organizzata. Solo un dato di continuità”.
Continuità. Da questo occorre partire e questo va sempre tenuto bene in mente per non fare dell’antifascismo un fattore di liturgia ma è un fronte di lotta anche in tempi come questi. Ad esempio perchè Milano è la città dove un commando (misto?) uccise nel 1978 Fausto e Iaio, due giovani attivisti del Centro Sociale Leoncavallo che stavano conducendo una inchiesta proprio sui legami tra i fascisti e il boom dello spaccio di eroina nel territorio milanese. E anche su questo le date sono importanti. Il 1978 non è un anno qualsiasi.
Dai verbali della Commissione parlamentare antimafia della XI legislatura, presieduta da Luciano Violante, il boss mafioso Tommaso Buscetta, nella dodicesima seduta della Commissione riferisce che il traffico di stupefacenti in Italia era iniziato solo nel 1978, benché fosse risaputa sin dalla relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, della VI legislatura, l’attività di narcotraffico della mafia siciliana strutturata da anni da Lucky Luciano in direzione degli gli Stati Uniti (la sola New York, negli anni ’50, necessitava di almeno 100 kg di eroina al giorno, fornita ai Gambino dai clan palermitani). La crescita del traffico di droga, rispetto al contrabbando, secondo Buscetta, costituì una vera e propria rottura epocale del sistema dei valori della mafia tradizionale, che implicò anche i principi dell’affiliazione, portando alla luce le famiglie più grosse e numerose, quelle che potevano contare su più parenti emigrati all’estero ed in Italia.
Il 1978 è dunque un anno decisivo, uno spartiacque temporale per il boom della diffusione dell’eroina nel nostro paese strettamente connesso alla storia dei movimenti e del conflitto sociale. L’anno prima, il 1977,un ampio e combattivo movimento si era diffuso in tutte le principali aree metropolitane contro la politica dei sacrifici e il governo del compromesso storico Dc-Pci. Decine di manifestazioni, scontri, morti nelle piazze, il comizio di Lama contestato all’università di Roma, i primi vagiti dei gruppi clandestini della sinistra. Contro quel movimento fu scatenata una controffensiva violenta in cui gli apparati dello Stato misero in campo tutto l’armamentario di cui disponevano, inclusi i gruppi neofascisti e malavitosi (non a caso a Roma sono gli anni della crescita della “Banda della Magliana”). Lo spaccio massiccio di eroina “a prezzi stracciati” nei quartieri popolari e nei settori giovanili è parte di questa controffensiva. L’idea era stata elaborata solo qualche anno prima. A rivelarlo è un fascista interrogato per la Strage di Brescia, Roberto Cavallaro. Arrestato ed inquisito dalla magistratura nell’ambito dell’indagine sul fallito golpe, riferì agli organi inquirenti che, nel 1972, mentre si trovava in addestramento in Francia, apprese dell’esistenza di una operazione segreta della CIA in Italia, denominata Blue Moon, con l’obiettivo della diffusione delle sostanze stupefacenti a base di oppiacei tra i giovani delle principali città italiane e per sviluppare disgregazione sociale, con l’obiettivo di diffondere il consumo di droga negli ambienti sociali vicini all’area della contestazione studentesca, fiaccandone le velleità rivoluzionarie ed esaltandone gli istinti individualisti ed anarcoidi, come già era stato sperimentato con successo negli USA. L’operazione Blue Moon “era condotta in Italia dai servizi statunitensi utilizzando uomini e strutture che facevano capo alle rappresentanze ufficiali di quel paese in Italia.”
Sui legami tra fascisti e traffico di droga potremmo rammentare agli smemorati o ai poco informati episodi più recenti. A ottobre del 2008 i Carabinieri, hanno arrestato Angelo Manfrin, attivo in una rete di spaccio che aveva basi a Rovigo, Ferrara e Modena, oltre che a Verona, Padova e Milano . Angelo Manfrin, 64 anni, è un notissimo neofascista dei Nar, condannato nell’aprile 1990 dalla Corte d’Assise d’Appello di Venezia per associazione per delinquere, in concorso anche con Gilberto Cavallini, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Ora e’ risultato essere l’organizzatore di un vasto traffico di droga destinata ai mercati veneto, emiliano e lombardo, nonchè di una capillare rete distributiva con basi in vari città. Manfrin si avvaleva soprattutto della complicità di un altro personaggio, Roberto Frigato, anch’egli noto esponente della destra. ex Ordine Nuovo, recentemente – sembra – legato alla Fiamma Tricolore. “Il fatto che questa gente gravitasse nell’area della destra eversiva ci mette sull’avviso – dichiarò all’epoca ai giornalisti il capo della Dda di Venezia Vittorio Borraccetti a seguito dell’operazione – Vogliamo capire il senso della presenza di questi personaggi. Al momento siamo di fronte ad un gruppo che operava nel narcotraffico. Intendiamo comprendere se il ricavato di questa attività fosse destinato anche ad un impiego di carattere eversivo”. Oppure è difficile non rammentare l’arresto nel 2012 del noto esponente neofascista romano Emanuele Macchi Di Cellere (quello che in carcere veniva definito l’angelo custode di Concutelli) con una partita di ben 165 chili di cocaina proveniente dall’America Centrale.
Le reti degli “uomini neri” e il loro lavoro sporco dunque non si sono mai interrotti. I fascisti stanno provando in molti modi a rifarsi una verginità “politica”. Ma fatti come questi li inchiodano ad una realtà che neanche le indulgenti relazioni dei servizi segreti italiani possono omettere ancora a lungo. L’inchiesta prosegue.
vedi anche. Il lavoro sporco dei fascisti del terzo millennio
Federico Rucco da contropiano