Non era scontata la riuscita della manifestazione, soprattutto quando alcune ore prima era giunta la notizia che la questura aveva vietato la possibilità del concentramento in piazza Duomo. Più di un migliaio di persone, si sono ritrovati dietro un lungo striscione con la scritta “41BIS = TORTURA”. Tanti giovani e molti meno giovani, ma tutti ben consapevoli del perché si fosse lì.
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Non era scontata la sua riuscita, soprattutto quando alcune ore prima era giunta la notizia che la questura aveva vietato la possibilità del concentramento in piazza Duomo. Si era quindi ripiegato su un incrocio a ridosso della piazza. Così verso le 18 si è creata una situazione particolare: in mezzo al viavai dello shopping milanese (ancora ben presente), una quindicina di camionette disseminate nei dintorni e alcune centinaia di persone che inneggiavano alla libertà. Poco prima delle 19 il corteo è partito, un po’ a sorpresa, tanto che poco dopo la polizia ha dovuto fare il possibile per superarlo lungo i fianchi e posizionarsi davanti.
Ma chi c’era a questo corteo? Circa un migliaio di persone, dietro un lungo striscione con la scritta “41BIS = TORTURA”. Una sola bandiera coi colori dell’anarchia, tanti giovani e molti meno giovani, ma tutti ben consapevoli del perché si fosse lì.
Slogan gridati con la voce, con la pancia, col cuore: fuori Alfredo dal 41BIS, tutti liberi-tutte libere, contro le galere da distruggere, per la libertà, contro ogni autorità. Appena qualcuno o qulcuna gridava, in cento e più rispondevano all’unisono. Voglia di farsi sentire da una città che stenta a capire.
All’inizio di corso Genova le camionette si sono disposte in modo da bloccare completamente la strada: si è rimasti fermi per 15 minuti, non si capiva cosa potesse succedere, chiusi da centinaia di poliziotti davanti e dietro. Poi per fortuna è prevalso il buonsenso, le camionette si sono spostate e il corteo è ripartito, quasi sempre interamente circondato da poliziotti.
Dopo le 20 si finisce alla Darsena.
Speriamo che il messaggio arrivi ai diversi destinatari: ad Alfredo, in sciopero della fame da 70 giorni, perché senta il calore di tanti “compagni e compagne”, alle varie autorità affinché sappiano che Alfredo non è solo, che in tanti vogliono, pretendono che rimanga in vita, e che esca quindi da questo regime di segregazione che punta ad annullare l’essere umano. Alfredo nel frattempo resiste, come racconta in questa bella intervista la sua dottoressa, contattata da Radio Onda D’Urto.
da pressenza
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