La notte tra venerdì e sabato, a Milano, in pieno quartiere Ticinese, la polizia ha sparato contro un auto in transito.
Dei sei colpi sparati alcuni hanno sfondato il lunotto posteriore e uno ha centrato il passeggero trapassandolo da parte a parte. Pochi millimetri hanno fatto la differenza tra la vita e la morte.
A sparare è stato un uomo in divisa, ad essere colpito un nostro amico e compagno.
Il pretesto sembra essere stato quello di aver ignorato una richiesta di controllo.
Ciò che è successo non è un semplice fatto di cronaca criminale da mistificare e rimasticare a piacimento sui giornali, né uno scandaloso eccesso di zelo di cui indignarsi, ma l’ordinario risultato di una guerra permanente dichiarata in nome della “sicurezza”; una sicurezza che uccide, nelle questure, nelle galere, per le strade, ovunque qualcosa sfugga al controllo, ovunque vi siano forme di vita da normalizzare.
D’altra parte viviamo territori occupati da uomini armati.
Le nostre strade sono pattugliate dall’esercito.
Uomini in divisa ci chiedono di continuo di mostrare i documenti.
Ai margini delle nostre città vengono allestiti campi di internamento.
Rispondere a quanto successo non è solo vendetta personale ma è una necessità vitale che riguarda tutti. Perchè girarsi dall’altra parte oggi significa trovarsi con le spalle al muro domani.
L’hanno capito in Grecia quando dopo l’assassinio di Alexis è scoppiata la rivolta.
L’hanno capito le banlieu francesi quando dopo la morte di due ragazzi inseguiti dalla polizia hanno dato inizio ad una settimana di fuoco.
Già lo sanno bene gli abitanti di Terzigno, Chiaiano e Pianura, i valligiani della Val Susa, i famigliari di Aldrovandi, Giuliani, Frapporti, Cucchi, Lonzi, Sandri, e di tutti gli assassinati dalla polizia, come lo sanno le migliaia di vite rese clandestine e quotidianamente braccate.
Gli spari dell’altra notte hanno rotto il silenzio attorno a una verità sempre meno nascosta: la polizia è una minaccia organizzata contro le nostre vite, riprendersi le strade oggi e liberare il territorio da chi in armi lo occupa è una questione vitale.
Chiediamo a tutti coloro che leggeranno questo comunicato, in Italia, in Europa e nel mondo, a tutti coloro che conosciamo, ad anonimi complici di chissadove, a tutti gli uomini e le donne liberi che hanno conti in sospeso con la polizia, di agire quanto prima e rispondere a quanto accaduto e accade ogni giorno.
Lunedì 8 novembre ore 19 TUTTI in via Gola
In solidarietà con Enzo e Lacine
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