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Mineo, si chiede chiusura del Centro di accoglienza

I movimenti antirazzisti siciliani tornano a denunciare l’insostenibilità delle condizioni del Centro di accoglienza per richiedenti asilo in provincia di Catania, al centro dell’inchiesta Mafia Capitale, chiedendone anche la chiusura immediata.

Un durissimo j’accuse contro una situazione insostenibile, ingestibile e inaccettabile. Una realtà a cui va posto immediatamente termine, senza se e senza ma. “Il Cara di Mineo va chiuso subito, soprattutto per la mancata sicurezza dei migranti”. È questo il titolo di un comunicato congiunto della Rete antirazzista catanese, del Comitato NoMuos, dell’associazione La Città Felice e dei Cobas Scuola di Catania. Una presa di posizione netta che ribadisce precise denunce ripetute negli anni, a seguito delle recenti prese di posizione del procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera.

Dopo l’omicidio dei coniugi Solano di Palagonia, avvenuto il 30 agosto 2015, per il quale è stato fermato un ivoriano ospite del Cara di Mineo, un nuovo terribile fatto di cronaca ha coinvolto la struttura. Il 17 dicembre scorso, infatti, in quattro sono stati accusati di aver drogato e violentato una ragazza (a sua volta ospitata nel centro). Intervistato da Radio24 il procuratore Verzera ha sottolineato che le presenze al Cara sono 3.700. Un “numero praticamente pari agli abitanti di Mineo”. Praticamente “ogni giorno succede qualcosa: ci sono arrestati, risse, maltrattamenti, c’è gente che tenta il suicidio, quindi ci sono continui interventi delle forze dell’ordine.

Perché da Roma il Ministero dell’Interno aumenta le presenze, anziché chiuderlo? Come mai si affronta la drammatica condizione di vita dei richiedenti asilo solo come un problema di ordine pubblico? Le forze dell’ordine cosa controllano dentro il Cara se viene per giorni stuprata una ragazza nigeriana e se giornalmente ci sono donne migranti che vengono prelevate dinanzi ai cancelli del Cara per incrementare la piaga della Tratta e il racket della prostituzione?” chiedono le associazioni, che ribadiscono “il problema non si può risolvere semplicemente con l’aumento della militarizzazione dentro il Cara, quando la criminalità indigena è ben presente ed attiva nel calatino, ma si dovrebbe invece far crescere ed esprimere il protagonismo democratico fra i/le richiedenti asilo , oscurato da anni dai media.

I 4 sodalizi antirazzisti invitano “ad una maggiore cautela ed attenzione alle drammatiche ingiustizie e violenze che subiscono persone costrette a fuggire da guerre e miseria, spesso causate dalle criminali politiche dei paesi cosiddetti ricchi”, sottolineando di aver già denunciato nel dicembre di tre anni fa, dopo il suicidio di Mulue Ghirmay, che nel Cara “il controllo sociale sostanzialmente è stato subappaltato a boss etnici che spadroneggiano fra connazionali e non solo. Anche l’inchiesta di Fabrizio Gatti sul Cara di Borgomezzanone documenta il controllo della mafia nigeriana nella gestione della prostituzione, del caporalato e nel traffico di droga in Puglia.

A tutto questo va aggiunto il coinvolgimento della struttura in Mafia Capitale. Gli sviluppi dell’inchiesta hanno portato nel giugno scorso a indagare sulla gestione del Centro di accoglienza per richiedenti asilo, formulando le accuse di “falso ideologico in atti pubblici e truffa aggravata ai danni dello Stato e dell’Unione Europea, per un ammontare di oltre un 1 milione di euro”. In occasione di questo ulteriore sviluppo, la Rete Antirazzista Catanese sottolineò di aver “ripetutamente denunciato l’affare dei badge, di dominio pubblico da anni; fra l’altro, la loro emissione garantisce automaticamente ai gestori del Centro 3 giorni di diaria (circa 100 euro), anche se non pochi migranti si allontanino dal Cara subito dopo la loro registrazione” e che “finora non si è affrontato il problema della pessima accoglienza dal punto di vista delle vittime: i/le richiedenti asilo”. Quello che nel 2011 doveva nascere come “villaggio della solidarietà”, sin dall’inizio è “stato un laboratorio di nuove politiche segregazioniste per i richiedenti asilo” dove “si sono manifestati gli appetiti di chi vedeva nel Cara una preziosa opportunità per fare un gigantesco business” grazie “a complicità bipartisan delle forze politiche e sindacali”. E, nella regione in cui – come denunciò Antonello Mangano su L’Espresso nel settembre 2014 – almeno 5 mila donne rumene subiscono ripetute violenze sessuali durante i festini organizzati dai padroni dei campi nei quali sono recluse e sfruttate dal caporalato agricolo, nel territorio del Cara di Mineo ci sono “aziende agricole che scarichino i costi della crisi agrumicola supersfruttando in nero i migranti (circa 15 euro per 9/10 ore ) e clienti che a basso prezzo godono delle prestazioni sessuali delle donne migranti, indotte dall’indigenza a prostituirsi”.

Il coinvolgimento della megastruttura siciliana in Mafia Capitale risale al dicembre 2014. Il Cara, secondo l’inchiesta, era parte integrante del “sistema Odevaine”. La trascrizione di un’intercettazione del maggio 2014 attribuisce a Odevaine queste parole “Stando a questo tavolo nazionale… e avendo questa relazione continua con il ministero sono in grado di orientare i flussi che arrivano da giù… anche perché passano da Mineo, e poi da Mineo vengono smistati in giro per l’Italia, un po’ a Roma… un po’ nel resto d’Italia”. Il sistema Odevaine, scrisse già allora la Rete Antirazzista catanese, “nel Cara di Mineo ha espresso la sua capacità di fare coincidere i controllati con i controllori, si è consolidato un sistema clientelare che accontenta tutti, dalle istituzioni ai media, dai sindacati all’associazionismo” mentre le condizioni di vita dei migranti peggioravano, riferendo che “la media di abitanti nelle case è di oltre 20 persone (quando vi alloggiavano i militari statunitensi di Sigonella vi abitava un solo nucleo familiare) e le condizioni d’indigenza (si continua a versare il pocket money quotidiano di euro 2,50 in sigarette) costringono molti migranti a lavorare in nero per 10/15 euro al giorno nelle campagne; stanno dilagando anche la prostituzione e lo spaccio di droga.”.

Questo mega-Cara, unico in tutta Europa, è un esperimento fallito di contenimento forzato dei migranti, che vengono parcheggiati a tempo indeterminato (in media 18 mesi) e che sta costruendo un conflitto razziale tra autoctoni e migranti: da una parte i richiedenti asilo vengono supersfruttati dai caporali nelle campagne, dall’altro la destra xenofoba alimenta nel calatino la guerra fra poveri, mentre con Mafia Capitale i fascio-mafiosi si sono arricchiti sulle nostre spalle e dalle nostre tasche” la denuncia di due anni fa.

da terredifrontiera.info