Ennesima tragedia tra le mura di un centro di permanenza temporanea. Secondo il medico legale si tratterebbe di suicidio.
Un ragazzo tunisino di 23 anni è morto questa notte nel Cpt di Modena. A quanto riportato dalla Prefettura il corpo è stato trovato all’interno della zona notte, dove il ragazzo si trovava da solo. Secondo il medico legale, si tratterebbe di un caso di suicidio. Il ministero dell’Interno ha ordinato un sopralluogo e un incontro tra il direttore centrale del dipartimento delle Liberta’ Civili e Immigrazione, il vice prefetto, il questore e il responsabile dell’ente gestore della struttura.
«Poco o nulla è cambiato in queste strutture del diritto speciale, luoghi nefasti e inutili, che il governo si era impegnato a ‘superarè ma che ancora sussistono, con le stesse norme della Bossi Fini»: così Stefano Galieni, responsabile immigrazione del Prc, commenta la morte del giovane tunisino nel Cpt di Modena, «quello millantato come il migliore, il più bello e costoso d’Italia». Per Galieni, «la chiusura di ogni luogo di detenzione amministrativa resta l’unica soluzione da frapporre alla deriva securitaria del diritto, cominciata tanti anni fa e mai interrotta. Anche per questo – conclude – è necessario essere in piazza il 20 ottobre».
E la chiusura immediata dei Cpt , a partire da quello di Modena, lo chiede anche la deputata di Rifondazione Comunista Sinistra-Europea Mercedes Frias, esprimendo il proprio rammarico per la morte del cittadino tunisino avvenuta la scorsa notte nel Cpt di Modena. «I centri di permanenza -afferma la deputata di Rifondazione- sono dei ‘non luoghì dove i più elementari diritti della persona vengono sospesi e violati, spazi di detenzione e privazione del tutto incostituzionali che hanno dimostrato in molte occasioni la loro inadeguatezza». «L’episodio di Modena dimostra come un Cpt, per quanto costoso e millantato come funzionale, rimanga pur sempre una galera etnica. La morte del cittadino tunisino -conclude Frias- si aggiunge alla lunga serie di violazioni, incidenti e abusi che hanno caratterizzato la vita dei centri di permanenza italiani, ed è l’ennesima conferma della loro inutilità e della necessità di procedere alla loro chiusura definitiva»
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