Il rombo delle moto per salutare il giovane corpo caduto sotto il peso di una trave d’acciaio, si contrappone a quello della fabbrica. Il fiume Torre riverserà nel mare il dolore ingiustificabile dell’ennesima vita distrutta, inciderà sui sassi l’eco della storia di un ragazzo della provincia italiana.
Lorenzo, come tanti della sua età, nel corimbo delle scelte che questa società dispone, aveva scelto di intraprendere un percorso di formazione per diventare un operaio metalmeccanico. Il suo corpo ha smesso di percorre i passi delle scelte, schiacciato dal peso di una trave, nel suo ultimo giorno di stage obbligatorio.
Le strade delle città unite al dolore della provincia friulana, hanno visto migliaia di studenti portare la loro rabbia per la fabbrica scuola che obbliga e produce sfruttamento, consumando precocemente menti e corpi. La spontaneità e l’ardore hanno ricevuto i colpi della violenza scientifica della polizia. Abbiamo visto il sangue prodotto dai manganelli, quasi a cercare di schiacciare e ridurre in poltiglia il pensiero, cercandolo nella profondità dei cervelli e cibandolo di parole pacificatrici. Il ritmo cadenzato dei colpi, quasi a ricordare quello delle presse non ha intimorito il coraggio. Tutto il dolore per Lorenzo, era un corpo unico, composto da vite che hanno già visto di cosa è fatto il lavoro: fastfoods, alberghi, cantieri, fonderie, magazzini della logistica, enti parassitari. Tutti i corpi, le mani, le menti che hanno conosciuto la brutalità del linguaggio, delle condizioni, delle menzogne erano con Lorenzo per le strade d’Italia a condividere questo pezzo di presente opprimente e distopico.
La parola dominata dalla paura e dalla violenza si è liberata coraggiosa, e controvento come Lorenzo in moto, ha composto il pensiero determinato della messa in discussione di questa enorme bugia, come se fosse un imponente coro. La generazione nata tradita e saccheggiata, quella che ci rappresentano soltanto come violenta e disinteressata ha aperto le braccia provando a spingere via questa ed altre ingiuste tragedie. Un ragazzo, uno studente è stato ucciso dal lavoro, la Scuola lo sa, ma non lo dice. Morire di scuola è qualcosa che non pensiamo possibile, non vediamo o non abbiamo il coraggio necessario per dirlo e impedirlo.
Con i panni da lavoro e la curiosità di imparare, sei stato tradito da una gigantesca menzogna.
Non hanno pagato ancora tutto ciò. E se non sarai soltanto un’altra effimera notizia, lo faremo anche per te, come il fiume laveremo dolcemente le ferite e incideremo sui sassi le giuste parole.
Renato Turturro