Thomas Johann S, internazionalista tedesco è caduto combattendo a fianco della resistenza curda.
di Gianni Sartori
Non è il primo internazionalista di nazionalità tedesca a dare la propria vita per la causa curda. Anche se sarebbe più corretto dire “per quella dell’Umanità”.
E qui, permettetemi un inciso personale. Nell’ultima conversazione (telefonica, inizi del 1987 mi pare, a pochi mesi dalla sua scomparsa) con il padre di Ernesto CHE Guevara gli chiesi (forse un pochino provocatoriamente): “Suo figlio anteponeva praticamente a tutto la Rivoluzione. Cosa direbbe ora se potesse parlargli?”.
“Direi – rispose senza indugio – che solo una cosa antepongo alla Rivoluzione: l’Umanità”. Ragioniamoci sopra.
Altri giovani internazionalisti tedeschi, dicevo, sono caduti in Kurdistan.
Tra loro Ivana Hoffman (afro-tedesca), Andrea Wolf, Barbara Kistler…
Stavolta, il 15 giugno a Xakurke, è toccato a Thomas Johann S.
Nella stessa circostanza sono rimasti uccisi altri due esponenti delle HPG (Unità di Difesa del popolo).
La guerrigliera turca Asya Kanîres (Kadriye Tetik) e Kocer Medya (Diyako Saîdî), un curdo proveniente dal Rojhilat (il Kurdistan sotto occupazione iraniana).
Vittime, stando alle scarse informazioni a disposizione, di un bombardamento turco contro le aree montagnose del Bashur (Kurdistan entro i confini iracheni).
Il giovane militante aveva mosso i suoi primi passi in politica (come antifascista) ancora nel 2014 a Ingolstadt (Baviera).
Entrò a far parte di una organizzazione della sinistra radicale (estrema, per chi preferisce) denominato “La Résistance” (così, in francese). Nel 2015 prese parte alle manifestazioni contro la Conferenza di Monaco sulla sicurezza e – nel 2017 – a quelle per il G7di Garmisch-Partenkirchen.
In precedenza, nel 2016, anche alle proteste per la marcia dei neofascisti a Ingolstadt.
Era stato una prima volta in Kurdistan (nel Bakur, Kurdistan sotto occupazione turca) per il Newroz del 2016 vedendo con i propri occhi lo stato di distruzione in cui l’esercito turco aveva ridotto la città curda di Dyarbakir per reprimere la rivolta popolare.
In seguito si integrava nella guerriglia con il nome di Azad Şerger.
In quello che possiamo considerare il suo testamentato politico aveva scritto:
“Non possiamo condannare separatamente lo sterminio organizzato da casa nostra e poi affidato ad altri in lontane terre straniere (un riferimento, oltre ai metodi dell’imperialismo, al fatto che la Germania da sempre riforniva di armi e altro il regime turco, ritengo nda)”.
Si tratta infatti del medesimo delitto.
E aggiungeva “Non dobbiamo più impantanarci in lotte intestine e su questioni inutili. Perdendo così di vista chi sia l’autentico nemico nella nebbia massificante del capitalismo e dell’imperialismo”. Non sarebbe altro che l’ennesimo atto di “sottomissione al comando capitalista, al neoliberismo”.
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