Multe e denunce. “Repressione contro movimento No Muos”
- febbraio 20, 2017
- in misure repressive, no muos
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“Non saranno le denunce, i processi e le sentenze che ne scaturiranno a fermare una lotta giusta, una resistenza necessaria, vissuta come un dovere morale“
Un picnic con famiglie e bambini all’interno di un luogo che ospita un’opera ritenuta devastante non solo per la salute, ma anche per la dignità di un territorio, ‘occupato’ contro la sua volontà.
150 euro di multa ciascuno per almeno una cinquantina di persone. Ben più pesante la ‘mano’, per le centinaia di persone che hanno attuato un blocco stradale nei pressi dell’area dove si trova il Muos, nella sughereta di Niscemi. Rischiano centinaia di migliaia di euro di ‘sanzioni’.
E poi i processi: una sfilza, per reati vari: l’accesso in un luogo vietato nell’interesse militare dello Stato, il danneggiamento della rete metallica della base.
A cinque anni dall’avvio delle battaglie contro il Muos, il Comitato di Ragusa fa un bilancio delle attività di resistenza che hanno coinvolto migliaia di persone in diverse occasioni, per primi gli abitanti di Niscemi.
Ora denunciano: “In questi cinque anni abbiamo assistito ad uno stillicidio di multe, denunce, fogli di via, indagini con cui si è tentato di criminalizzare il movimento, di isolarlo dalla popolazione, di intimorirlo. Ad essere colpiti sono centinaia di attivisti, a volte in maniera singola, altre in gruppo, con ogni genere di reato, come si fosse trattato di abituali fomentatori di violenze e disordini e non di persone che hanno provato, rischiando ed esponendosi in prima persona, a dare un esempio e ad impedire la costruzione del Muos. In questo 2017, dopo fasi processuali sporadiche, siamo entrati in un fitto percorso di udienze, mentre continuano le comunicazioni di chiusura di indagini preliminari, foriere di altre scadenze processuali”.
“Particolarmente attivo si sta dimostrando il Tribunale di Gela” che, secondo i no Muos, dà corso a ogni tipo di denuncia, alcune “a dir poco inverosimili, chiamando a giudizio attivisti con un vero e proprio accanimento giudiziario”. Tra i tanti processi, alcuni saranno veri e propri maxi-processi, per il numero di persone coinvolte: in 129 sono stati rinviati a giudizio in un caso. L’accusa è quella di essere entrati all’interno di una base che nessuno vuole in Sicilia (e non solo in Sicilia), sulla quale alcun cittadino ha avuto modo di dare il proprio ‘assenso’.
I No Muos di Ragusa però ribadiscono: “Chi ha fatto la scelta di impegnarsi a fondo contro il No Muos e contro la militarizzazione della Sicilia ha messo in conto queste conseguenze; sia chiaro, pertanto, che non saranno le denunce, i processi e le sentenze che ne scaturiranno a fermare una lotta giusta, una resistenza necessaria, vissuta come un dovere morale prima che politico, da tutti noi”.
Accanto alla ‘repressione’ sul fronte delle denunce, viene sottolineata anche l’altalenante posizione dei Tribunali, ordinari e amministrativi, che sul Muos si sono espressi in maniera opposta. I sequestri dei cantieri, e i dissequestri. La sentenza della Cassazione, che tuttavia appare non essere l’ultima parola. “La Cassazione ha confermato il dissequestro del Muos, dichiarando legittime tutte le procedure per la sua costruzione, affibbiando un altro colpo al tentativo di normalizzare la situazione sotto tutti i punti di vista”.
Un team di legali assiste gratuitamente gli attivisti, ma le spese di giustizia sono comunque enormi. Gà diecimila euro le somme sborsate, altre collette sono in corso.
Ragusa, ma anche Modica i gruppi più ‘colpiti’ dai provvedimenti.
Il Movimento continua, però, a lottare. Anche con il coinvolgimento di attivisti dall’estero, con la collaborazione di artisti (la mostra alla galleria La Veronica di Modica, aperta fino a marzo, è un fatto importante) e le consulenze di esperti. Sono stati fino in Giappone, a un convegno per la pace e contro la militarizzazione.
Lotte che richiamano quelle di oltre 30 anni fa, a Comiso, contro i missili Nato. Quelle sul Muos appaiono ancor più complesse, per molti aspetti. La durata: già da cinque anni si lotta e si pagano prezzi molto alti di questa resistenza assolutamente pacifica: danneggiamenti di pezzi di ferro, neppure un graffio alle persone.
E poi il contesto socio-politico: a Comiso i partiti, il Pci in particolare, anche se con posizioni a volte criticate come ‘morbide’, scese in piazza coi pacifisti. Per il No Muos la politica è stata totalmente assente, e la gente non riesce a percepire la gravità di quelle antenne costruite creando un ‘deserto’ nel cuore della Sicilia.
L’8 marzo un nuovo appuntamento di protesta, poi per il G7 di Taormina.
Davide Bocchieri
da ragusah24.it