“Mammà , nun mi aspettà, tornerò quann Napl sarà libera”.
“..Era il 28 settembre quando Gennarino Capuozzo, come ogni mattina, uscì di casa per andare a lavoro. Fuori del vicolo sentì gli spari di una pistola, si girò e vide i corpi di una giovane donna, un uomo e un bambino davanti all’ingresso di un panificio e, poco più in là, una camionetta con alcuni soldati tedeschi che si allontanava. Proprio allora vide un gruppo di ragazzi più grandi di lui: erano scappati dal carcere minorile e avevano deciso di combattere i tedeschi. Senza pensarci su, Gennarino tornò a casa, prese una borrraccia d’acqua e una pagnotta, diede un bacio a sua madre e le disse: “Mammà, nun mi aspettà, tornerò quann Napl sarà libera”. Sua madre non fece nemmeno in tempo a fargli le solite raccomandazioni che Gennarino era già sparito nei vicoli bui. Dietro di lui si formò un gruppo di rivoltosi, quasi tutti ragazzini. Si unirono agli adulti. Andarono subito ad aiutare gli insorti del “Frullone“: “Currete, currete guagliò”, diceva Gennarino mentre con gli altri compagni trasportava per i rivoltosi le armi, rubate ai tedeschi caduti, facendo la spola tra le barricate e i depositi di munizioni delle caserme di via Foria e di via San Giovanni a Carbonara.
La notizia che un gruppo di ragazzini stava mettendo a dura prova le truppe naziste si diffuse ben presto nella città. I giornalisti cominciarono a parlare di Gennarino e ci fu qualche fotografo che riuscì a ritrarlo mentre faceva la sua guerra. I napoletani che imbracciavano il fucile divennero in poche ore sempre più numerosi. Nel quartiere Materdei, una pattuglia tedesca fu tenuta per ore sotto assedio.
Al terzo giorno di feroci scontri giunse la voce che a Mugnano erano state fucilate 10 persone, fra cui tre donne e tre bambini. Gennarino Capuozzo con i suoi compagni decise di vendicare quei martiri e con il suo gruppo si appostò dietro alcuni blocchi di cemento sulla strada tra Frullone e Marianella e attese che il camion con i tedeschi fosse vicino. Appena l’automezzo con i tedeschi fu a portata di tiro, sventagliarono le armi di cui si erano impossessati per le strade: spararono con le mitragliatrici e lanciarono bombe a mano. Il camion tedesco provò a togliersi dalla strada, ma Gennarino riuscì ad avvicinarsi e a gettare una bomba a mano contro il mezzo militare. “Ora scendete”, intimò Gennarino puntando la sua mitraglietta. Dal camion scesero con le braccia alzate tre soldati; il comandante che poco prima aveva ordinato la strage, l’autista e il mitragliere. I tedeschi furono portati come prigionieri all’accampamento degli insorti e Gennarino fu trattato da eroe.
Quell’impresa galvanizzò a tal punto Gennarino decise di non fermarsi. andò in via Santa Teresa dove decine di napoletani avevano alzate le barricate, con i mobili che la popolazione aveva buttato giù da finestre e balconi, per respingere i tedeschi. Prese il mitragliere di un soldato morto, si riempì le tasche con le bombe a mano e corse impavido verso un carro armato tedesco . “Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani“, urlò. “Vedrete chi è Gennarino Capuozzo”. Ma mentre stava togliendo dalla bomba la sicura, una granata del nemico lo centrò in pieno.
I napoletani che stavano combattendo a qualche metro di distanza lo videro sparire tra la polvere dell’esplosione, non lo sentirono nemmeno gridare, corsero da lui sperando di poterlo aiutare, ma era tardi. Il suo corpo giaceva immobile, il volto sfigurato da quello scoppio, la bomba ancora stretta in pugno. Fu l’ultimo atto di eroismo di quei quattro giorni che cambiarono il volto della Napoli in guerra. Era il 29 settembre. Quella sera stessa, i tedeschi trattarono la resa con gli insorti: ottennero di uscire indenni da Napoli in cambio del rilascio degli ostaggi ancora prigionieri al campo sportivo. Il giorno dopo, il 30 settembre, le truppe tedesche lasciarono la città. I napoletani avevano vinto e il corpo di Gennarino Capuozzo fu venerato come si venerano i martiri di guerra.”
Gennaro Capuozzo, conosciuto anche con il diminutivo Gennarino (1931 – Napoli, 29 settembre 1943), è stato un partigiano italiano. Eroe di guerra, morì all’età di dodici anni nella seconda guerra mondiale, nei combattimenti avvenuti durante le quattro giornate di Napoli, l’insurrezione popolare che consentì la liberazione della città italiana dall’occupazione nazista.A lui è dedicato il film Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy.
Gennaro Capuozzo fu un apprendista commesso napoletano.Con l’armistizio di Cassibile del 3 settembre 1943 e il proclama Badoglio dell’8 settembre 1943 l’esercito italiano rimase senza ordini. A Napoli l’esercito tedesco in breve tempo prese il controllo della città e di lì a poco, dopo un primo momento di smarrimento, il 27 settembre 1943, la popolazione insorse dando vita alle quattro giornate napoletane.
Capuozzo fu uno dei più giovani insorti e partecipò ai combattimenti contro i tedeschi. Morì a causa dell’esplosione di una granata nemica, nella battaglia di via Santa Teresa degli Scalzi mentre lanciava bombe a mano contro i carri armati tedeschi dal terrazzino dell’istituto delle Maestre Pie Filippini.Per questo suo atto di coraggio gli fu attribuita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
«Appena dodicenne durante le giornate insurrezionali di Napoli partecipò agli scontri sostenuti contro i tedeschi, dapprima rifornendo di munizioni i patrioti e poi impugnando egli stesso le armi. In uno scontro con carri armati tedeschi, in piedi, sprezzante della morte, tra due insorti che facevano fuoco, con indomito coraggio lanciava bombe a mano fino a che lo scoppio di una granata lo sfracellava sul posto di combattimento insieme al mitragliere che gli era al fianco. Prodigioso ragazzo che fu mirabile esempio di precoce ardimento e sublime eroismo. Napoli, 28-29 settembre 1943.» (da InfoAut)