Non ne sentivamo la mancanza, ma sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato. Parliamo del “placet” del Quirinale alla repressione dei movimenti di protesta, messi in moto dal crescente disagio sociale prodotto dalla crisi e aggravato dalle politicihe di austerità.
L’occasione colta da Giorgio Napolitano è stata la più scontata che si possa immaginare, ed anche lievemente inquietante: la festa del 2 giugno. Che ormai il potere non collega neppure più alla ritrovata libertà del paese o all’approvazione della Costituzione repubblicana, ma soltanto all’importanza delle “forze armate”.
In un messaggio inviato ai prefetti italiani scrive infatti:
“Coloro che, come voi, rivestono funzioni pubbliche sul territorio costituiscono, il fronte più esposto alle sfide della quotidianità ed a quelle manifestazioni di malessere che debbono essere affrontate con senso di responsabilità e lungimiranza, non disgiunte dalla necessaria fermezza contro ogni forma di violenza, di illegalità e di prevaricazione“.
Linguaggio riesumato da altri tempi e stagioni (quelle del Pci berlingueriano che copriva politicamente e in toto la repressione cossighiana dei movimenti degli anni ’70). Con quella solita, penosa e falsa riverenza formale allo spirito della Costituzione – che afferma la libertà di manifestazione, sciopero, opinione, ecc – e la repressione senza se e senza ma riservata teoricamente soltanto ai “violenti”.
Per chi non ha ricordi così antichi, si potrebbe ricordare soltanto l’esempio di Genova 2001, in cui la violenza della polizia (e dei carabinieri, e della guardia di finanza e degli agenti carcerari di Bolzaneto, medici compresi) fu accuratamente pianificata proprio con la scusa ufficiale di dover reprimere i “black bloc”. E tutti possono ancora oggi vedere una quantità icredibile di foto di quelle giornate che ritraggono per l’appunto funzionari di polizia di fianco ad agenti in borghesi “travestiti” da black bloc.
Scene simili si sono riviste di recente a Roma, il 12 aprile, e a Torino subito dopo. Una riedizione delle tattiche guerresche cossighiane, diventate ormai modalità naturale di gestione delle piazze.
Il monito presidenziale non va dunque sottovalutato. Costituisce una legittimazione a monte delle “tonnare” in stile 12 aprile, delle manganellate a raffica, degli arresti “mirati”.
Il conflitto sociale troverà comunque il modo di esprimersi, crescendo di consapevolezza, accortezza, saggezza e determinazione. Ma nessun regalo va fatto a chi, nei palazzi del potere, spera di poterlo ridurre a “semplice questione di ordine pubblico”.
da Contropiano
[…] Napolitano, il custode della “tonnara” Non ne sentivamo la mancanza, ma sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato. Parliamo del “placet” del Quirinale alla repressione dei movimenti di protesta, messi in moto dal crescente disagio sociale prodotto dalla crisi e aggravato dalle politicihe di austerità. […]