Per comprendere lo sciopero della fame di cui sono protagonisti i prigionieri politici mapuche del Coordinamento Arauco Malleco, parliamo con il portavoce del CAM, Rafael Pichún Collonao, che ci ha dichiarato che nonostante la criminalizzazione che subiscono da parte dello stato cileno, “loro sono decisi e in lotta”.
di Carlos Aznárez e María Torrellas
-Descrivici un po’ la situazione in cui stanno i prigionieri politici del Coordinamento Arauco Malleco che sono in sciopero della fame. Qual è la situazione che stanno vivendo lì, quanti sono quelli che stanno effettuando questo sciopero, e cosa stanno chiedendo?
-Il Coordinamento Arauco Malleco (C.A.M.) è un’organizzazione mapuche che oggi ha 11 prigionieri politici in diverse carceri. Fino ad ieri ce ne erano nove in sciopero della fame, e da lunedì si è aggiunto un altro, come dire, ci sono dieci militanti del C.A.M. in sciopero della fame. Cinque a Valdivia, quattro a Concepción, uno a Temuco, che è Daniel Canío. La richiesta è la seguente: nel caso di Valdivia e Concepción è il trasferimento di carcere. Il più complicato è Valdivia, perché si sta sollecitando il trasferimento al carcere di Temuco, nella sezione dei comuneri, una sezione mapuche. Il caso di Concepción, è il trasferimento al carcere di Manzano, che ugualmente sta lì a Concepción, per le condizioni carcerarie. Si chiedono condizioni carcerarie carcerarie come mapuche. Nel caso di Temuco, il Peñi Daniel Canío sta sollecitando che gli sia riconosciuto il tempo di condanna che gli deve essere riconosciuto, che sono quattro anni e mezzo. La condanna del Peñi (fratello) è di 16 anni.
-C’è qualcosa che evidentemente sta succedendo lì, che incomincia a sentirsi da questo lato della cordigliera, che è l’accanimento, tanto del governo come del processo di militarizzazione di tutto il territorio. Come state vivendo voi questo? Raccontaci un po’ che significa il territorio militarizzato e giorno dopo giorno che significa questo?
-Qui ci sono la polizia, i carabinieri e ci sono i militari e la forza navale, i marinai. La situazione è che ci sono molti controlli, molta intimidazione, soprattutto nei settori dove si sta facendo il controllo territoriale. Da lì sono provenute le detenzioni che già sappiamo. Si privano le comunità della loro libertà. Uno va per i sentieri interni delle comunità e incontra i militari che stanno controllando. Oggi è molto il territorio che è militarizzato.
-Nel caso di Héctor Llaitul e di suo figlio il pubblico ministero ha chiesto un’enorme quantità di anni di prigione. Gli stanno applicando la Legge Antiterrorismo in un governo che si dice progressista?
-Sì, ad Héctor gli stanno applicando la legge di sicurezza interna dello stato. Chiaramente c’è una persecuzione politica. Qui non ci sono delitti. C’è la persecuzione di un dirigente mapuche che si è espresso con forza per il recupero del territorio, ed è stato una persona decisa nella lotta. Questa è la situazione del Peñi, è stata sempre una persecuzione politica di tutti i governi, e di tutti i colori. Perché oggi noi ci dichiariamo come popolo indipendente. La nostra lotta, la linea politica che ha il C.A.M. è la liberazione del popolo mapuche, che da tutti i governi del Cile è stato trasformato nel nemico interno numero uno. Mi immagino che anche nel lato dell’Argentina, con i fratelli di lì stia succedendo la stessa cosa. Ora abbiamo saputo che anche lì ci sono prigionieri politici, c’è militarizzazione come qua.
-Come sono le relazioni con la società cilena? Noi siamo stati lì durante la rivolta e ci stupiva vedere a Santiago del Cile numerose bandiere mapuche, quasi più di quelle cilene. Come stanno i legami delle relazioni con la gente cilena che lotta?
-Qui bisogna intendere che con il popolo cileno noi abbiamo molte buone relazioni. Il problema è con la classe imprenditoriale, con le grandi imprese transnazionali, con il latifondo. Il problema principale qui è con le imprese forestali. Che hanno più di tre milioni e mezzo di ettari piantati in territorio mapuche, con pini ed eucalipti, con alberi che non sono nativi. E che hanno creato un problema gravissimo non solo per la vita umana ma per tutti coloro che abitano questa terra. Noi abbiamo molte buone relazioni con tutti i movimenti sociali cileni.
-Suppongo che queste imprese forestali di cui parli, siano imprese transnazionali che fanno alleanze con imprese cilene e alla fine tutto quello che sfruttano rimane a loro, e nulla per il vostro territorio?
-Chiaro, è una situazione che si ripete, mi immagino, in tutti i territori e non solo qui. Quando la classe imprenditoriale viene a fare i suoi affari, si riempiono le tasche e diventano più ricchi nel nostro stesso territorio. Oltre a questo, la stessa distruzione della biodiversità, e tutto quello che significa.
-Che imprese sono quelle che stanno operando lì?
-Qui ci sono la Forestal Mininco, proprietà della famiglia Matte, la Forestal Arauco, la Forestal Cautin. La famiglia Matte è la più potente che ci sia qui in Cile.
-Il trattamento dei mezzi di comunicazione verso di voi è demonizzarvi, criminalizzavi. C’è qualche media che abbia per lo meno una posizione più neutrale riguardo a ciò che voi state facendo?
-No. Qui i media ufficiali cileni, non hanno fatto un lavoro di sostegno alla causa, per nulla. Noi contiamo solo su media alternativi e media mapuche. Già da molti anni i media si sono occupati, quando è iniziato tutto questo del recupero territoriale, di criminalizzare e sporcare il nome del movimento mapuche. Ci hanno messo in relazione con il narcotraffico, con i furti, con tutto quello che abbia a che vedere con la delinquenza, hanno portato a far sì che la società in generale abbia una cattiva immagine della lotta mapuche.
-Ti volevo domandare della salute dei prigionieri, perché dopo 23 giorni, stiamo vedendo che c’è un giovane comunero che ha poco peso… e anche, che ci dici di come sta il loro spirito, come affrontano questa situazione?
-In questi giorni i nostri Peñi sono scesi di peso, approssimativamente circa dieci chili. Abbiamo avuto informazioni che Pelantaro Llaitul ha più complicazioni di salute perché lui è un ragazzo, e già entrando in carcere il suo fisico era quello di uno magro. Sta già cominciando ad avere dei problemi. Io sono andato a visitarli in carcere e sono molto decisi. Con tutto il nehuen (forza) per continuare questa lotta fino ad ottenere i trasferimenti, e ad avere una condizione più degna in prigione. I nostri weichafe (guerrieri), come lottatori, cercano allora di non cadere nel discorso che sono vittime di qualcosa. No, loro sono lottatori di un popolo.
-Un altro tema, quando voi recuperate le terre, generalmente queste sono in mano di latifondisti o dello stato. Che tipo di terre state recuperando? Già so che sono vostre, perché evidentemente per anni vi hanno spogliato.
-Qui sono definiti come due grandi gruppi quelli che hanno le terre, uno è l’impresa forestale. Noi recuperiamo quella forestale, facciamo un lavoro di ricostruzione del nostro popolo. E gli altri che hanno le nostre terre sono i latifondisti. Sono quelli che lavorano nell’allevamento, nella coltivazione di grani.
-Ci sono varie organizzazioni mapuche che come voi stanno recuperando terre e alcune di loro come il C.A.M., anche scontrandosi duramente con il governo. Ci sono relazioni tra le diverse organizzazioni? C’è unità d’azione?
-Sì, noi abbiamo cercato di unificare la lotta. Abbiamo sempre buone relazioni con le altre organizzazioni che molte volte non hanno voluto apparire di stare nella nostra linea ma che fanno lo stesso lavoro e abbiamo avuto relazioni con loro nell’unità e nella lotta, e ambedue ci rispettiamo, c’è mutuo rispetto.
-Che pensate dell’arrivo di Boric al governo? Vi è servito a qualcosa o è stata la stessa cosa, per quanto riguarda quello che fa sul trattamento del popolo mapuche?
-Noi siamo un popolo distinto, noi ci definiamo come mapuche, non come cileni, allora tutti i governi che governeranno il Cile hanno questa pietra nella scarpa: i mapuche. Per noi, un altro nemico dichiarato sarebbe uno di destra, o di ultra destra. Quando entra un governo progressista o di sinistra a governare il Cile, per noi è più complicato, perché qui fanno una divisione tra il “mapuche buono” e il “mapuche cattivo”. Affinché sia chiaro: per la destra tutti i mapuche sono il nemico, ma per la sinistra no. Cercano di trovare dei mapuche che li vadano a rappresentare. Ed è lì che per noi si complica un po’. Ma è la stessa cosa, non ci sono cambiamenti. Inoltre, il governo di Boric, oggigiorno, ha militarizzato il territorio al 100%. Quando c’era Piñera indugiò per un bel tempo per poter militarizzare la zona. Quando Boric è entrato, lo ha militarizzato di colpo. Questa è la differenza che c’è tra i governi, ma noi continuiamo ad essere un popolo distinto, non ci uniamo alla loro politica.
-Molto bene Rafael, moltissime grazie per le notizie.
-Saluti a tutti, e che in questi momenti la solidarietà possa diventare effettiva.