Nella Pubblica Amministrazione non esiste più il diritto di critica e di parola dei delegati
- marzo 22, 2022
- in lotte sindacali, lotte sociali
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Il confine tra la libertà di espressione e il legittimo diritto alla critica da una parte e il diniego assoluto alla parola è sempre piu’ esile se perfino un giudizio espresso su whatsapp da parte di alcuni dipendenti pubblici diventa pretesto, legittimo per il Tar Sardegna, per aprire un provvedimento disciplinare a loro carico.
Da tempo sosteniamo che l’obbligo di fedeltà aziendale significa ormai il divieto assoluto di parola e di critica, se perfino il Tribunale scambia una critica privata con un vero e proprio atto contro il datore di lavoro e la Pubblica amministrazione.
Negli ultimi due anni numerosi dipendenti della Pa sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari per avere contestato la gestione della pandemia, la carenza di dpi, le decisioni assunte da dirigenti, di questo passo anche la semplice critica ai carichi di lavoro e ai piani di fabbisogno di personale può diventare motivo di sanzioni e provvedimenti che poi si rivarranno sulle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici o sulle loro progressioni di carriera.
Non crediamo che una critica circostanziata possa avere lo stesso peso di una diffamazione penale ma è indubbio che stiamo andando in questa direzione annullando ogni forma di dissenso democratico nei luoghi di lavoro e nella società.
Se poi la semplice critica privata, e magari anche riservata, viene utilizzata per intraprendere un provvedimento disciplinare pensiamo che la democrazia non esista più, distrutta da norme e codici che dovrebbero indurre a riflessione e a una iniziativa atta ad eliminare tutte quelle regole, oggi esistenti, di riservatezza e di fedeltà che ben poco si addicono ad un paese democratico.
Così facendo si riducono al silenzio non solo i lavoratori ma ben presto anche i sindacati delegittimandone il diritto di critica e di espressione, violando, a nostro avviso, perfino i dettami della Carta costituzionale.
C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione e riguarda la tendenza dei datori di lavoro, pubblici e privati, a spiare social e chat ritenendo che questo serva a salvaguardare l’immagine della pubblica amministrazione, una immagine che andrebbe preservata con ben altri comportamenti e pratiche. E’ bene ricordare che non stiamo parlando di giudizi offensivi ma di semplici opinioni, di denunce pubbliche da parte di delegati sindacali o di semplici lavoratori.
Questo vero e proprio eccesso di potere è non solo illogico e irragionevole ma soprattutto espressione della contrazione di libertà elementari come il diritto alla critica, circostanziata e non offensiva, il diritto alla libertà di parola ed espressione. La difesa della libertà di espressione di democrazia nei luoghi di lavoro stanno diventando motivo di provvedimento disciplinare e di licenziamento?