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Nigeria: la polizia spara su chi protesta contro la violenza delle forze dell’ordine

Almeno 18 i manifestanti uccisi a Lagos. Il movimento popolare contro la brutalità della squadra anti-rapina si allarga e non si accontenta delle promesse del presidente Buhari. Non solo giovani, in piazza tanti settori della società chiedono un vero cambiamento

Sono almeno 18 i manifestanti uccisi dalla polizia martedì notte a Lagos, mentre si riunivano pacificamente, sfidando il coprifuoco imposto dal governo per porre fine al movimento di protesta popolare che sta infiammando tutta la Nigeria.

Secondo Amnesty International «numerosi video confermano l’utilizzo di proiettili veri da parte delle forze di sicurezza contro i giovani che manifestavano contro la brutalità della polizia».

«Diversi manifestanti sono morti, stiamo cercando di scoprire esattamente quanti – ha dichiarato all’Afp il portavoce di Amnesty, Isa Sanusi – Di certo tutti i filmati mostrano la polizia sparare nella zona di Lekki, dove migliaia di manifestanti erano radunati e protestavano pacificamente da una settimana».

Da parte sua il presidente Muhammadu Buhari non si è pronunciato sull’accaduto, ma il senato e le opposizioni lo hanno invitato «a rivolgersi al paese urgentemente per rispondere in maniera adeguata alle richieste della popolazione e per evitare che le proteste degenerino ulteriormente in tutta la nazione».

Dichiarando il coprifuoco nella città di Lagos, il governatore Babajide Sanwo-Olu, dopo aver inizialmente negato le morti dei manifestanti catalogandole come fake news, ha affermato che questa scelta è stata imposta dalle autorità «per proteggere i nigeriani, le infrastrutture nazionali e per evitare che il movimento di protesta degenerasse in violenze».

Le proteste sono iniziate il 9 ottobre nella capitale Abuja e sono diventate virali sui social network con l’hashtag #EndSarsNow, dopo la pubblicazione di un video che mostrava l’uccisione di un uomo a sangue freddo da parte di uomini in uniforme della Squadra speciale anti-rapina (Sars).

Manifestazioni che sono progressivamente aumentate in tutto il paese, con un forte sostegno da parte della società civile e dei più famosi tra gli attori e i cantanti nigeriani, e hanno coinvolto numerose città come Abuja, Lagos, Kano o Benin City.

Un movimento di protesta talmente forte da spingere, dopo due giorni, il presidente Buhari ad annunciare «lo scioglimento immediato della Sars e nuove riforme contro le violenze da parte delle forze dell’ordine».

Promesse che, però, non hanno convinto i manifestanti a causa delle violenze della polizia registrate in questi giorni di protesta e confermate dalle successive intenzioni del governo centrale di «voler creare una nuova unità anti-rapina», non cambiando di fatto nulla riguardo agli abusi della polizia e al mancato rispetto dei diritti civili della popolazione.

Dopo 12 giorni il movimento popolare è cresciuto: ai giovani si sono aggiunti altri settori della società con la richiesta di riforme per «un cambiamento vero in tutto il paese».

Oltre a una legge che difenda «i diritti civili dei nigeriani dalle violenze delle forze di sicurezza» – a causa anche del clima di repressione nella lotta contro il gruppo jihadista di Boko Haram – i manifestanti chiedono «una migliore rappresentanza dei giovani sulla scena politica, aumenti salariali e lavoro», visto che la principale potenza economica del continente africano vive una fase di recessione e di crisi dal 2016.

Preoccupazioni su un possibile aggravarsi della situazione in Nigeria giungono dall’Onu. Il segretario generale Guterres ha chiesto «la fine delle brutalità e degli abusi della polizia in Nigeria»: «Esorto le forze di sicurezza a esercitare la massima moderazione e invito i manifestanti a protestare pacificamente e ad astenersi da qualsiasi atto di violenzaper evitare che nel paese la situazione possa degenerare in maniera irreversibile».

Stefano Mauro

da il manifesto