No all’estradizione di Vincenzo Vecchi. Appello di un collettivo di intellettuali e artisti
“Non possiamo accettare che la giustizia francese, con fondamenti democratici, avalli una legge autenticamente fascista”
La Corte d’appello di Lione dovrebbe pronunciarsi il 24 febbraio sul caso dell’attivista anti-globalizzazione condannato in Italia a dieci anni di reclusione in base a una legge adottata sotto Mussolini. In un forum nel “Mondo”, un collettivo internazionale di dieci personalità, tra cui Noam Chomsky, Annie Ernaux, Ken Loach e Volker Schlöndorff, chiede solennemente ai giudici di rifiutare la sua estradizione.
Vincenzo Vecchi è un attivista anti-globalizzazione che vive in Francia da dodici anni. Ha partecipato alle manifestazioni contro il G8 a Genova nel 2001, manifestazioni la cui repressione è stata così feroce che lo stesso capo della polizia italiana, qualche anno dopo, ha confessato casi di tortura. Tuttavia, per condannare pesantemente gli attivisti anti-globalizzazione, la giustizia italiana è poi ricorsa all’incriminazione per “devastazione e saccheggio”, risalente al periodo Mussolini.
La specificità di questa incriminazione è che non richiede che l’imputato abbia commesso gli atti lui stesso, direttamente. È sufficiente che egli fosse presente sulla scena di un delitto perché si costituisca una specie di delitto collettivo. Si presume che la persona presente sulla scena di un reato abbia fornito assistenza morale. E, anche se si tratta solo di danni a cose, le sanzioni sono poi molto severe. Così, per aver partecipato alle tumultuose manifestazioni che si svolsero a Genova più di vent’anni fa, Vincenzo Vecchi fu condannato in Italia a dieci anni di reclusione.
Nel 2016 sono stati emessi nei suoi confronti due mandati d’arresto europei. Da tre anni e mezzo che questo caso dura e sospende l’esistenza di Vincenzo Vecchi al ritmo della vita giudiziaria, due delle più alte corti francesi, due corti d’appello, hanno ritenuto opportuno non applicare questi mandati d’arresto. per dargli ragione. Ma, per due volte, il pubblico ministero, lo Stato francese, invece di accettare il verdetto delle sue autorità giudiziarie, ha preferito ricorrere in cassazione contro la loro decisione.
Legge essenziale per il consolidamento della dittatura
Tutto il caso ruota intorno a un punto essenziale del diritto: la doppia incriminazione. Prima dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, ad eccezione di 32 reati espressamente previsti dalla legge, occorre accertarsi che il reato in nome del quale lo Stato di emissione del mandato rivendica l’imputato esista nella legge del Paese in cui il mandato deve essere eseguito. Tuttavia, l’incriminazione per “devastazione e saccheggio”, su cui si fonda la condanna del sig. Vecchi, è una legge fascista italiana del 1930, per definizione incompatibile con la legge francese.
Per questo, nel novembre 2019, la Corte d’Appello di Rennes ne ha disposto la scarcerazione, adducendo l'”irregolarità” del mandato d’arresto europeo nei suoi confronti, ma tale decisione è stata ribaltata dalla Corte di Cassazione. Nel novembre 2020, la Corte d’appello di Angers, a sua volta, aveva giustificato il rifiuto di eseguire questo mandato d’arresto sulla base del fatto che l’accusa per la quale il sig. Vecchi era stato condannato in Italia non aveva alcun equivalente in Francia. Ma la sua decisione è stata respinta anche nel novembre 2022 dalla Corte di Cassazione, che ha deferito il caso alla Corte d’Appello di Lione. In precedenza, nel luglio 2022, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha emesso una decisione ingiusta ritenendo che non vi fosse un requisito di “perfetta corrispondenza” tra i reati da un paese all’altro e che la Francia non potesse opporsi all’estradizione.
Resta però il fatto che la legge che condanna il signor Vecchi non è una semplice legge tra le altre: adottata sotto Mussolini, è una legge profondamente fascista, che lo stesso Mussolini definì “fascismo estremo”, cioè una legge essenziale per consolidamento della dittatura. Consente di condannare qualcuno senza reali requisiti legali, per la sua mera presenza sulla scena di un reato, e fonda quindi un reato collettivo volto a criminalizzare qualsiasi partecipazione a una manifestazione.
Per interpretare la legge ci si può basare sullo spirito di un testo, questo è un criterio abbastanza attendibile, purché si possa conoscere la volontà esplicita dei suoi autori. Tuttavia, nel caso di questa legge, il suo estensore, il ministro di Mussolini e teorico del fascismo Alfredo Rocco, si compiacque che fosse risolutamente “contraria ai diritti umani” e “contraria al codice penale francese”. Non potremmo essere più chiari. È dunque per l’applicazione di una legge così assolutamente contraria ai nostri valori che il governo francese, in nome della “collaborazione europea”, si ostina, contro i precedenti pareri di due corti d’appello, a consegnare ad un governo italiano, di simpatie apertamente mussoliniane, attivista antiglobalizzazione che vive pacificamente in Francia da dodici anni!
Bastano tre corti d’appello
La vergogna esiste. La magistratura non è neutrale. La giustizia è una questione di interpretazione. La legge di condanna del signor Vecchi, varata sotto Mussolini, è genuinamente fascista. È su questa base che è importante giudicare. Si tratta di sapere se si vuole o no partecipare all’applicazione di una legge di Mussolini. Forse non condividiamo le opinioni anti-globalizzazione del signor Vecchi, ma non possiamo accettare che la giustizia francese, con i suoi fondamenti democratici, avalli una legge autenticamente fascista.
In questa vicenda, tutti devono tenere costantemente presente la posizione del ministro fascista Alfredo Rocco: “Il nostro codice penale è un codice politico”, dichiarò senza esitazione davanti al Senato italiano nel 1929. Il suo scopo primario era quello di individuare la filosofia giuridica penale con la stessa filosofia del fascismo. E l’incriminazione per “devastazione e saccheggio”, in nome della quale l’Italia ora rivendica Vincenzo Vecchi, è stata concepita in decisa opposizione alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, come dispositivo chiave del suo nuovo codice, per annientare i nostri valori.
Chiediamo inoltre solennemente ai magistrati della Corte d’appello di Lione di giudicare questo caso in coscienza, come le due precedenti corti d’appello, e di non consegnare il sig. Vecchi all’Italia. Infine, a seguito della decisione favorevole che auspichiamo, e che riteniamo da sola giusta, chiediamo solennemente al Pubblico Ministero di non ricorrere più alla Corte di Cassazione, per ritenere che siano sufficienti tre corti d’appello. Gli chiediamo solennemente di non richiedere l’esecuzione del mandato d’arresto europeo.
I firmatari: Juliette Binoche, attrice; Noam Chomsky, linguista; Luc Dardenne, cineasta; Annie Ernaux, scrittrice; Robert Guédiguian, cineasta; Pierre Lemaitre, scrittore; Ken Loach, cineasta; Volker Schlöndorff, cineasta; Barbara Stiegler, filosofo; Eric Vuillard, scrittore.
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