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“No allo Stato di Polizia”: mobilitazioni e repressione in Tunisia

La settimana scorsa è stata caratterizzata da segnali di ripresa della mobilitazione sociale in Tunisia. Questo fine settimana, il seppellimento in una fossa comune da parte delle autorità di alcuni giovani morti nella traversata del mediterraneo, ha generato proteste di massa nella città di Zarsis (centro-est del paese). Ieri, Zarsis è stata anche protagonista di uno sciopero generale. Sempre questo week end, i giovani dei quartieri popolari di Tunisi si rendevano protagonisti di riots di massa contro la polizia, dopo l’uccisione di un ragazzo. La repressione governativa e degli organi di polizia è un dato centrale in questa fase politica nel paese, mentre il regime di Kais Saied firma un accordo con l’FMI che promette nuove misure lacrime e sangue. Pubblichiamo l’aggiornamento di un compagno tunisino sugli episodi più importanti di repressione avvenuti nelle ultime settimane.

di Salem Ben Yahia

In Tunisia, la repressione delle proteste sociali e delle richieste democratiche da parte della polizia è aumentata negli ultimi tempi.

Questo non vuol dire che il cosiddetto decennio di transizione democratica 2011-2021 sia stato esente da repressione, anzi: con gli islamisti del partito Ennahdha essa è stata un fenomeno molto ampio; ad esempio, la polizia ha sparato munizioni vere contro i manifestanti a Siliana nel 2012 e ha ucciso Anouar Sakrafi a Tataouine nel 2017 e Khemais Yefreni a Tebourba nel 2018, oltre al giovane Amor Labidi vicino allo stadio di Rades.

Decine di processi sono stati intentati contro gli scioperanti delle aziende “Latecoere”, “Ams”, “Tunisie lait”, “Stia”, “Petrofac” e anche contro tutti coloro che hanno manifestato contro la povertà e la disoccupazione come i giovani di Thadamon, un quartiere periferico di Tunisi, contro i tagli all’acqua corrente in varie regioni della Tunisia (Sidi Ameur a Siliana) o contro l’assenza di strutture sanitarie o per chiedere la manutenzione delle scuole rurali. O per aver protestato contro i danni all’ambiente causati dalle saline del gruppo francese Cotusal nella zona di Sebkhet el Gorra.

Questa tendenza alla repressione violenta non è diminuita dall’arrivo al potere del presidente Kais Saied; al contrario, si è accentuata con la costituzione di sindacati di polizia i quali in sostanza non sono altro che milizie intenzionate ad avere l’ultima parola su un numero crescente di questioni (la morale, il contenuto degli spettacoli, il comportamento degli spettatori in uno stadio, la vita politica, gli scioperi, il modo di vestire della gente per strada, ecc…).

Ecco alcuni episodi di repressione che hanno avuto luogo solo nelle ultime settimane: due avvocati, Hayet Jazzar e Ayoub Ghedamsi, sono stati processati il 12 ottobre per aver menzionato il fatto che il loro cliente è stato torturato.

L’attivista di protesta sociale Wissem Jbara di Monastir arrestato e rilasciato

Marwen Bedhiafi è stato mandato in prigione per 8 mesi per una rissa con i salafiti.

Youssef Jellali, presidente della sezione della “Ligue pour les droits de l’Homme” della città di Sidi Bouzid, viene processato per aver scritto su Facebook contro gli abusi polizieschi.

Anis Mabrouk, un attivista per i diritti umani di Tebourba, ha quasi 20 cause contro la polizia, il sindaco e il sottoprefetto della sua città.

Hbib Tlili e il suo collega Mohsen Fekih, due sindacalisti del settore delle telecomunicazioni, sono perseguiti dalle loro amministrazioni per metterli a tacere, in modo che smettano di condurre la lotta sindacale.

Un altro processo ha avuto luogo il 14 ottobre nella città di Jendouba, dove un sindacato di polizia ha presentato una denuncia contro gli attivisti di sinistra Samar Tlili, Hmza Nasri, Jawaher Channa, Asma Jouira, Ayoub Ammar e Wael Naouar.

La settimana scorsa, il 24enne Malek Salimi è morto dopo essere stato picchiato a morte dalla polizia nel quartiere popolare Thadamon di Tunisi. Questo ha dato orgine alle grandi tra venerdì 15 e lunedì 17 nelle periferie dalla capitale. In cui la polizia ha sparato contro i dimostranti.

Attivisti progressisti e democratici, così come alcune organizzazioni (ad esempio per i diritti umani), stanno iniziando a discutere il tema e a organizzarsi per la costituzione di un fronte democratico che lotti contro il fascismo strisciante [1]. Hanno già indetto una manifestazione per mercoledì 12 davanti al tribunale di Tunisi per sostenere i maitres Jazzar e Ghedamsi.

NO ALLO STATO DI POLIZIA.

da La Voce delle Lotte