Salento, terra di mare e di ottima cucina ma anche di molti problemi come la disoccupazione. Inoltre, pur essendo il sud storicamente una terra accogliente, non mancano, specie in questi ultimi anni, sentimenti come il razzismo e l’estremismo di destra.
Per fortuna però, nel tacco dello stivale italiano, ci sono anche alcune realtà che cercano, in vari modi, di contrastare questi fenomeni e, in alcuni casi, stanno tentando di colmare quel vuoto che le istituzioni hanno lasciato vuoto.Un ambito di lotta molto attivo è sicuramente quello legato al mondo del cosiddetto “sport popolare”.
Già alcune settimane fa abbiamo avuto il piacere di pubblicare un comunicato dello Spartak Lecce, la squadra di calcio popolare della città più importante della zona, sulla questione riguardante la costruzione della Tap. Una presa di posizione molto forte contro un’opera che viene portata avanti nonostante la ferma opposizione della popolazione locale.
I problemi non finiscono certo qui, basti pensare a tutta la questione dello sfruttamento nelle campagne, a danno della manodopera migrante ma non solo. Di tutte queste cose si cerca di parlare anche organizzando eventi come la “No Racism Cup”.
L’evento, giunto quest’anno all’ottava edizione, si terrà come sempre vicino Otranto, nella cornice dei laghi Alimini, dall’8 al 12 agosto prossimi. Una quattro giorni di musica e sport popolare ma anche di dibattiti e riflessioni su alcune tematiche, ad esempio razzismo e migrazione, molto attuali al giorno d’oggi in Italia.
Alcuni giorni fa abbiamo avuto il piacere di intervistare gli organizzatori della No Racism Cup. Abbiamo chiesto loro alcune info sull’evento e sul suo senso sociale e politico.
Come mai avete deciso di dar vita ad un evento quale la NoRacismCup in un luogo come il Salento?
NoRacism Cup è nato su un terreno già piuttosto fertile creato dall’esperienza di Calcio Senza Confini, un torneo di calcio a 9 che è stato usato come strumento di integrazione e di lotta al razzismo. Calcio Senza Confini si svolgeva a Lecce, in città, e vedeva la partecipazione non solo di comunità migranti e associazioni, ma anche collettivi, bar e persone qualunque. È stato un motore importantissimo per creare e supportare modi di aggregazione e autorganizzazione alternativi alle logiche della città, una città che amiamo, ma che spesso mette in primo piano le priorità di pochi a scapito degli interessi degli ultimi. A conferma di questo, portiamo il fatto che CSC è sospeso da 2 anni, perché non è stato più possibile continuare a svolgerlo nel suo spazio originario, l’ex Ospedale Psichiatrico di Lecce. Da quest’esperienza si pensò di creare, visto che il territorio lo permetteva, qualcosa di simile ma che andasse oltre i confini del Salento. Avevamo in mente un progetto che potesse creare una rete nazionale e internazionale di contatti, amicizie e fiducia nell’ottica del calcio popolare, che per noi non può prescindere da alcuni valori che crediamo siano connaturati nel concetto stesso di sport popolare.
Quest’anno arrivate all’ottava edizione del torneo. Ve lo aspettavate di raggiungere tale traguardo? Quali sono i punti in cui siete migliorati e quali quelli in cui potete ancora far meglio?
Ogni edizione è una battaglia per chi lo organizza, con tante difficoltà. Arrivare all’ottava edizione è il frutto di tutto l’impegno che ci abbiamo messo in questi anni. Un piccolo traguardo che necessita ancora di tante attenzioni e miglioramenti, sotto ogni punto di vista. Ma non possiamo negare che anno dopo anno la soddisfazione aumenta, anche grazie ai tantissimi compagni e compagne che scelgono di supportarci.
Cosa rappresenta per voi il calcio popolare? In che modo cercate di portarlo avanti?
Nell’epoca del calcio moderno, viviamo il calcio popolare come un sentimento, orientato verso i valori popolari e originari di questo sport. Contro il calcio milionario e d’elitè, a favore di uno di tutti e sociale, che vada al di là del calcio stesso. Sono molti i modi in cui cerchiamo di portarlo avanti, che danno vita ad altrettanti progetti. Tra questi, uno su tutti è lo Spartak Lecce, la nostra squadra che milita in seconda categoria. È un progetto fondato interamente su basi popolari, finanziato anche con l’azionariato popolare e i piccoli e grandi sacrifici di tutti, che durante un campionato difficile come solo quelli delle categorie minori sanno essere, porta avanti un ampio ventaglio di lotte, che spaziano dalla critica al mondo del “calcio moderno”, alle lotte sociali e politiche non istituzionalizzate.
Da anni permettete a chi viene al vostro evento di assistere a numerosi concerti di ottima qualità. Secondo quali parametri scegliete il “tema musicale” delle serate?
Il programma e i concerti li pensiamo in relazione al mondo che cerchiamo di alimentare, dunque: movimento, sottoculture, sport popolare. È la nostra cultura, è non potremmo fare diversamente. Far passare un’offerta musicale di qualità significa sicuramente supportare le singole scene, ma vuol dire anche dare alla gente che ogni anno vive con noi quelle giornate (e chiaramente anche a noi!) la possibilità di divertirsi insieme.
La NoRacismCup cerca di affrontare e combattere anche il tema del razzismo. Questo tema viene affrontato in una terra, la Puglia, in cui ogni estate i migranti vengono sfruttati nei campi col sistema del capolarato. Come si può combattere, secondo voi, una simile “caratteristica” dell’estate pugliese?
Non ci sono formule per combattere il caporalato, come lo sfruttamento più in generale, sono fenomeni fisiologici nel sistema capitalistico. È difficile parlare di queste cose e si rischia di fare falsa retorica, da cui ci guardiamo bene. La nostra regione si presta bene a questo genere di sfruttamento del lavoro, perché la manodopera di cui si necessita è principalmente non qualificata e a bassissimo costo, visto che stiamo parlando di lavoro agricolo di massa. È soprattutto questa attività che si presta bene ad adeguarsi agli schemi dello sfruttamento, permettendo un impiego “nero” e quasi sempre anonimo. Purtroppo però possiamo affermare con certezza che non sia una peculiarità dell’estate pugliese, è una situazione riscontrabile fondamentalmente ovunque la produzione si sia massificata per adeguarsi a un mercato globale e sempre più pretenzioso.
Negli anni avete avuto modo di conoscere varie realtà del calcio popolare italiane. Qual è, secondo voi, lo stato attuale di questo mondo sportivo che, col passare degli anni, sta assumendo forme e contenuti sempre più precisi ?
Il calcio popolare è cresciuto negli ultimi 2 o 3 anni, ed è un fenomeno ancora in crescita. Questa crescita abbastanza rapida sta comportando un cambiamento sia nelle relazioni tra le singole realtà di calcio popolare, che nei rapporti di queste realtà con l’esterno . Oggi sono molte le squadre che vantano la bandiera del “calcio popolare” per il semplice fatto di portare avanti una squadra creata dal basso. Per noi, com’è facile capire, è sempre stato molto di più. Crediamo che lo sport popolare rientri in un discorso quasi più politico che sportivo: il calcio come strumento di lotta.
Roberto Consiglio
da oltremedia