No Tav: il cronista Davide Falcioni indagato per aver raccontato la Val di Susa
- dicembre 03, 2014
- in lotte sociali, misure repressive, no tav
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Venerdì 28 novembre Davide Falcioni era in aula, a Torino, come testimone al processo in corso contro il movimento No Tav, ma è riuscito a pronunciare solo poche parole. Alla frase “c’era un clima sereno”, il PM Manuela Pedrotta ha interrotto l’esame del teste informandolo che, dato il contenuto della sua deposizione, sarebbe stato indagato per gli stessi reati di cui sono accusati gli imputati. Con la mutazione da testimone a indagato, la testimonianza di Davide Falcioni diventa, di fatto, nulla.
La strategia del Pubblico Ministero è evidente: invalidando l’unica testimonianza a favore della difesa – una testimonianza che, tra le altre cose, smentisce la versione dell’“occupazione violenta” riportata dai giornali – la pubblica accusa “inchioda” tutti gli imputati.
Così facendo, però, la procura di Torino priva Davide Falcioni di un diritto fondamentale riconosciuto dalla nostra Costituzione (oltre che dalla Dichiarazione universale dei diritti umani): il diritto di cronaca. Un diritto che non riguarda solo i giornalisti in possesso di un tesserino rilasciato dall’Ordine, ma che è patrimonio di tutti. Un precedente gravissimo che i pubblici ministeri, la Federazione nazionale della stampa, oltre a tutti i colleghi giornalisti, dovrebbero prendere in estrema considerazione. (da AgoraVox)
Riportiamo qui di seguito il commento di Davide Falcioni:
“Ieri ero a Torino a deporre al processo sui fatti della Geovalsusa. Sono entrato in aula come un semplice testimone, un cronista che aveva visto e raccontato puntualmente i fatti di quel 24 agosto 2012. Ne sono uscito come persona minacciata di essere sottoposta a indagini (per gli atti ufficiali occorrono mesi). Al pubblico ministero Manuela Pedrotto non frega nulla del “diritto di cronaca” e degli articoli che produssi, per AgoraVox Italia, sulla lotta NO TAV di quell’estate.
Ricordo che dopo quegli articoli, uno in particolare, ricevetti le telefonate di un importante giornalista di Repubblica. Chiamò al mio cellulare e a casa (ma chi gli diede i miei recapiti?): prima di cercare di intimidire me, lo fece con mio padre raccontandogli che il figlio rischiava di mettersi nei guai con certi articoli e testimonianze. Mio padre lo mandò a fanculo. Io so che se potessi riavvolgere il tempo di due anni rifarei esattamente le stesse cose, riscriverei esattamente gli stessi articoli.
C’è qualcuno che da anni utilizza la giustizia come una clava contro un movimento popolare come quello dei No Tav. Ora la clava si utilizza anche verso chi si macchia della colpa di raccontare ma non essere allineato. Alla Procura piacciono i giornalisti “embedded”, mentre le voci indipendenti danno fastidio (anche perché non rilanciano le veline delle questure ma partecipano e osservano coi loro occhi). Nel mio caso rischio di essere sottoposto a indagini e quindi rinviato a giudizio.
Ora: io sono solo un piccolo cronista, però voglio vedere se qualcuno ha intenzione di approfondire questa storia. A me sembra una grave lesione del diritto di cronaca. Staremo a vedere. Io vado avanti, sorridendo come sempre. Davide Falcioni”