No Tav, l’avvocato di Emilio Scalzo: «Contro di lui errori e misure senza fondamento giuridico»
- dicembre 09, 2021
- in interviste, lotte sociali, lotte territoriali, no tav
- Edit
Il 15 settembre nei confronti di Emilio Scalzo, storico attivista No Tav, è stato emesso un Mandato di arresto europeo da parte della Francia. In un mese sono state avviate le procedure e oggi Emilio si trova nel carcere di Aix Luynes, nei pressi di Marsiglia. Danilo Ghia, legale dell’attivista riporta i vari passaggi legislativi e le contraddizioni riscontrate.
intervista a cura di
Ieri Emilio Scalzo non ha potuto partecipare alla marcia popolare No Tav che è sfilata da Borgone a San Didero. Il 3 dicembre scorso è stato consegnato alle autorità francesi. Attivista No Tav, Emilio Scalzo era stato arrestato lo scorso 15 settembre nella cittadina di Bussoleno in esecuzione di un mandato di cattura europeo emesso dalle autorità francesi, con l’accusa di aver aggredito un gendarme d’oltralpe durante una mobilitazione che si è svolta nel maggio scorso al confine fra Italia e Francia di Claviere.
Insieme a Dana, Stella, Fabiola, Eddi, Francesca, Mattia, Mattia e tanti altri «lo portiamo sulle strade della Val di Susa attraverso i nostri discorsi, i nostri scarponi, le nostre bandiere e i nostri slogan», ha scritto il movimento sulla pagina facebook.
Danilo Ghia avvocato di Emilio ci aiuta a fare chiarezza su quanto successo.
Scalzo nega di aver posto in essere l’azione che gli viene contestata. Afferma, e ritiene di poter provare, che si è semplicemente difeso dal tentativo dell’agente di colpirlo violentemente con il manganello, alzando un pezzo di legno raccolto a terra per ripararsi; probabilmente il gendarme colpendo violentemente il pezzo di legno si è fratturato il braccio.
Il Mae, mandato di arresto europeo, è un procedimento differente dall’estradizione. Mentre per estradare un soggetto occorre una decisione del Ministero competente, per il Mae la procedura è squisitamente giudiziaria. L’Organo Giudiziario formula una richiesta alla Corte d’Appello nel cui distretto risiede il soggetto attenzionato.
Nel caso di Scalzo il Mae è stao richiesto dal Procuratore della Repubblica del Tribunale di Gap, sulla base di una misura cautelare. Il Mae è stato trasmesso alla Corte d’appello di Torino che, nonostante la nostra motivata opposizione, ha ritenuto di applicare la custodia cautelare in carcere. Abbiamo presentato un’istanza chiedendo che venisse applicata una misura meno afflittiva e la Corte d’Appello ha disposto gli arresti domiciliari. È poi stata fissata l’udienza sempre avanti la Corte d’Appello per accogliere o respingere il Mae.
Ho sostenuto che nei confronti di Scalzo pende un procedimento penale avanti il Tribunale di Torino, per il quale la prima udienza si sarebbe tenuta dopo pochi giorni (oltre ad altri procedimenti per i quali è stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini), nel quale al soggetto si contesta l’occupazione della casa cantoniera di Oulx, utilizzata dagli imputati per assistere i migranti in transito verso la Francia. Ai sensi dell’art. 24 della legge sul Mae, la presenza sul territorio di altri procedimenti può rappresentare motivo per rigettare la consegna del soggetto.
Inoltre, nell’ipotesi in cui l’indagato non fosse stato consegnato, la Francia non avrebbe subito alcun pregiudizio, posto che avrebbe tranquillamente potuto iniziare e proseguire il proprio processo; Scalzo a quel punto avrebbe deciso se essere presente o meno e, in quest’ultima ipotesi, il processo sarebbe proseguito in sua contumacia.
La Corte d’Appello, rigettando le ragioni della difesa ha disposto la consegna di Scalzo.
Ritengo che la Corte d’Appello abbia commesso una serie di errori poiché, per valutare se la consegna deve essere disposta o rigettata, occorre valutare tutti i presupposti indicati dall’art. 20 della legge Mae. La Corte d’Appello ne aveva considerato solo uno, ovvero la gravità del fatto; aveva poi aggiunto che il processo penale pendente in Italia sarebbe certamente stato più lungo di quello pendente in Francia.
L’art. 20 della legge Mae indica i criteri da utilizzare nell’ipotesi in cui le autorità competenti di due Stati esteri richiedano contemporaneamente la consegna di un soggetto; i criteri contenuti in tale articolo debbono anche essere considerati per accogliere o rigettare la richiesta di consegna del soggetto da parte dell’autorità straniera, al fine di valutarla sussistenza di eventuali elementi ostativi. L’art. 24 della stessa legge, come già detto, prevede che il Mae possa essere respinto nell’ipotesi in cui nelle stato penda altro procedimento penale.
Non ritenendo condivisibile il provvedimento pronunciato dalla Corte d’Appello, ho depositato un ricorso in Cassazione, sostenendo la mancata corretta applicazione dell’art. 20 della legge.
In particolare ho sostenuto come il processo pendente in Italia, che vede diciotto soggetti imputati, si sarebbe certamente concluso prima, posto che erano già state indicate numerose udienze (l’ultima a marzo 2022), mentre per il processo in Francia alcun atto era ancora stato notificato all’imputato; che in detto processo il Pubblico Ministero aveva indicato ben ventidue testimoni (e una quarantina in totale i difensori degli imputati) e che, qualora l’imputato fosse stato consegnato, visto il suo legittimo impedimento, un nuovo processo si sarebbe poi dovuto celebrare nei confronti di Scalzo, con evidenti ingenti costi; che nei confronti dell’imputato, in Italia, pendevano altri procedimenti per i quali era già stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini.
La Corte di Cassazione non ha accolto il ricorso dichiarandolo inammissibile.
Con un provvedimento assolutamente non condivisibile, privo di fondamento giuridico alcuno, su richiesta della Procura Generale, la Corte d’appello ha aggravato nuovamente la misura cautelare, dagli arresti domiciliari alla detenzione in carcere. La motivazione, ritengo, sia aberrante; la Corte dice che l’aggravamento è disposto in quanto nei pressi dell’abitazione di Scalzo è stata notata la costante presenza di manifestanti No Tav che avrebbero potuto creare problemi all’atto del prelievo dell’indagato. Si afferma, in sostanza, che la misura viene aggravata non per il comportamento di Scalzo, ma in quanto altri soggetti lì presenti potrebbero commettere dei reati.
Ora dove si trova Emilio Scalzo?
È stato inizialmente trasferito nel carcere di Torino Le Vallette; dopo un paio di giorni è stato consegnato alla Francia. Qui prima è stato portato a Briançon per l’identificazione e poi trasferito a Gap, dove il giudice istruttore ha disposto la detenzione nel carcere di Aix Luynes.
E ora che succede?
Adesso l’avvocato francese nominato deciderà, assieme a Scalzo, quali azioni intraprendere.
Cosa ne pensa del Mae?
In genere il Mae veniva utilizzato per reati di estrema gravità e questo non è in caso di Scalzo, al quale contestano il reato di violenza ai danni di un gendarme francese.
Dalle informazioni che ci sono pervenute, Scalzo è sereno e sta bene, consapevole di non aver commesso quanto gli viene contestato. Siamo comunque stati contattati da alcuni parlamentari francesi che intendono far visita a Scalzo affinché il caso assuma la dovuta attenzione e un nostro cittadino, da sempre impegnato per la difesa dei soggetti più deboli, venga trattato con le dovute attenzioni.
da DINAMOpress