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NoG20 Hamburg: Iniziato il processo a Fabio Vettorel. La dichiarazione resa in Tribunale da Fabio

Iniziato, al Tribunale di Altona ad Amburgo,  il processo a Fabio Vettorel, l’attivista italiano da 4 mesi in carcere. Nell’udienza di oggi Fabio ha rilasciato una dichiarazione che riportiamo. Nuova udienza il 14 novembre

Signora giudice, signori giudici popolari, signora procuratrice, signor assistente del tribunale per i minori,

Voi oggi siete chiamati a giudicare un uomo. Lo avete chiamato “aggressivo criminale” e “irrispettoso della dignità umana”. Personalmente non mi curo degli appellativi che mi attribuite. Io sono solo un ragazzo di buona volontà.

Prima di tutto vorrei dire che probabilmente i signori politicanti, i signori commissari di polizia e i signori magistrati pensano che incarcerando e arrestando qualche ragazzetto si possa fermare il dissenso nelle strade. Probabilmente lor signori pensano che le prigioni bastino a spegnere le voci ribelli che dovunque si alzano. Probabilmente lor signori pensano che la repressione fermerà la nostra sete di libertà. La nostra volontà di costruire un mondo migliore.

Ebbene, essi si illudono. Ed è la storia che dà loro torto.

Perché innumerevoli ragazzi e ragazze come me sono passati per un tribunale come questo.

Infatti oggi è Amburgo, ieri era Genova, prima ancora era Seattle.

Voi cercate di arginare le voci di rivolta che ovunque si alzano con ogni mezzo “legale”, con ogni mezzo “procedurale”.

Comunque sia, qualunque sarà la decisione di questo tribunale, essa non inciderà sulla nostra protesta. Ancora tanti ragazzi e tante ragazze, mossi dai medesimi ideali, scenderanno nelle strade d’Europa. Incuranti delle prigioni che con tanto affanno vi sforzate di riempire di detenuti politici.

Ma veniamo al dunque, signora giudice, signori giudici popolari, signora procuratrice, signor assistente del tribunale per i minori.

Veniamo al dunque.

Come potrete immaginare io oggi voglio avvalermi del mio diritto di non rilasciare dichiarazioni in merito allo specifico fatto di cui sono imputato. Tuttavia vorrei porre l’attenzione su quali siano le motivazioni che spingono un giovane operaio originario di una remota cittadina delle Prealpi orientali a venire ad Amburgo.

Per manifestare il proprio dissenso contro il vertice del G-20.

G-20. Solo il nome ha in sé qualcosa di perverso.

Venti tra uomini e donne esponenti dei venti paesi più ricchi e industrializzati del globo si siedono attorno a un tavolo. Si siedono tutti insieme per decidere il nostro futuro. Sì, ho detto bene: il nostro. Il mio, come quello di tutte le persone sedute in questa stanza oggi, come quello di altre 7 miliardi di persone che abitano questa bella Terra.

Venti uomini decidono della nostra vita e della nostra morte.

Ovviamente a questo grazioso banchetto la popolazione non è invitata. Noi non siamo che lo stupido gregge dei potenti della Terra. Succubi spettatori di questo teatro dove un pugno di uomini tengono in mano un’umanità intera.

Io, signora giudice, ho pensato molto prima di venire ad Amburgo.

Ho pensato al signor Trump e ai suoi Stati Uniti d’America che sotto la bandiera della democrazia e della libertà si ergono poliziotti del mondo intero. Ho pensato ai tanti conflitti accesi dal gigante americano in ogni angolo del pianeta. Dal Medio Oriente all’Africa. Tutti per accaparrarsi il controllo di questa o quella risorsa energetica. Poco importa se poi a morire siano sempre i soliti: civili, donne e bambini.

Ho pensato anche al signor Putin. Nuovo zar di Russia. Che nel suo paese viola sistematicamente i diritti umani e si fa beffe di qualunque opposizione.

Ho pensato ai Sauditi e ai loro regimi fondati sul terrore, con cui noi occidentali facciamo affari d’oro.

Ho pensato a Erdogan che tortura, uccide, imprigiona i suoi oppositori.

Ho pensato anche al mio paese, dove a colpi di decreti legge ogni governo cancella senza tregua i diritti di studenti e lavoratori.

Insomma, eccoli qui i protagonisti del sontuoso banchetto che si è tenuto ad Amburgo lo scorso luglio. I più grandi guerrafondai e assassini che il mondo contemporaneo conosca.

Prima di venire ad Amburgo ho pensato anche all’iniquità che flagella oggi il pianeta. Mi sembra quasi scontato infatti ribadire che l’1 % della popolazione più ricca del mondo detiene la stessa ricchezza del 99% più povero. Mi sembra quasi scontato ribadire che gli 85 uomini più ricchi del mondo detengono la stessa ricchezza del 50% della popolazione mondiale più povera. 85 uomini contro 3 miliardi e mezzo.

Queste poche cifre bastano a rendere l’idea.

E poi, signora giudice, signori giudici popolari, signora procuratrice, signor assistente del tribunale per i minori, prima di venire ad Amburgo ho pensato alla mia terra: a Feltre. Il luogo dove sono nato, dove sono cresciuto e dove voglio vivere. La cittadella medioevale è incastonata come una gemma nelle Prealpi orientali. Ho pensato alle montagne che al tramonto si tingono di rosa. Ai bellissimi paesaggi che ho la fortuna di vedere dalla finestra di casa. Alla bellezza che travolge questo luogo.

Poi ho pensato ai fiumi della mia bella valle violentati dai tanti imprenditori che vogliono le concessioni per costruire centrali idroelettriche. Incuranti dei danni alla popolazione e all’ecosistema.

Ho pensato alle montagne colpite dal turismo di massa o diventate luogo di lugubri esercitazioni militari.

Ho pensato al bellissimo posto dove vivo che sta venendo svenduto ad affaristi senza scrupoli. Esattamente come tante altre valli in ogni angolo del pianeta. Dove la bellezza viene distrutta nel nome del progresso.

Sulla scia di tutti questi pensieri ho deciso dunque di venire ad Amburgo a manifestare. Per me venire qui è stato prima un dovere che un diritto.

Ho ritenuto giusto oppormi a queste scellerate politiche che stanno spingendo il mondo verso il baratro.

Ho ritenuto giusto battermi perché qualcosa sia almeno un po’ più umano, dignitoso, equo.

Ho ritenuto giusto scendere in piazza per ribadire che la popolazione non è un gregge, e nelle scelte essa deve essere interpellata.

La scelta di venire ad Amburgo è stata una scelta di parte. La scelta di stare dalla parte di chi chiede diritti e contro chi li vuole togliere. La scelta di stare dalla parte di tutti gli oppressi del mondo e contro gli oppressori. La scelta di combattere i potenti grandi e piccoli che usano il mondo come fosse un loro gioco. Incuranti che poi a farne le spese sia sempre la popolazione.

Ho fatto la mia scelta e non ho paura se ci sarà un prezzo da pagare ingiustamente.

Tuttavia c’è anche un’altra cosa che voglio dirvi, che voi mi crediate o meno: a me la violenza non piace. Però ho degli ideali e per questi ho deciso di battermi.

Non ho finito.

In un’epoca storica in cui dovunque nel mondo si alzano nuove frontiere, si stende nuovo filo spinato, si alzano nuovi muri dalle Alpi al Mediterraneo, trovo meraviglioso che migliaia di ragazzi da ogni parte d’Europa siano disposti a scendere insieme nelle strade di un’unica città, per il proprio futuro. Contro ogni confine. Con l’unico comune intento di rendere il mondo un posto migliore di come l’abbiamo trovato.

Perché signora giudice, signori giudici popolari, signora procuratrice, signor assistente del tribunale per i minori, perché noi non siamo il gregge di venti signorotti. Siamo donne e uomini che vogliono avere il diritto di disporre delle proprie vite.

E per questo combattiamo e combatteremo.

(Dichiarazione resa da Fabio Vettorel. all’udienza del 7 novembre 2017 al Tribunale di Altona ad Amburgo)

E’ entrato questa mattina nel vivo, nell’aula dell’Amtsgericht di Altona, il processo a Fabio Vettorel, proprio nel giorno in cui si compie il quarto mese di carcerazione per il diciannovenne studente di Feltre (Belluno). Fabio rimane l’unico italiano ancora detenuto ad Amburgo per la partecipazione alle giornate di protesta del luglio scorso contro il vertice del G20.

La sua condizione è tanto più paradossale, considerato il fatto che si tratta del più giovane tra gli attivisti arrestati in quell’occasione, addirittura giudicato come «minorenne» secondo il diritto penale tedesco. Lo studente è imputato di reati di modesta entità, quali il «disturbo alla quiete pubblica», il «tentativo di causare danni mediante mezzi pericolosi» (lancio di oggetti) e la «resistenza a pubblico ufficiale». Maggiorenni con simili imputazioni sono stati condannati con la condizionale e subito rilasciati. Da questo punto di vista la sua detenzione preventiva ha assunto il carattere di una vendetta punitiva e, per molti aspetti, di un trattamento discriminatorio.

Il processo, dopo un primo tentativo di ricusare il magistrato giudicante che già aveva negato il rilascio di Vettorel, inizierà oggi con la testimonianza di sei poliziotti presenti al suo arresto. Secondo la sua avvocata, Gabriele Heinecke, finora le autorità tedesche non sono riuscite a produrre alcuna prova specifica sul coinvolgimento del giovane nelle «azioni criminali» di cui è accusato. Fabio starebbe pagando la semplice presenza a Rondenbarg, là dove la polizia ha caricato senza giustificazione un gruppo di manifestanti che si stava dirigendo ai blocchi intorno alla «zona rossa» del Summit.

Sul caso è intervenuta anche Amnesty International che ha severamente criticato, come contrario alle stesse raccomandazioni del Consiglio d’Europa, l’uso della detenzione preventiva, ritenuta «non strettamente necessaria» di fronte all’assenza del rischio di fuga e alle caratteristiche personali dell’imputato, a cominciare dalla giovane età. Per questo Amnesty ha chiesto, fin dall’ottobre scorso, il «rilascio di Fabio Vettorel in attesa del processo» e, quanto meno, di valutare l’applicazione di misure alternative al carcere nei suoi confronti, così come per gli altri detenuti del G20.

Domenica pomeriggio, nel quadro della campagna UnitedWeStand, oltre duecento persone hanno dato vita ad Amburgo a un rumoroso presidio davanti al carcere di Billwerder. Al termine centinaia di pallocini, rossi e neri, sono volati in aria oltre le mura della prigione. Un benaugurante messaggio di libertà, in attesa che il castello delle accuse crolli e che anche l’incubo di Fabio, insieme agli altri ancora ostaggi dei «Venti Grandi», finisca. (Beppe Caccia da il manifesto)

Jamila Barone, madre di Fabio, ai microfoni di Radio Onda d’Urto per un aggiornamento sulla fase processuale. Ascolta o Scarica.