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Notte di terrore a Beirut

Impossibile fornire un bilancio delle vittime dei bombardamenti israeliani. Il quartiere di Dahiyeh è un cumulo di macerie

A dare la misura dei pesantissimi bombardamenti israeliani di ieri pomeriggio sul quartiere sud di Dahiyeh è l’assenza di un bilancio delle vittime. Dentro le sei palazzine ridotte in polvere vivevano centinaia di persone. Non si trovano. Il lavoro dei soccorritori è un’impresa quasi impossibile, di fronte a un simile cumulo di macerie.

Beirut è terrorizzata: la notte appena trascorsa non ha dato tregua, i raid sono proseguiti durissimi dopo l’ordine di evacuazione emesso ieri sera dall’esercito israeliano per la zona sud della capitale. Ordini esattamente identici a quelli che a Gaza conoscono da mesi e che non sono per niente garanzia di salvezza. Perché le bombe cadono comunque, sganciate dagli F16 israeliani in piena violazione dello spazio aereo di un paese sovrano. Pesanti raid sono in corso anche a est, nella valle della Beka’a. Hezbollah risponde con i razzi sulla cittadina israeliana di Sa’ar.

L’obiettivo, dice Israele, era il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Da oltre trent’anni a capo del partito-milizia sorto a metà negli anni Ottanta dopo – e in conseguenza di – l’invasione israeliana del Libano, stamattina è stato dato per morto da Tel Aviv. Pochi minuti fa sui canali social dell’esercito si annunciava la «mission accomplished»: i bombardamenti di ieri sul quartier generale di Hezbollah hanno ucciso il suo leader.

«Il messaggio è semplice – ha detto in una nota il capo di stato maggiore Herzi Halevi – a chiunque minacci i cittadini di Israele: sappiamo come raggiungerli». Senza farsi scrupoli né preoccuparsi di rispettare le regole del diritto internazionale: anche bombardando per dodici volte con 85 mega bombe anti-bunker una delle zone a più alta densità del Libano, Beirut. E cancellando un intero blocco residenziale. Oggi tanti libanesi, commentando le immagini dell’enorme buco tra i palazzi, si chiedevano sui social che differenza ci fosse con il Ground Zero newyorchese.

Sulla possibile morte di Nasrallah il movimento sciita non commenta ancora, per alcuni una conferma silenziosa, per altri la solita tattica dell’attesa. Intanto parla l’Iran, convitato di pietra (pochi minuti fa è stato reso noto il trasferimento del leader supremo Ali Khamenei in una località sconosciuta e considerata più sicura): chiede al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di fermare «gli orribili e senza precedenti crimini israeliani in Palestina e Libano» e accusa gli Stati uniti di complicità. Da parte sua Washington insiste, ancora oggi, a dire di non essere stata informata dall’alleato israeliano dell’intenzione di bombardare Beirut in quel modo. Da capire se sia più imbarazzante ammettere di non averne idea, visto il sostegno militare e diplomatico fornito a Tel Aviv, o fingere inconsapevolezza proprio nelle ore successive allo show di Netanyahu alle Nazioni unite, con il premier israeliano che ha ordinato l’attacco da un hotel statunitense.

Intanto, mentre da ieri in molte città israeliane si festeggiava, la situazione nel paese dei cedri è disastrosa. Il bilancio delle vittime è fermo a poco più di 700 e migliaia di feriti, non tiene conto dei raid di ieri e quelli odierni. Tra le vittime tantissimi bambini, donne e almeno undici medici. Gli sfollati dal sud del paese e dal sud di Beirut sono 250mila, numero probabilmente al ribasso. (fonte il manifesto)

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