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Omicidio Aldrovandi, 21 querele per i commenti sulle responsabilità della polizia

Il caso Aldrovandi continua a far discutere. Oggi presso il Tribunale di Modena numerose persone che espressero giudizi sull’operato della polizia riguardo la morte di Federico Aldrovandi avvenuta il 25 settembre 2005, dovranno rispondere del reato di diffamazione. Nello specifico sono state portate avanti delle querele da parte del questore dell’epoca e di altri funzionari della questura per alcuni commenti giunti sul blog che Patrizia Moretti, madre di Federico, ha aperto il 2 gennaio 2006. I giudizi riguardavano le pesanti responsablità, poi acclarate, della polizia nella morte del ragazzo di 18 anni che hanno portato alla condanna di 4 agenti
Enzo Pontani, Monica Segatto, Paolo Forlani, Luca Pollastri, giudicati responsabili della morte del ragazzo.

«Sono querele partite due o tre anni fa – dice al telefono Patrizia Moretti – e in buona parte e arrivano dal questore che poi è stato trasferito a Modena una settimana prima della manifestazione nazionale che abbiamo fatto ad un anno dalla scomparsa di Federico, poi le altre querele arrivano da agenti coinvolti e dagli stessi 4 condannati, diverse arrivano da Angeletti (l’ispettore Capo al quale erano state affidate le indagini in un primo momento ndr) o da altre persone che in questura in quel momento erano vicine agli imputati».
Ora il giudice dovrà decidere se rinviarle a giudizio, «sul blog – spiega la madre di Federico Aldrovandi – c’erano delle valutazioni, alcune contengono la parola assassini rivolta agli imputati che poi sono stati condannati per questo, quindi secondo me queste querele dovrebbero finire archiviate, poi ci sono diverse forme che loro considerano di diffamazione e sono tutte le motivazioni che hanno portato al processo bis che è appena cominciato per i depistaggi e tutti i favoreggiamenti vari da parte di funzionari della questura per coprire quello che avevano fatto i loro colleghi».
Il trascinarsi di questa tragica vicenda riapre delle ferite che sembrano in qualche modo lenite dalla condanna dei poliziotti, la stessa sentenza pareva aver messo la parola fine alla storia diventata paridgmatica di come possano essere condotte delle indagini quando – scriveva il giudice: « siano coinvolti in esse soggetti, organi e apparati dello Stato, a partire dall’apertura di un blog per tenere alta l’attenzione e la tensione pubblica sullo sviluppo delle indagini ma anche per alimentare un indagine parallela che in certi momenti la famiglia Aldrovandi ha ritenuto di dovere promuovere attraverso i suoi legali».
Il riconoscimento anche da parte del giudice della necessità di mantenere aperta una finestra sulla verità, ora proprio questo strumento viene messo in dubbio. «Queste querele – afferma Patrizia Moretti – secondo me, visto che ci dovrebbe essere la libertà di stampa e di comunicazione, fanno parte della loro strategia intimidatoria».
fonte: Ami-Agenzia Multimediale Italiana




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