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Omicidio Cucchi, le accuse del Pm: «I carabinieri diedero dati falsi al ministro Alfano sulla morte del ragazzo»

Mattinata cruciale per il processo sulla morte di Stefano. Intanto un nuovo filone d’indagine lavora sui nomi che potrebbero aver contribuito all’inquinamento probatorio 

Il pm titolare del fascicolo di indagine sulla morte di Stefano Cucchi ha aperto il dibattimento di oggi con un nuovo deposito di atti.

I documenti sono relativi in particolare alle indagini interne fatte nel 2009 e, dice il pm, dimostrano che fin dal principio i dati furono falsati in modo che tutti gli elementi raccolti finissero per mettere sotto accusa gli agenti della penitenziaria che avevano portato il ragazzo in aula per la convalida del fermo.

Cucchi,  il pm: «I carabinieri diedero dati falsi al ministro Alfano sulla morte del ragazzo» foto 2

 Il depistaggio, dice Musarò, sarebbe partito dopo le 15.38 del 26 ottobre 2009, cioè dopo le dichiarazioni di Luigi Manconi e Patrizio Gonnella riprese dall’Ansa che sintetizzavano le parole del padre di Stefano (l’uomo ha sempre detto che il ragazzo stava bene la sera della perquisizione e invece arrancava all’udienza di convalida).

Alle 16.46, un’ora dopo i fatti, viene chiesto dalla Compagnia Casilina al comando provinciale indicazione su come muoversi. Da li sarebbero state create annotazioni  «mai date ai pm ma al ministro Angelino Alfano, che si è trovato a mentire a sua insaputa davanti al parlamento»:

«L’appunto è stato mandato il 3 novembre – dice ancora Musarò – sulla base degli atti arrivati al comando provinciale». Quei documenti, però, erano bacati. E, conseguentemente, il ministro Alfano «dichiara il falso» e sulla base del suo racconto è partita una «difesa a spada tratta dell’Arma».

Quali sono i punti sui quali si mente? Almeno tre dice il pm: 1. Cucchi è la versione fasulla, è stato collaborativo nel corso del fermo; 2. Si omette il passaggio nella compagnia Casilina; 3. al momento dell’ arresto il ragazzo non stava bene.

Le coincidenze con la perizia sbagliata

Non solo. L’elemento ancor più paradossale, dice ancora il magistrato, è la coincidenza tra gli atti confezionati dai carabinieri,che molto si sbilanciano sulle condizioni di salute di Cucchi, e la perizia che poi consegnerà al tribunale il perito, professor Arbarello. Anche qui gli elementi poi rivelatisi falsi sono tre ma appunto, la cosa sospetta è che questi siano poi tutti finiti nella relazione peritale, sebbene gli atti dei carabinieri facessero parte di un carteggio diretto esclusivamente al ministero dell’Interno:

«Viene detto che Cucchi aveva dichiarato di essere anoressico, invece  nel corso dell’udienza di convalida ha dichiarato di essere celiaco e anemico – spiega Musarò –  si parla di una frattura risalente nel tempo mal curata, ma la vertebra interessata sarà segata durante la perizia, si parla di un attacco epilettico avvenuto nella Caserma di Tor sapienza, ma il carabiniere di guardia ha sempre dichiarato che non c’era stato alcun attacco».

Dopo le dichiarazioni del pm è iniziata la testimonianza del generale Vittorio Tomasone. Quella di oggi è l’udienza clou del processo per la morte di Stefano Cucchi quella che si apre questa mattina 27 febbraio davanti alla Decima sezione del tribunale di Roma. A testimoniare è il più alto ufficiale coinvolto nella vicenda, il generale Vittorio Tomasone, attualmente comandante del gruppo interregionale dell’Arma, ma all’epoca dei fatti comandante del gruppo provinciale di Roma. Tutto ciò che è accaduto in seguito alla notte del fermo di Stefano, avvenuta tra il 15 e il 16 ottobre 2009, è stato coordinato da lui ed è per questo che la parte civile, Ilaria Cucchi, ha chiesto che fosse sentito, d’accordo con il pm Giovanni Musarò.

Cucchi,  il pm: «I carabinieri diedero dati falsi al ministro Alfano sulla morte del ragazzo» foto 1

Proprio sulle verifiche successive alla morte di Stefano Cucchi si sta concentrando il nuovo filone di indagine che procede parallelamente al processo. La tesi a cui lavora la procura – sostenuta dall’acquisizione di atti modificati o parziali redatti quella notte e da diverse iscrizioni al registro degli indagati – è che nomi anche importanti della scala gerarchica abbiano contribuito ad omettere o cancellare prove decisive lasciando così che la prima indagine si concentrasse sugli agenti della polizia penitenziaria, poi assolti. Al momento, è iscritto al registro degli indagati per falso Alessandro Casarsa, all’epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma e dunque l’ufficiale che riferiva direttamente a Tomasone.

Secondo la testimonianza del tenente colonnello Antonio Cavallo, fu Casarsa che diede indicazione ai comandanti delle stazioni coinvolte (com’è noto quella notte Cucchi passo in più di una stazione del quadrante Roma Sud, anche se il pestaggio sarebbe avvenuto durante il fotosegnalamento) di modificare le relazioni per eliminare ogni elemento che potesse far anche solo sospettare che qualcuno sapesse qualcosa o avesse segnalato situazioni anomale. Tomasone ha sempre dichiarato di non aver mai saputo nulla di quanto era accaduto a Cucchi ed ha a lungo sostenuto l’estraneità dell’intera Arma ai fatti. Nel corso dell’udienza di oggi, però, dovrà dare spiegazioni davanti ad una mole di indizi  che si è fatta parecchio corposa.

Sara Menafra

da Openonline