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Omicidio Cucchi: Le vergognose bugie del ministro La Russa

La tragica agonia di Stefano Cucchi si era appena conclusa. Il suo corpo era stato sottoposto all’autopsia, dalla quale emergevano – inequivocabili – i segni di un brutale pestaggio. Le immagini del suo volto tumefatto e deformato parlavano del resto da sole. Nessuna inchiesta era in quel momento aperta, nè lo sarebbe stata se non si fosse imposta la tenacia dei familiari, di una sorella per nulla disposta a piegarsi alle reticenti, grottesche spiegazioni di quanti, in quei giorni, ebbero Stefano nelle loro mani. Lo stagno si sarebbe richiuso se anche questa volta, come tante altre, la stampa si fosse lasciata distrarre o depistare. Eppure, già in quelle ore, con la rapidità con cui si infiamma una coda di paglia, il ministro La Russa – senza nulla sapere – scagionava i carabinieri, sulla parola, da ogni responsabilità. Ma il caso montava, inesorabilmente. E La Russa taceva. Era invece costretto a parlare l’altro ministro, quello della giustizia, Angelino Alfano, il quale, riferendo al Senato, dopo aver ammesso che il ragazzo «non doveva morire», ha subito fatto propria la tesi secondo cui sarebbe stato Stefano stesso a rifiutare idratazione e alimentazione, trascurando di riferire ciò che emerge dai referti infermieristici e cioè che Stefano si opponeva perchè pretendeva – come suo diritto – di parlare prima con l’avvocato di fiducia, negatogli sin dall’inizio. Non una parola sulle botte, solo un invito alla magistratura a procedere celermente. Ora, la commissione di indagine del Senato presieduta da Ignazio Marino rivela che quando Stefano Cucchi fu consegnato al carcere di Regina Coeli portava già le «lesioni gravi» che l’esame autoptico avrebbe poi rilevato. Eppure La Russa ancora tace. A lui interessa soltanto la difesa ad oltranza della Benemerita: non del corpo, ma di ogni suo singolo membro. Sempre e comunque. A dispetto della verità e della giustizia, concetti relativi. E sacrificabili.