Le dichiarazioni spontanee rese ieri dal generale Alessandro Casarsa non hanno convinto il gup Antonella Minunni che, dopo tre udienze, ha rinviato a giudizio gli otto carabinieri accusati a vario titolo dalla procura di Roma di aver depistato le indagini e nascosto il pestaggio a cui fu sottoposto Stefano Cucchi.
L’ex comandante dei Corazzieri e comandante del Gruppo Roma nel 2009, quando il geometra romano venne picchiato dai carabinieri che lo arrestarono e dopo una settimana morì, ha respinto le accuse di aver coperto le correzioni dei verbali e le sparizioni di annotazioni di servizio, e di aver predeterminato gli esiti delle prime perizie medico legali (sbagliate) sul corpo di Cucchi.
Casarsa ha poi tirato in ballo il generale Vittorio Tomasone che in qualità di comandante provinciale dell’Arma il 30 ottobre 2009 aveva indetto una riunione con tutti i protagonisti della vicenda: «Mai sentito parlare di modifiche fatte alle relazioni di servizio. Per me la vicenda è iniziata a partire dal 27 ottobre quando ho chiesto al colonnello Cavallo di raccogliere le relazioni di servizio realizzate da chi era entrato in contatto con l’arrestato per uno spaccato della vicenda. Nell’interrogatorio di gennaio, poi, mi fu chiesto dal pm come fossi stato a conoscenza di alcuni dati medici, poi inseriti in una mia annotazione datata 30 ottobre 2009 nella quale davo alcune indicazioni di carattere medico. Non ricordavo all’epoca quale fosse la mia fonte poi ho ricostruito la vicenda e oggi posso affermare che il pomeriggio del 30 ottobre 2009, dopo la riunione, sono tornato al Comando provinciale dove ho avuto queste indicazioni che poi le ho dettate al colonnello Cavallo. In merito a questa vicenda – ha sottolineato il generale – al comando provinciale, il contatto che io avevo come comandante del gruppo era con il comandante provinciale».
Oltre a Casarsa, nel processo – il quarto sul caso Cucchi – che si aprirà il 12 novembre e che vedrà tra le parti civili anche il ministero della Difesa,l’Arma e il carabiniere Riccardo Casamassima, il primo che si ribellò all’omertà di corpo e per questo, a suo dire, infangato e demansionato, saranno imputati il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del nucleo operativo di Roma, accusato di omessa denuncia; Francesco Cavallo, all’epoca dei fatti capoufficio del comando del Gruppo Roma; Luciano Soligo, già comandante della Compagnia Montesacro; Massimiliano Colombo Labriola, ex comandante della stazione di Tor Sapienza; Francesco Di Sano, all’epoca in servizio a Tor Sapienza; Tiziano Testarmata, già comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo e il carabiniere Luca De Cianni.
Esulta Ilaria Cucchi, sorella di Stefano: «Questo è un momento storico estremamente significativo. È tutto merito di Riccardo Casamassima, grazie a lui siamo arrivati fin qui. Dieci anni fa, mentre ci sbattevamo in processi sbagliati, non potevamo nemmeno immaginare quello che stava avvenendo alle nostre spalle e sulla nostra pelle. Oggi per quel motivo qualcuno sarà costretto a risponderne in un’aula di giustizia».
Eleonora Martini
da il manifesto