Il «supertestimone» che avrebbe visto Stefano Cucchi pestato dagli agenti della polizia penitenziaria è stato trasferito da Regina Coeli a una comunità per il recupero dei tossicodipendenti, dove è agli arresti domiciliari. S. Y., di nazionalità senegalese, era senza fissa dimora. I pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy negli avvisi di garanzia consegnati agli agenti della penitenziaria accusati di omicidio preterintenzionale, scrivono che rimanendo a Regina Coeli poteva «subire pressioni psicologiche finalizzate alla ritrattazione ovvero al mutamento delle precedenti dichiarazioni». La testimonianza di S.Y, sarà assunta in incidente probatorio la prossima settimana. Poco tranquillizzante, anche se pretenderebbe il contrario, la presa di posizione del Sappe, nel giorno in cui prende il via anche l’inchiesta interna all’amministrazione penitenziaria: «È opportuno che si valuti bene l’attendibilità di tutti i testimoni, soprattutto di coloro che potrebbero avere interessi a mentire. Siamo sicuri che magistrati e giudici, verso i quali abbiamo la massima fiducia, valuteranno attentamente». Lo ha affermato il segretario del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Giovanni Battista Durante, aggiungendo: «Non siamo dei mafiosi, la polizia penitenziaria è un’istituzione capace anche di far pulizia al proprio interno, qualora ce ne fosse bisogno, e lo abbiamo dimostrato anche arrestando qualche appartenente al Corpo che nel corso della sua attività ha infranto la legge. Pertanto – conclude Durante – siamo anche capaci di proteggere chi dovrebbe testimoniare contro appartenenti alla polizia penitenziaria».Da parte sua uno degli agenti accusati, Nicola Minichini, si discolpa così: «Ma quali botte, quale pestaggio? A quel ragazzo abbiamo offerto anche il caffè, una sigaretta. Stava male e abbiamo chiamato il medico: dopo l’udienza se l’era presa con i carabinieri che lo avevano arrestato. Noi lo abbiamo preso in consegna da loro quando è arrivato, e poi lo abbiamo dato in consegna alla scorta».
fonte: Liberazione
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