«Serena troverà finalmente pace, dopo più di 17 anni» ha commentato ieri Guglielmo Mollicone, padre della diciottenne di Arce, nel frusinate, scomparsa il primo giugno del 2001 e ritrovata cadavere due giorni dopo nel bosco di Fonte Cupa ad Anitrella con un sacco in testa, stretto con nastro adesivo, carta in bocca, mani e piedi legati.
La relazione dei carabinieri con la perizia dei Ris è stata depositata lunedì scorso e fa luce su un mistero rimasto per oltre un decennio insoluto, anche grazie ai depistaggi.
Sono iscritti nel registro degli indagati l’ex comandante dell’Arma di Arce, Franco Mottola, insieme con la moglie e il figlio, tutti accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Altri due carabinieri, allora in servizio, sono sospettati di concorso morale nell’omicidio (Vincenzo Quatrale) e favoreggiamento (Francesco Suprano).
La famiglia di Serena per due volte si è opposta alla richiesta di archiviazione: «La verità sta uscendo fuori, ho sempre avuto il timore che potessero anche scappare, magari con passaporti falsi. Ora devono pagare», il commento del padre della ragazza.
Secondo quanto emerso dalla perizia dei Ris, Serena Mollicone sarebbe stata colpita negli alloggi in disuso della caserma al culmine di una lite. Probabilmente la ragazza era andata a denunciare attività illecite a cui aveva assistito che avrebbero coinvolto il figlio del comandate della stazione. Il corpo sarebbe stato spostato dove poi è stato trovato: si sarebbero accorti solo nel boschetto che la ragazza non era morta e avrebbero deciso di asfissiarla con il sacchetto legato sulla testa.
La perizia indica una compatibilità tra lo sfondamento della porta dell’alloggio della caserma dei carabinieri di Arce e la frattura cranica riportata da Serena Mollicone. Dura l’accusa del padre: «Non è stato soltanto il figlio dell’ex comandante, come sostengono gli inquirenti nell’informativa, perché il giovane potrà avere anche avuto uno scatto d’ira ma la mia bambina poteva essere salvata. Serena ha perso tanto sangue, è morta dopo 4 o 5 ore non per il colpo ricevuto ma per il sacchetto in testa. Per me la colpevolezza è anche dei genitori. Colpevoli di sicuro moralmente anche i militari presenti che l’avranno sentita urlare e non sono intervenuti».
Adriana Pollice
da il manifesto