A Ghedi la conferenza stampa per presentare il provvedimento deposto in Procura da cittadini e associazioni pacifiste
di Emanuele Giordana
Oltre una ventina di associazioni del movimento pacifista italiano hanno reso noto ieri, davanti alla Base militare di Ghedi (Brescia), di aver depositato una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma. La denuncia è siglata individualmente da 22 cittadini, singoli e associazioni, e chiede di verificare la presenza di ordigni nucleari in territorio italiano e di accertarne l’illegalità sulla base della normativa interna e internazionale. Gli inquirenti dovrebbero dunque chiarire le responsabilità anche penali che ricadono su coloro che hanno importato gli ordigni e/o su chi, illegittimamente, ne ha eventualmente autorizzato l’importazione e lo stoccaggio.
ALLA FORMULAZIONE della denuncia ha lavorato un pool di avvocati: la denuncia per conto degli assistiti è stata presentata da Joachim Lau e Claudio Giangiacomo dell’Associazione di giuristi specializzati in Diritto Internazionale (Ialana) mentre Ugo Giannangeli è il portavoce dei denuncianti. La denuncia è figlia di una campagna di un’area del pacifismo italiano che ha preventivamente chiesto uno studio a Ialana per avere un parere legale. L’atto si basa proprio sulle osservazioni di un dossier autofinanziato tradottosi nel saggio Parere giuridico sulla presenza di armi nucleari in Italia.
La denuncia sostiene che la presenza di questi ordigni sul territorio italiano può considerarsi certa anche se mai ammessa ufficialmente e le fonti sono molteplici: si menziona per esempio il lavoro nel 2021 di un’associazione di ricercatori, studiosi e giornalisti (Bellingcat) che dimostra che mentre i governi europei si ostinano a rifiutare ogni informazione, le forze armate statunitensi usano applicazioni per memorizzare i dati necessari alla custodia degli ordigni e di come le schede di queste applicazioni siano diventate casualmente di dominio pubblico.
L’ITALIA ha sottoscritto nel 1975 il Trattato di non proliferazione ma non ha firmato e ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari approvato nel 2017 dall’Assemblea generale dell’Onu. Ma anche in questo caso la denuncia sostiene che l’illegalità è certa. Del resto, per legge, l’Italia ne può consentire solo un transito temporaneo su richiesta degli alleati.
Le associazioni firmatarie sono tante e molte le sigle cattoliche di peso come Papa Giovanni XXIII o Pax Christi. Ma spiccano anche assenze rilevanti come Ican, Rete italiana pace e disarmo o Tavola della pace. Lisa Clark, voce nota e trasversale del pacifismo italiano, spiega al manifesto che: «Anni fa, avevamo già tentato la via legale, e con alcuni degli stessi avvocati. Oggi però, con le tante attività in corso per “Italia, ripensaci” e per coordinare le azioni in vista della Conferenza degli Stati parti del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari che si tiene a New York a novembre, c’era già un’agenda pienissima con cui stiamo rafforzando la via legale nel contesto del diritto internazionale».
Assai meno morbido Francesco Vignarca, portavoce della Rete italiana pace e disarmo il cui commento segna una frattura: «Preciso che io e il gruppo che lavora con me sul #DisarmoNucleare non abbiamo nulla a che fare con la denuncia presentata, piena di errori di contenuto e impostata in maniera approssimativa e controproducente».
da il manifesto
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