Soffriva di cleptomania, caduto accidentalmente è morto nel carcere romano di Regina Coeli. Doveva scontare un residui di pena di un anno. Alla fine del 2016 i detenuti dai 60 anni in su sono 4000 di cui ben 715 hanno superato i settant’anni
La memoria va al film di Vittorio De Sica, ma questa storia è, purtroppo, molto diversa da quella che ha avuto come protagonista un signore di 80 anni, morto domenica nel carcere romano di Regina Coeli. Nel film di De Sica il protagonista, derubato della sua bici, diventa per necessità ladro, ma viene subito beccato e si salva da un linciaggio grazie al pianto del figlio. Il detenuto morto a Regina Coeli era soprannominato il “ladro di biciclette”, perché nel corso della sua vita ne aveva rubate migliaia. Ma sembra che non lo facesse per necessità: era affetto da cleptomania. Agiva soprattutto nel quartiere Prati e sembrerebbe che negli ultimi anni ne abbia rubate tantissime. Al punto da essere spesso detenuto a Regina Coeli. Malgrado il suo problema e la sua avanzata età, era recluso per scontare un residuo di pena di un anno. Sabato pomeriggio, mentre era nel reparto di medicina del carcere, accidentalmente è caduto, riportando delle gravi ferite. Trasportato in ospedale, le sue condizioni sono peggiorate e domenica mattina è morto.
A darne notizia è stato il segretario generale aggiunto Cisl Fns, Massimo Costantino, che denuncia da tempo le condizioni di sovraffollamento del carcere romano dove sono reclusi 909 detenuti, ben 287 in più rispetto ai 622 previsti. Per il sindacalista «occorrono misure diverse per detenuti che hanno una certa età che, compatibilmente alla gravità del reato, dovrebbero espletare la loro pena in altre strutture e certo non penitenziarie». Il sindacalista, infine, aggiunge: «Occorre segnalare che persiste il sovraffollamento anche a livello regionale con 973 detenuti in più, considerato che 6.208 risultano essere i detenuti nei 14 Istituti del Lazio al 31 marzo 2017, rispetto a una capienza regolamentare di 5.235. Pur apprezzando le nuove normative in tema di esecuzione penale, istituendo il nuovo Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità, i risultati concreti tardano ad arrivare».
La notizia della morte del detenuto ottantenne smentisce un luogo comune secondo il quale dopo una certa età non si vada più in carcere. Dai dati, messi a disposizione dal Dap, risulta che alla fine del 2016 i detenuti dai 60 anni in su sono pari a 4000. Di cui ben 715 hanno superato i settant’anni d’età. Sempre più anziani si danno al crimine, perché la necessità di superare le ristrettezze economiche può spingere a commettere reati. Secondo i dati recenti dell’Istat, la maggioranza degli anziani che vengono arrestati, sono coloro che hanno commesso reati minori come la detenzione degli stupefacenti o piccoli furti.
Si arriva così a casi drammatici, al limiti del grottesco, come quello del pensionato genovese che, per arrotondare, si era ridotto a custodire un chilo di cocaina per conto di una gang di spacciatori albanesi. Oppure, l’anno scorso, il caso di un ottantaduenne arrestato per il furto di un film in dvd da 8 euro, commesso nel lontano 2008. Fu emessa una condanna per “rapina aggravata” perché aveva contestualmente strattonato una commessa, arrecandole lesioni guaribili in quattro giorni. Avrebbe potuto chiedere la sospensione della pena, ma se ne era dimenticato di farlo tramite l’avvocato. Altri sono i casi con protagonisti degli ottantenni incarcerati a distanza di anni per reati non gravi. L’ 81enne Emanuele Rubino di Genova, in dialisi e già vittima di un infarto, nel 2011 era stato condannato a 34 giorni di libertà vigilata per aver “insultato un vigile urbano” che lo aveva multato. Ma Rubino avrebbe violato la misura ed è stato perciò portato in carcere a febbraio scorso, dove però – grazie al tam tam via web dove è diventato simbolo di una ingiustizia – non ha trascorso tutti i 17 giorni mancanti e ai primi di marzo, per fortuna, è stato liberato. Altro caso, riguarda Stefanina Malu, una anziana di 83 anni che era reclusa nel carcere sardo di Uta per detenzione di droga. Aveva problemi fisici, non riusciva a deambulare e più volte era stata portata all’ospedale. Dopo anni, finalmente, le era stata data la detenzione domiciliare. Aveva fatto appena in tempo ad essere accudita dalla figlia, che si sentì male tanto da essere condotta, d’urgenza, con un’ambulanza in ospedale. Nonostante l’impegno del personale sanitario, l’anziana donna non ce l’ha fatta ed è morta.
Damiano Aliprandi da il dubbio