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Il pacchetto di Minniti è liberticida, copia le peggiori destre. E sbaglia

La sinistra, o presunta tale, che copia la destra populista su temi fondamentali come sicurezza e immigrazione. Una storia che viene da lontano. Una storia perdente. Eppure una storia che continua a ripetersi. Questa volta ad assumere tale paradigma è il ministro degli Interni, Marco Minniti. L’uomo che lo scorso sabato avrebbe sventato, insieme al questore Marino, un ipotetico piano dei black bloc per distruggere Roma, di cui ancora oggi non esiste traccia né prova al di là delle campagne allarmistiche dei media.

 L’unica certezza resta il fermo preventivo – in stile Minority Report – di 122 persone che volevano andare in piazza a manifestare. Condotti negli uffici di polizia di Tor Cervara per l’orientamento ideologico (come recita un articolo della Costituzione ai più sconosciuto). Per Minniti “è stata una bella giornata per l’Italia e l’Europa”.
Mentre il Giornale si compiaceva, il giorno dopo, del suo operato, finalmente un uomo col pugno duro contro gli attivisti (e la libertà di manifestare): “C’è finalmente un ministro, al Viminale, e ieri se ne sono accorti tutti. Roma non è stata messa a ferro e fuoco da no global o black bloc, il vertice europeo non è stato devastato dal temuto attentato terroristico, cani sciolti e kamikaze si sono tenuti alla larga, ad antagonisti e facinorosi di qualche centri sociale è stata messa la museruola”. Qui, in questo caso, Voltaire non va più di moda. Ma chi è Minniti, questo ministro che prende i complimenti della stampa destrorsa e populista per la sua gestione di piazza?
Storico dalemiano, tra la cerchia dei fedelissimi, poi veltroniano, ora è renziano doc. Negli ultimi anni, per il Pd, è diventato l’uomo dei servizi. Marco Minniti ha alle spalle una vita nella politica e nelle istituzioni. Classe 1956, da giovanissimo si iscrive alla Figc per compiere il consueto percorso dei postcomunisti: Pds, Ds e Partito democratico. Eletto deputato per la prima volta alle elezioni del 2001, nel 2006 entra a far parte del governo Prodi che lo nomina viceministro dell’Interno.
Nel 2009 diventa presidente e animatore della Fondazione Icsa (Intelligence culture and strategic analysis) mentre alle elezioni politiche del 2013 viene eletto al Senato e nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega proprio ai servizi segreti nel governo Letta e successivamente Renzi. Adesso è il nuovo inquilino del Viminale. Aneddoto vuole che, nei ritagli di tempo libero, scappi appena possibile al Circolo Montecitorio, con le sue racchette, per giocare a tennis con la propria scorta. Un giocatore tosto. Così ha scelto la linea dura anche da ministro.

Da poco ha presentato il suo piano, pensato insieme al ministro Orlando, che si muoverà in due direzioni: il primo pacchetto di misure sull’immigrazione, il secondo sulla sicurezza urbana.

Provvedimenti che, tra i molteplici aspetti, prevedono la riapertura di nuovi Cie; lo stanziamento di 19 milioni di euro per il potenziamento dei rimpatri, attraverso accordi con Sudan, Libia, Mali e Nigeria; l’eliminazione del secondo grado di giudizio in caso di diniego dell’istanza di domanda; l’introduzione dei lavori socialmente utili per i richiedenti asilo. Poi la parte sul decoro urbano, dove si apre ai Daspi e a ordinanze che mirano a colpire più i poveri che la povertà, nell’era delle enormi disuguaglianze sociali.

Sembra essere tornati nella fase dei sindaci sceriffo: sanzioni contro coloro che praticano accattonaggio, che rovistano tra i rifiuti (a Roma, tra l’altro, l’unico modo per praticare la raccolta differenziata), sequestro di merci e attrezzature, e in più la confisca amministrativa, per i venditori ambulanti. Poi hanno tratti discutibili l’arresto “in flagranza” dopo 48 ore (ossimoro) e, infine, la reintroduzione di alcuni aspetti della Fini/Giovanardi dichiarati incostituzionali che ritornano nell’art. 13 di questo pacchetto sicurezza. Più una guerra ai tossicodipendenti che alle tossicodipendenze.

In un’intervista al Corriere Minniti ha spiegato come questo provvedimento serva per non regalare l’Ue alle destre xenofobe e razziste: “Bisogna essere decisi e severi in materia di gestione dei flussi migratori, per non lasciare spazio alle destre e ai populismi che altrimenti vincerebbero ovunque e distruggerebbero l’Europa”.

Siamo alle solite. Minniti parla come se non ci fossero stati gli ultimi 20 anni. Come se tali principi non avessero poi portato allo snaturamento delle socialdemocrazie europee. Come dimenticarsi, per esempio, che i dirigenti del centrosinistra italiano sono stati i primi a precarizzare il mondo del lavoro o a proporre le detenzioni come risposta agli esodi massicci e inarrestabili di migranti? Come dimenticarsi del pacchetto Treu? Come dimenticarsi delle guerre umanitarie in Kosovo?

Dopo il trentennio glorioso per le ragioni del lavoro e dell’avanzamento dei diritti, dopo le prime avvisaglie liberiste con il tatcherismo e il reaganismo, dal 2000 sono stati proprio i socialisti europei ad attaccare e smantellare i diversi sistemi di Stato sociale. La destra ha continuato su un terreno già ben concimato. La sinistra ha fatto da apripista per misure che, oltre a non funzionare in termini elettoralistici perché hanno spianato la vittoria delle destre, sono anche del tutto inefficaci. Difficili, se non impossibili, da applicare.

Il pacchetto sicurezza prevedrebbe sanzioni amministrative per chi dorme sulle panchine della stazione. Bene, quella persona che per dormire per strada è evidentemente povera e disperata, veramente avrà la possibilità di pagare una multa? Non credo. “Sicurezza è libertà”, dice Minniti sottovalutando che il suo piano rischierà di essere invece liberticida e che non porterà a nessuna sicurezza per i cittadini. Quale differenza sostanziale tra il suo provvedimento e quello di un ipotetico populista?

Se si accetta il piano delle peggiori destre, si ha già perso da un punto di vista socio-culturale. Su quel piano non si può competere. Su Repubblica sorprendeva un commento molto quotato, sotto l’articolo che esplicitava il piano Minniti-Orlando: “Questi sono degli incapaci, i clandestini vanno rispediti al volo a casa e chi commette reato venga punito come si deve! Lo Stato italiano è alla frutta! Finirà male!”.

Finirà male, le avvisaglie ci sono tutte. E Minniti, l’uomo forte del Viminale, ha imboccato la strada sbagliata: dice di voler fermare le destre populiste, senza rendersi conto che così le avvantaggia e basta. La sicurezza, che tutti i cittadini pretendono, è in un’altra direzione: ci vuole più politica – per gestire alcuni delicati fenomeni – e meno misure liberticide.

Giacomo Russo Spena da huffingtonpost.it