Menu

Pacchetto sicurezza: 90 modifiche ai codici

La sicurezza fa il pieno di nuovi reati e di ritocchi a illeciti già esistenti. In un anno, sommando il Ddl approvato la settimana scorsa alla Camera e i due decreti legge già in vigore, per ben novanta volte si è intervenuti su norme cardine dell’ordinamento, dal Codice penale al Testo Unico sull’immigrazione.
Oltre a ribadire la spinta repressiva contro microcriminalità e immigrazione clandestina, il Ddl conferma lo spirito dell’intero impianto. Il tutto secondo un’impostazione che vede i sindaci in prima linea, a fianco della forza pubblica: non solo come utenti del sistema di repressione dei reati, ma titolari di compiti e poteri precisi. Ed è sfruttando questo spazio di manovra sfruttando che i sindaci hanno già emanato più di 700 ordinanze.
Novanta, come la paura. O come il pacchetto sicurezza governativo, che raggiunge la soglia della cabala quanto a numero di reati nuovi di zecca o modificati. Infatti, sommando il Ddl approvato la settimana scorsa alla Camera agli altri due provvedimenti in tema di sicurezza già in vigore (Dl 92/08 e 11/09), per ben novanta volte si è intervenuti su norme cardine dell’ordinamento, dal codice penale al testo unico in materia di immigrazione.
L’evoluzione dei compiti
Il Ddl ora all’esame del Senato è infatti solo l’ultima tessera, sebbene la più estesa, di un mosaico che ha cominciato a prendere forma uh anno fa, quando il governo Berlusconi ancora in fasce approvò il decreto legge n. 92 che conteneva la prima risposta all’emergenza criminalità, e poi proseguito con il Dl 11/09, quello sullo stalking. Oltre a ribadire la spinta repressiva contro microcriminalità e immigrazione clandestina, il Ddl conferma il dna dell’intero impianto. Che vede i sindaci in prima linea, a fianco della forza pubblica. Non solo come utenti del sistema di repressione dei reati, ma titolari di compiti e poteri precisi.Vero è che il grosso della “competenza penale” dei sindaci sia attribuito con il primo provvedimento (in vigore dal 26 luglio 2008) che ne ha ampliato, innanzitutto, il potere di ordinanza. È sfruttando questo nuovo spazio che si sono moltiplicate le ordinanze. L’Anci, Associazione nazionale dei comuni, ne ha registrate quasi 700) come ad esempio quelle contro le lucciole. Un secondo strumento è stato poi messo nelle mani dei primi cittadini con il decreto legge in vigore dal 25 aprile scorso che permette ai comuni di utilizzare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Dalle ronde…
Ora il cerchio si chiude con le ultime disposizioni che assegnano ulteriori poteri alle amministrazioni comunali. Il principale e più discusso dei quali riguarda la possibilità di avvalersi delle cosiddette ronde per segnalare agli organi di polizia (anche municipale) eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale. Una specificazione forse superflua, quella che limita alla “segnalazione” lo spazio di manovra, anche perché il testo unico delle leggi di ps prevede l’obbligo di intèrvento solo per i soggetti autorizzati (vale a dire gli agenti di pubblica sicurezza).
Ai “buttafuori”
Insieme alle ronde, rispuntate dopo che erano state cassate dal Dl 92, il disegno di legge tenta di riportare nei ranghi anche i “buttafuori”. Gli addetti alla security dei locali di intrattenimento, come avviene per i componenti delle ronde, dovranno essere iscritti in appositi elenchi tenuti in prefettura. Qui i sindaci non entrano in gioco, ma è innegabile che la regolamentazione, nei fatti, sia un elemento di garanzia anche per loro, specialmente nel controllo delle zone ad alta concentrazione di locali aperti fino a notte inoltrata.
Immigrazione
Il personale del Comune incrocia poi anche le norme sull’immigrazione. Ad esempio, sono stati dimezzati i tempi, da un anno a sei mesi, per la cancellazione dall’anagrafe dello straniero con permesso di soggiorno scaduto. Sempre in tema di anagrafe, in caso di richiesta di iscrizione o di variazione, gli uffici competenti possono verificare le condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente abita. L’emendamento del governo ha attenuato la portata originaria della norma che, invece, prevedeva l’obbligo di controllo. Dello stesso tenore l’attribuzione ai municipi del potere, finora nelle mani delle Asl, di accertare il rispetto dei requisiti di abitabilità dell’alloggio dello straniero che chiede il ricongiungimento.
Andrea Maria Candidi
Il Sole 24 Ore