Il Papa risponde all’appello contro l’estradizione degli esuli in Francia
- gennaio 20, 2022
- in misure repressive
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Luciano Vasapollo lo scorso dicembre ha consegnato a Papa Francesco, e illustrato durante l’incontro, un appello a favore degli italiani rifugiati a Parigi, dei quali dopo oltre 40 anni viene ora chiesta l’estradizione.
E Papa Francesco, trascorsi una decina di giorni, ha fatto pervenire una risposta firmata a suo nome da uno dei più alti responsabili della Segreteria di Stato, che si riferisce alla “vicenda giudiziaria causa di preoccupazione per diverse persone e per le loro famiglie” per auspicare che si possano realizzare “le legittime aspirazioni di ciascuno, ispirando nel rispetto della giustizia gesti concreti di reciproca comprensione e riconciliazione”.
La risposta del Vaticano è molto chiara: anche senza prendere una posizione esplicita sulla questione giudiziaria (cosa impossibile, stanti le “relazioni tra Stati”, Francia e Vaticano), Francesco è vicino alle preoccupazioni delle famiglie di persone che sono state lontane dalla loro patria per oltre 40 anni e che, in questo momento, in Francia, hanno dimosSegreteria di Stato, che si riferisce alla “vicenda giudiziaria causa di preoccupazione per diverse persone e per le loro famiglie” per auspicare che si possano realizzare “le legittime aspirazioni di ciascuno, ispirando nel rispetto della giustizia gesti concreti di reciproca comprensione e riconciliazione”.La risposta del Vaticano è molto chiara: anche senza prendere una posizione esplicita sulla questione giudiziaria (cosa impossibile, stanti le “relazioni tra Stati”, Francia e Vaticano), Francesco è vicino alle preoccupazioni delle famiglie di persone che sono state lontane dalla loro patria per oltre 40 anni e che, in questo momento, in Francia, hanno dimostrato di essere entrati nella società come padri e madri responsabili e cittadini attivamente coinvolti nel trato di essere entrati nella società come padri e madri responsabili e cittadini attivamente coinvolti nel settore sociale.
E ha fatto sapere, tramite il professor Luciano Vasapollo, vicepresidente dell’Associazione Padre Virginio Rotondi per il giornalismo di pace (che promuove il giornale Faro di Roma) e rappresentante della “Rete di artisti e intellettuali per la difesa dell’umanità“, di essere a conoscenza di “una preoccupante vicenda giudiziaria per diversi individui e le loro famiglie” e auspica che “le legittime aspirazioni di ciascuno possano realizzarsi, ispirando gesti concreti di comprensione reciproca e di riconciliazione nel rispetto della giustizia”.
Queste parole sono ancora più comprensibili alla luce di un nuovo intervento del Papa contro l’ergastolo e a favore della redenzione dei prigionieri, che sembra riferirsi anche al caso dei rifugiati in Francia di cui Vasapollo gli ha parlato.
All’udienza generale, nell’Aula Paolo VI, infatti, nei catechesi dell’udienza del mercoledì, il Papa ha sottolineato che “non ci può essere condanna senza una finestra di speranza“, riferendosi ovviamente all’ergastolo, che considera incompatibile con l’etica cristiana e con la civiltà giuridica, come ha ripetuto in più occasioni.
E si è ispirato alla parabola del Padre misericordioso, per ricordare “in modo speciale i nostri fratelli e sorelle che sono in prigione“.
È giusto – ha sottolineato – che chi ha sbagliato paghi per il suo errore, ma è altrettanto giusto che chi ha sbagliato possa fare ammenda per il suo errore.
Insomma, il Papa invoca il rifiuto di una giustizia vendicativa, e nella sua catechesi si riferisce alla parabola contenuta nello stesso Vangelo di Luca quando osserva che “in questa parabola, oltre all’esperienza del peccato e del perdono, si sottolinea anche come il perdono raggiunge la persona che ha sbagliato”.
Il testo dice: “Quando era ancora molto lontano, il padre lo vide e gli venne incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”.
“Il figlio si aspettava una punizione, una giustizia che al massimo avrebbe potuto dargli il posto di uno dei servi, ma si ritrova avvolto nell’abbraccio del padre. La tenerezza è qualcosa di più grande della logica del mondo”, ma “è un modo inaspettato di fare giustizia”.
Illustre signore,
in occasione dell’udienza generale del primo dicembre corrente ha fatto pervenire al Santo Padre espressioni di deferente ossequio e informando circa una vicenda giudiziaria causa di preoccupazione per diverse persone e per le loro famiglie, ha unito in dono una pubblicazione.
Papa Francesco che ha apprezzato il Cortese omaggio e i sentimenti di devozione che lo hanno suscitato, ringrazia per il premuroso gesto e assicura un ricordo nella preghiera per Lei e per quanti a Le stanno a cuore, affinché la bontà di Gesù Re di pace accordi e esaudisca le legittime aspirazioni di ciascuno, ispirando nel rispetto della giustizia gesti concreti di reciproca comprensione e riconciliazione.
Il Sommo Pontefice mentre invoca la celeste intercessione della Vergine Maria Madre della Speranza, è lieto di inviare la Benedizione Apostolica accompagnata dall’augurio di un Santo Natale
Con sensi di distinta stima
Monsignor L. Roberto Cona, assessore”
La risposta del Papa costituisce senza dubbio un evento inedito anche in relazione a fatti del passato che si richiamano allo stesso tema, a cominciare da quando nel 2005 Giovanni Paolo secondo davanti alle camere riunite chiese un provvedimento di clemenza per i detenuti. Col risultato di essere lungamente applaudito ma senza che i politici poi assumessero iniziative concrete.
Della lettera del Papa resa nota dal professor Vasapollo non ha parlato nessun giornale. Le parole del Pontefice da un lato potrebbero rivelarsi utili per la sorte dei rifugiati soprattutto se non venissero ignorate dal ministro Cartabia e dal presidente Mattarella entrambi protagonisti nella vicenda delle richieste di estradizione inoltrate alla Francia. Dall’altro lato va considerato che la situazione generale in riferimento a possibili provvedimenti di clemenza appare molto peggiorata sia rispetto al 2005 sia rispetto agli anni precedenti.
Replicando a una persona con la quale si confronta da tempo Papa Francesco ha lanciato una sorta di sasso nello stagno auspicando una soluzione. Per la prima volta un Pontefice accenna alla storia della sovversione interna degli anni ‘70. I toni e i contenuti, tanto per fare un altro esempio, sono molto diversi da quando Paolo VI chiedendo alle Br di rilasciare Moro “senza condizioni” chiuse in pratica il caso decretando la morte dell’ostaggio