Non più di due settimane fa, si è verificato in Brasile un disastro ecologico senza precedenti nella storia del paese: la diga di un gigantesco deposito di fanghi tossici prodotti dalle miniere (ferro, mercurio, arsenico…ecc) si è rotta invadendo il corso d’acqua e i terreni circostanti di un’ampia regione, non lontana da Rio de Janeiro, per giungere fino all’oceano. Qualcuno ha parlato di “Fukushima brasiliana”, ultimo capitolo di una lunghissima lista di grandi disastri che costella come un ombra rimossa la storia lunga del sistema capitalistico: Chernobyl, Seveso, Bhopal, vari incidenti petroliferi, prima ancora la distruzione di interi ecositemi per l’impianto forzato di monoculture (rese possibili dalla parallela introduzione forzata dello sfruttamento schiavistico della forza-lavoro), prosciugamento di interi bacini idrici (fiume Giallo, lago Aral)…
Quest’immagine è la rappresentazione plastica del disastro quotidiano in cui viviamo, dove una parte consistente (destinata ad aumentare in termini assoluti e relativi) della popolazione mondiale si riproduce e si riprodurrà sempre più tra rifiuti, nocività e scarsità d’accesso alle risorse primarie per la vita.
“System Change Not Climate Change!” dicono da qualche anno i movimenti, individuando con metodo la sorgente del problema. In molte città del mondo si sono tenute e si stanno tenendo in queste ore mobilitazioni contro la Conferenza Globale sul Clima che quest’anno si tiene a Parigi, una delle città più iper-blindate e securizzate del mondo che, dopo gli attentati di due settimane fa, ha visto istituzionalizzare di fatto lo stato d’emergenza.
Nei giorni scorsi (fino alle ultime 24 ore) si sono svolte numerose perquisizioni, fermi (gardes-a-vue) e arresti domiciliari ai danni di decine di compagn* e attivist*. Carovane giunte da diversi angoli della Francia (tra tutte, quella partita dalla zad di Notre-Dame-des-Landes) sono state ripetutamente fermate, ostacolate nella loro marcia.
Oggi nella capitale francese si stanno svolgendo più iniziative in un clima surreale, tra catene umane rigorosamente confinate sui marciapiedi e scarpe ammucchiate per simboleggiare le presenze vietate dalla Rèpublique.
Ma un assembramento meno propenso ad accettare i divieti si è comunque dato appuntamento in Place de la Repubblique per manifestare contro la gestione capitalistica globale del clima e contro lo stato d’emergenza varato da Hollande e Valls con il sostegno dei media e l’acquiescenza passiva e terrorizzata dell’opinione pubblica.
Almeno 3000 persone si sono concentrate nella e ai bordi della piazza, sfidando un dispositivo di controllo poliziesco senza precedenti. Molto velocemnete (intorno alle 14.30) sono iniziati a piovere i lacrimogeni sui manifestanti indisponibili a vievere nel terrore del prossimo attentato o della prossima catastrofe climatica