Sovraffollamento, solitudine, carenza di personale, condizioni disumane: già 28 detenuti suicidi e 3 agenti penitenziari dall’inizio dell’anno, ma prosegue l’inerzia del governo. L’orrore delle celle carcerarie si aggrava, e con esso il conteggio macabro dei suicidi.
di Damiano Aliprandi da il dubbio
Da quando è iniziato il nuovo anno, sono già 28 i detenuti che si sono tolti la vita, con l’ultimo tragico episodio avvenuto nella notte di martedì presso la Casa Circondariale di Cagliari. Parliamo di un giovane trentaduenne arrivato a Uta dalla libertà solo il 30 marzo e si è impiccato nella sua cella rendendo vano il pur immediato intervento della Polizia penitenziaria e dei sanitari. Al drammatico elenco dei suicidi vanno aggiunti anche i tre agenti della polizia penitenziaria.
Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, che ha segnalato il suicidio di Cagliari, non nasconde la sua costernazione e la ferma denuncia di fronte a questa tragedia inarrestabile. “L’ennesimo morto “per impiccagione” nelle nostre galere – denuncia il sindacalista -, dove ormai si va incontro a una pena di morte di fatto, si inserisce in un quadro di crisi inarrestabile se non con interventi immediati e d’impatto che prendano atto dell’emergenza forse davvero senza precedenti, quanto meno a guardare il numero record di coloro che si tolgono la vita”. E aggiunge: “Il sovraffollamento detentivo, con 14mila detenuti oltre i posti regolamentari, la carenza di operatori, alla sola Polizia penitenziaria mancano 18mila unità, e le molteplici altre deficienze strutturali, infrastrutturali, d’equipaggiamento e organizzative non sono fronteggiabili con azioni ordinarie”.
Anche Irene Testa, garante regionale delle persone private della libertà della Sardegna, esprime sgomento e impotenza di fronte all’indifferenza delle istituzioni. “Mi unisco al resto della comunità penitenziaria nel senso di sbigottimento e di impotenza davanti all’indifferenza delle Istituzioni, del governo, del Parlamento, del ministro della Giustizia”, dichiara la garante. E sottolinea: “Muoiono le persone in questo modo quando vengono meno le istanze di una civiltà del diritto”. Le parole di Susanna Marietti di Antigone sono altrettanto gravi e rivelatrici. “Abbiamo trasformato le carceri in contenitori di disperazione. Non di criminalità, ma di disperazione”, afferma Marietti, aggiungendo che le carceri, sempre più disperate, lo dimostrano nel modo più drammatico possibile. Ma dove risiede la colpa di questa tragedia umana? La coordinatrice nazionale di Antigone individua un problema sistemico: “Da almeno un paio di decenni, e sempre di più, li stiamo usando per rinchiudere tutti coloro con cui non vogliamo compartire il nostro benessere, chi è portatore di un disagio sociale che avrebbe bisogno di risorse e di attenzioni per essere affrontato”.
Ricordiamo che in commissione Giustizia prosegue l’iter per l’approvazione della proposta di legge avanzata da Roberto Giachetti di Italia Viva. A tal proposito, qualche giorno fa, è stata sentita informalmente Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino. Ringraziando il Presidente e l’intera commissione per aver messo all’ordine del giorno la discussione su questa importante tematica, ha sottolineato l’urgente necessità di affrontare il problema del sovraffollamento carcerario. Ha citato i dati recenti forniti dal ministero della Giustizia, che indicano un numero record di quasi sessantuno mila detenuti, mentre i posti regolamentari effettivi sono poco più di quarantasette mila, portando il tasso di sovraffollamento al 128%.
Rita Bernardini ha evidenziato le gravi conseguenze del sovraffollamento sulla vita carceraria e sul trattamento dei detenuti ai fini del reinserimento sociale. Ha sottolineato la mancanza di personale qualificato nelle carceri, inclusi agenti di polizia penitenziaria, educatori e psicologi, il cui numero è drasticamente insufficiente rispetto alle necessità. Bernardini ha citato l’aumento dei suicidi in carcere come, con prospettive allarmanti per l’anno in corso. Ha proposto una serie di misure per affrontare il problema, inclusa la proposta di legge per aumentare i giorni di liberazione anticipata nei confronti dei detenuti che hanno avuto un buon comportamento. Tuttavia, ha ammesso che questa misura, se approvata, non risolverebbe completamente il problema del sovraffollamento. Bernardini ha quindi esortato a considerare l’amnistia e l’indulto come soluzioni più radicali, anche se riconosce che le modifiche costituzionali rendono queste opzioni difficili da attuare. Resta il dato oggettivo che i suicidi sono un grido d’allarme che si leva dall’interno delle mura dei penitenziari, un grido che richiede non solo l’attenzione delle autorità, ma azioni immediate e significative per affrontare questa crisi umanitaria senza precedenti. L’indifferenza non è più un’opzione, e l’urgente necessità di riforme strutturali e politiche penali consapevoli è più evidente che mai. Ogni vita persa è un grido di dolore e di speranza tradita, un monito che non può più essere ignorato.
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