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Per la Procura di Roma avere con sè durante una manifestazione la lista dei legali costituisce indizio a partecipare ad attività illegali.

L’Unione Camere penali denuncia il comportamento della Procura di Roma che ritiene che premunirsi di una lista di legali cui affidare la tutela dei propri diritti nel corso di una manifestazione di piazza costituisca grave indizio di partecipazione ad attività illegali. La delibera di protesta dell’Unione.

 

GIUNTA DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE
Delibera del 30 ottobre 2013
La Giunta dell’Unione Camere Penali Italiane
premesso
– che nella richiesta di convalida e di applicazione di misura cautelare nei confronti delle sei persone arrestate durante la manifestazione tenutasi a Roma il 19 ottobre scorso, il P.M. ha così argomentato in ordine al pericolo di reiterazione del reato: “tutti i fermati avevano a seguito contatti (appunti manoscritti e prestampati) utili a reperire eventuali difensori di fiducia. Il dettaglio, prima facie scevro ed insignificante, in realtà risulta fondamentale per la completa interpretazione del profilo dei fermati, i quali, presumibilmente intenzionati fin dal principio a commettere azioni illecite, accettando il rischio di poter eventualmente essere fermati dalle FFPP, avevano già pre-individuato avvocati/strutture utili a sostenere la propria difesa”;
– che i citati appunti manoscritti e prestampati sono stati sequestrati con decreto di perquisizione e sequestro del PM nel quale si legge: “l’elenco dei difensori, numeri telefonici e siti web per il supporto legale evidenziano la previsione di eventuali azioni di violenza poi poste in essere dagli arrestati che avevano già individuato tutti gli strumenti idonei a sostenere la difesa in caso di fermo/arresto”;
– che il G.I.P. ha respinto la richiesta di convalida dell’arresto e non ha emesso alcuna misura cautelare;
accertato
che nei giorni precedenti la manifestazione, un sito web legato agli organizzatori aveva indicato, in caso di fermo o arresto o di altre necessità legali, il nominativo di diversi avvocati romani, quali disponibili ad assistere i manifestanti in generale, fornendo due numeri di telefono che non erano di nessuno dei legali indicati, ma degli animatori dello stesso sito;
considerato
– che è oramai consuetudine che determinate manifestazioni di piazza siano seguite da avvocati pronti ad intervenire ove i dimostranti siano fatti oggetto di palese violenza o di atti illegittimi da parte delle forze dell’ordine;
– che a tal fine è operativo un “Legal Team” nel quale detti avvocati, anche stranieri, sono organizzati;
– che i soprusi, le violenze, quando non addirittura vessazioni, nei confronti dei cittadini fermati durante il G8 di Genova ed ancor prima a Napoli, sono stati accertati con sentenze passate in giudicato;
– che, in particolare, nella famigerata caserma di Bolzaneto, il divieto di colloqui fra i fermati e i loro difensori disposto dalla Procura genovese consentì agli agenti di perpetrare ogni genere di violenze per più di 36 ore;
– che quanto sopra costituisce la dimostrazione più evidente della legittimità dell’attività svolta dai “Legal Team”, atteso che rientra nei doveri degli avvocati quello di sorvegliare anche fuori dai processi che le Autorità rispettino i diritti civili delle persone;
– che l’Unione valorizza tale dovere degli avvocati, dispiegando peraltro la propria attività politica nella raccolta di firme per una legge ad iniziativa popolare ed in audizioni parlamentari affinché il reato di tortura sia inserito nel nostro codice penale;
osservato
• che le violenze subite in passato dai manifestanti (sulle quali, si ripete, la sentenza è definitiva) rendono palesi le ragioni di cautela che inducono gli stessi – e tra loro proprio quelli meno animosi e più vulnerabili – ad assicurarsi di avere un avvocato al fianco nel caso di coinvolgimento in retate indiscriminate conseguenti a possibili disordini;
• che, viceversa, nella vicenda in esame, il P.M. si è avventurato nella congettura di ragioni opposte ed implausibili, approfittando per ammantare di sospetti la relazione tra cittadino ed avvocato, così finendo per trasformare quello che è un rapporto professionale molto delicato, e funzionale a rendere operativo il diritto costituzionale di difesa, in un opaco patto di connivenza;
• che tale metodo argomentativo accusatorio appare offensivo e peraltro applica alla funzione difensiva un metro di giudizio opposto rispetto ad altre normali attività precauzionali, quali l’aver predisposto ambulanze ai fianchi del corteo o la decisione del questore di liberare i posti letto degli ospedali per fronteggiare eventuali ricoveri massicci di manifestanti;
• che dunque, a prescindere dal merito dei fatti oggetto di accertamento giudiziario, nei quali com’è tradizione l’Unione non entra minimamente, le motivazioni del P.M., significativamente non recepite dal Gip, appaiono discendere da un pregiudizio verso il diritto di difesa in sé e per sé considerato, e come tali vanno respinte e stigmatizzate;
esprime
viva protesta per le argomentazioni usate dal P.M. di Roma negli atti sopradescritti, con riferimento alle citate considerazioni che denotano un pregiudizio negativo di fondo verso la funzione difensiva;
riserva
ogni iniziativa nel caso in cui tale inaccettabile atteggiamento dovesse persistere;
dispone
trasmettersi la presente delibera al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ed al Presidente del Consiglio dell’Ordine Avvocati di Roma.
Roma, 30 ottobre 2013
   Il Segretario                                                                                    Il Presidente

Avv. Vinicio Nardo                                                                           Avv. Valerio Spigarelli