Perché lasciare morire Raffaele Cutolo in regime di tortura del 41 bis?
- agosto 04, 2020
- in 41bis, Lettere dal carcere
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La gente fuori ha diritto di sapere cosa accade dentro un carcere.
Le parole della moglie di Raffaele Cutolo, Immacolata Iacone, dette al Consiglio Direttivo di Nessuno Tocchi Caino, mi hanno molto colpito: “Portatelo dove si possa curare altrimenti mettete la sedia elettrica, sarebbe meglio del 41 bis”.
Perché farlo morire in carcere in quelle condizioni? Non capisco! Se queste parole hanno colpito me che sono cattivo perché lascia indifferenti i buoni con la fedina penale pulita? Molti addetti ai lavori dicono che la sua organizzazione non esiste più. E allora perché? Nel senso comune della stragrande maggioranza delle persone chi commette un reato non solo deve andare in carcere, ma deve anche soffrire, insomma deve ricevere altrettanto male di quello che ha fatto. E questo avrebbe anche senso, anche se non sono d’accordo, se servisse a dare sollievo alle vittime dei reati, ma purtroppo la vendetta, anche quando è prevista dalla legge, quasi sempre fa più male a chi la invoca che a chi la riceve. Giustizia non dovrebbe voler dire vendetta, ma compassione verso chi ha fatto del male. È la compassione che ti fa sentire colpevole e ti fa uscire il senso di colpa, non certo il regime di tortura del 41 bis o la “Pena di Morte Viva” (l’ergastolo) che, invece, alla lunga ti fanno sentire innocente, anche se non lo sei.
In nome della lotta alla mafia, o della finta sicurezza, ormai nelle nostre “Patrie galere” sta succedendo di tutto, boss in disuso vecchi e malati lasciati morire come vegetali, ergastolani entrati giovani destinati a marcire in carcere, suicidi, pestaggi e torture, malasanità ecc. Molti professionisti dell’antimafia pensano che questo sia l’unico modo per sconfiggere le organizzazioni criminali, ma ne dubito molto se siamo ancora a scrivere e parlare di questi fenomeni. Piuttosto penso il contrario, credo che certe reazioni esclusivamente punitive, senza nessuna speranza, rafforzino la cultura deviante, come da decenni sta accadendo. D’altronde la mafia è una mentalità, una cultura e anche se a molti può sembrare strano, si può essere mafiosi senza commettere nessun reato, anzi molti di loro spesso ormai fanno finta di lottare contro questi fenomeni. Insomma, a mio parere, lo Stato nel contrastare questi fenomeni sta sbagliando tutto, una pena vendicativa, e che faccia esclusivamente male, fa male soprattutto ai cittadini, che pagano le tasse per alimentare la cultura deviante e mafiosa. Penso che la pena dell’ergastolo sia una pena stupida e inutile, che distrugge il presente e il futuro a chi lo sconta e non dia vita a nessuna vita. È disgustoso essere contro l’abolizione dell’ergastolo per solo consenso sociale o politico e citare in modo strumentale le vittime, perché come dice Agnese Moro, figlia di Aldo Moro: “La sofferenza dei colpevoli non allevia il dolore delle vittime”.
Credo piuttosto che alle vittime dei reati interesserebbe far uscire ai colpevoli il senso di colpa per il male fatto e penso che questo sia più facile con una pena che faccia bene e che dia speranza, altrimenti il carnefice si sentirà a sua volta vittima, senza chiedersi mai quanto dolore ha inferto, ma rimanendo perennemente concentrato sul suo.
Lasciare morire Raffaele Cutolo in regime di tortura del 41 bis, esclusivamente per il suo passato, per lo Stato sarebbe una sconfitta morale, perché in certi ambienti sarebbe un segnale -negativo- che lo Stato è più disumano e cattivo di loro.
Carmelo Musumeci