Tortura al carcere di Santa Maria Capua Vetere, altri 41 agenti indagati
Il 7 novembre si aprirà il processo per i primi 107 poliziotti davanti alla Corte d’Assise
di Eleonora Martini
Altri 41 agenti di Polizia penitenziaria sono stati iscritti nel registro degli indagati, con l’accusa di atti di tortura, dal procuratore aggiunto Alessandro Milita e dai sostituti Alessandra Pinto e Daniela Pannone che indagano sulla «orribile mattanza», come la definì allora il Gip, del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta).
Malgrado alcune telecamere che risultarono inspiegabilmente spente proprio in quel giorno in alcune zone del penitenziario, le immagini dei pestaggi riprese da altre videocamere hanno permesso alla procura di Capua Vetere di identificare altri tra quel centinaio di poliziotti che ancora mancavano all’appello e che comparivano, con casco e manganelli, mentre infierivano sui reclusi.
Per quei fatti, ad aprile scorso, tra gli allora 120 indagati, sono stati rinviati a giudizio 107 persone tra agenti e funzionari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, e il processo si aprirà il prossimo 7 novembre davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Non per tutti, però: 3 di loro, 3 poliziotti, hanno patteggiato e chiesto il rito abbreviato. Per questi nei prossimi giorni si terrà l’udienza preliminare davanti al Gup Pasquale D’Angelo. Nell’inchiesta sono rientrati anche i 15 indagati per la morte del detenuto algerino Lakimi Hamine, che secondo alcuni testimoni subì violenze il 6 aprile 2020 ma morì il 4 maggio 2020 dopo molti giorni di isolamento. Inizialmente la sua morte venne classificata come suicidio dal Gip Sergio Enea che la stralciò dal fascicolo, per poi reintegrarla dopo il ricorso della procura.
Mentre la direttrice del carcere della «mattanza», Elisabetta Palmieri, è stata sostituita dal Dap più di un anno fa, non tanto per quei fatti a cui la responsabile del carcere si è sempre detta estranea (e infatti non è indagata) ma per una irregolarità commessa durante una visita ispettiva della senatrice del M5S Cinzia Leone (si fece sostituire dal «suo compagno, soggetto estraneo all’amministrazione», motivò il capo del Dap Petralia).
Ora, con difficoltà gli inquirenti hanno individuato attraverso le immagini altri 41 agenti accusati a vario titolo di aver partecipato al linciaggio. E così la procura ha chiesto e ottenuto dal Gip la proroga delle indagini per poter identificare anche gli altri. Di questi 41 pubblici ufficiali indagati, 27 sono attualmente in servizio al carcere napoletano di Secondigliano, 4 in quello di Avellino e 10 ancora a Santa Maria Capua Vetere.
Nel processo che inizierà il 7 novembre il Garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, si è costituito parte civile «e il mio legale, l’avvocato Francesco Piccirillo, mi ha confermato – ha spiegato Ciambriello che fu tra i primi a denunciare le violenze – che questa richiesta di proroga delle indagini rappresenta un ulteriore riscontro non solo della fondatezza della mia denuncia e di quella di tanti detenuti, fatte già poche ore dopo le violenze, ma soprattutto del fatto che esiste una volontà ferma da parte dei magistrati di restituire verità e giustizia. Le 41 persone adesso indagate potevano essere riconosciute già molto tempo prima, se solo esistessero sui caschi delle forze di polizia dei numeri o anche segni identificativi, che a mio avviso sono fondamentali non solo per chi entra in tenuta antisommossa nelle carceri, ma anche per chi agisce nelle piazze, durante le manifestazioni sindacali o studentesche».
da il manifesto