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Più armata, più ingiusta e più insicura: L’Italia di Renzi, Salvini e Di Maio

30 giugno, 27 luglio e 17 agosto in meno di due mesi si succedono tre omicidi suicidi perpetrati da ufficiali o agenti di polizia locale o di Stato contro colleghi o familiari rispettivamente operanti a San Donato milanese al Monte Argentario e a Venezia. A essi si aggiungono i suicidi in caserma del 21 giugno a Ponso e 5 settembre a Volpiano di un appuntato scelto e un luogotenente dei Carabinieri.

Colpisce una così frequente successione di morti causate da operatrici e operatori pubblici di sicurezza, senza contare quelli privati quali le guardie particolari giurate. Non sfugge che per questi eventi tragici nessun tg ha realizzato ‘speciali’ e nessun Ministro, Sottosegretario o Sindaco ha annunciato interventi, promesso inchieste o finanziato progetti.

Meglio non considerare i fatti connessi, introdurre il dogma dell’infallibilità e la presunzione assoluta di sanità mentale dei lavoratori della sicurezza. Meglio considerare gli omicidi e i suicidi quali danni collaterali al giusto porto d’armi di forze sempre e solo funzionali a reprimere il terrorismo e la criminalità organizzata.

Il lavoro, così dicono sindacati di categoria e associazioni di settore, è sempre più difficile dal punto di vista materiale e psicologico. Le armi in dotazione sono tutte armi micidiali progettate per la guerra, benché usate in tempo di pace. Armi più pericolose di quelle consegnate anche solo dieci anni fa per l’evoluzione tecnologica e per l’aumento del tiro utile. Armi più pericolose acquistate a seguito di delibere comunali che creano arsenali di mitragliette Skorpion, come è accaduto nel Comune di Venezia.

La formazione alla detenzione delle armi non si è, nel frattempo, evoluta così succede che operatori armati si rechino al poligono di tiro per esercitazioni anche solo tre volte in un anno. Il fatto ancor più preoccupante per la sicurezza delle forze di polizia e di quanti vi entrino in contatto è il supporto psicologico alla detenzione e all’utilizzo dell’arma.

Il servizio psicologico è, infatti, inesistente a livello di polizia locale e stentato a livello di polizia di Stato o di forze militari. Non esistono verifiche approfondite periodiche obbligatorie sulle condizioni di salute mentale.

Il rischio è aumentato da che l’acquisto e la detenzione di armi da fuoco per i privati sono visti con favore, nello spirito del Presidente USA, a seguito di una campagna securitaria sull’autodifesa – più giustamente chiamata privatizzazione della difesa – orchestrata dalle destre con avallo di PD e M5S e contrastata dai compagni di SI, dal gruppo MDP e da pochi altri. L’autorizzazione amministrativa rilasciata dal Questore è sempre più un fatto burocratico non il risultato di un’attenta valutazione della presenza dei requisiti psico/attitudinali. Il certificato rilasciato dai medici dei dipartimenti di Prevenzione USL o dai medici militari, obbligatori solo da qualche anno, non sono sufficienti a chiarire la situazione soggettiva dell’individuo che vi si sottopone. Siamo di fronte all’istigazione all’armamento in un contesto in cui in dieci anni sono triplicate le licenze per il porto d’armi e in cui circa quindici italiani su cento detengono una pistola o un fucile.

Abbiamo scritto che politiche come quelle della riforma delle legittima difesa ‘notturna’ –ovunque perpetrate – “sono criminogene perché aumentano gli omicidi e le lesioni gravi: più facile è procurarsi un’arma più facile è sparare anche per futili o folli.” Siamo stati, purtroppo, facili profeti. Vogliamo un giro di vite sulla libera disponibilità di armi, in generale, e, in particolare, un controllo e un supporto psicologico a quanti professionalmente sono tenuti ad averle. Le polizie tornino a fare prevenzione ed essa può essere svolta anche disarmati.

Contrasteremo, contro il senso comune, pulsioni reazionarie, anche preelettorali, confrontandoci con tutti coloro che non ci stanno a una società militarizzata. La necessità di discutere questi temi  è, dunque, diventata impellente che necessariamente dovrà fare irruzione nel dibattito politico.

Gianluca Schiavon