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Più ergastolo ostativo e carcere duro, più cultura mafiosa

L’ergastolo ostativo è questo: una morte a gocce che annienta la speranza di costruire un futuro, l’idea di poter scegliere una nuova strada – diversa – da intraprendere. La gente lo sa cosa accade dentro il carcere? Mi sono chiesto tante volte. La risposta è no. Ed è per questo che ho cominciato a scrivere, a raccontare cosa accadeva in quelle mura, alte, protette dalle sbarre. La speranza non andrebbe mai negata a nessuno: molti giovani ergastolani, entrati in carcere all’età di 18/19 anni senza poterne più uscire, potrebbero essere salvati”. (“Illuminato Fichera: la libertà nell’era del carcere”, di Daniel Monni e Carmelo Musumeci). Prodotto e distribuito  da Amazon: https://www.amazon.it/dp/1072460440?ref_=pe_3052080_397514860

     Leggo che alcuni europarlamentari italiani hanno dichiarato: “Ci appelliamo al buon senso dei giudici affinché nessun passo venga fatto verso l’abrogazione dell’ergastolo ostativo, una norma che prevede il carcere a vita e il divieto di benefici detentivi per mafiosi, terroristi e stragisti che non abbiano compiuto un percorso di collaborazione”. Rimango sempre meravigliato dell’ignoranza di alcuni politici che invece di lottare per sconfiggere la cultura mafiosa la diffondono e la incrementano. Molti di loro non hanno ancora capito che certi fenomeni criminali non si estirpano solo militarmente ma dando speranza e perdono sociale, per tentare di sconfiggere, o limitare, certi fenomeni criminali. Queste dichiarazioni mi fanno sospettare che la pena dell’ergastolo serva più alla politica per fare finta di lottare contro la mafia che alle vittime delle organizzazioni mafiose. Io penso che nessuna persona dovrebbe essere condannata e maledetta ad essere cattiva e colpevole per sempre, perché la pena dell’ergastolo rende ingiusta e crudele la giustizia più della pena di morte. Credo che una società abbia diritto di difendersi dai membri che non rispettano la legge, ma che sia altrettanto ragionevole che essa non lo debba fare dimostrando di essere peggiore di chi vuole punire. Purtroppo, con l’ergastolo ostativo, questo accade. Penso che il regime di tortura del 41-bis, insieme alle pene che non finiscono mai, non diano risposte costruttive né tanto meno rieducative. Non si può educare una persona tenendola all’inferno per decenni, senza dirle quando finirà la sua pena. Credo che la legalità e la fiducia prima di pretenderle bisogna darle, perché è difficile cambiare e migliorare con uno Stato che ti tortura con il regime del 41-bis e ti dà una pena che non finisci mai da scontare. Posso dire che per me è molto più “doloroso” e rieducativo adesso fare il volontario in una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII (fondata da Don Oreste Benzi) che gli anni passati murato vivo in isolamento totale durante il regime di tortura del 41bis. Trattato in quel modo dalle Istituzioni, mi sentivo innocente del male fatto; ora, invece, che sono trattato con umanità, mi sento più colpevole delle scelte sbagliate che ho fatto nella mia vita. E penso che questo potrebbe accadere anche alla maggioranza dei prigionieri che sono ancora detenuti in quel girone infernale. Sono convinto che anche il peggiore criminale, mafioso o terrorista, potrebbe cambiare con una pena più umana e con un fine pena certo. Non può essere giusto il solo mezzo della collaborazione per uscire dal carcere. Molti non sanno che molti capi delle organizzazioni mafiose hanno collaborato usando la giustizia per uscire dal carcere, mentre altri non possono farlo, o perché sanno poco o per non mettere a rischio i propri congiunti.

Alcuni politici si permettono di parlare a nome delle vittime dei reati, io penso che molte di loro non si accontenterebbero di veder marcire i loro carnefici in carcere ma vorrebbero che uscisse loro il senso di colpa per il male fatto (forse per farli soffrire di più), ma questo può accadere solo se la pena dà una speranza e aiuta a cambiare.

Carmelo Musumeci Ottobre  2019