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I pm dispongono l’autopsia sul corpo di Stefano Dal Corso

Finalmente la Procura di Oristano ha acconsentito sulla base di una nuova testimonianza l’autopsia sul corpo di Stefano Dal Corso. Per sette volte avevano detto di No. Ma un audio accusa: il detenuto è stato ucciso. Cambia il capo di imputazione provvisorio: da omicidio colposo a volontario

Ci sono voluti quattordici mesi e mezzo dalla morte di Stefano Dal Corso, ma alla fine la battaglia per la verità della sorella Marisa e dell’avvocata Armida Decina ha ottenuto un primo risultato: sul corpo del 43enne deceduto il 12 ottobre 2022 nel carcere di Oristano verrà effettuata l’autopsia.

Mercoledì 27 dicembre la procura di Oristano ha comunicato che si farà l’autopsia su corpo di Stefano Dal Corso trovato senza vita nella sua cella del carcere di Oristano il 12 dicembre 2022.

La notizia è stata resa pubblica in una conferenza stampa organizzata all’interno del centro sociale Astra, nel quartiere popolare del Tufello, a Roma, dove Dal Corso è cresciuto. «C’è un’altra novità: insieme alla disposizione dell’esame autoptico è cambiato anche il capo di imputazione provvisorio – ha spiegato Armida Decina legale della famiglia – L’indagine resta sempre contro ignoti, ma l’ipotesi di reato è passata dall’omicidio colposo a volontario».

Per sette volte la Procura si era rifiutata di autorizzare l’autopsia, ma a modificare l’orientamento dei pm sarebbe stata una telefonata registrata da Marisa Dal Corso in cui un anonimo, presentatosi come ufficiale esterno della polizia penitenziaria, racconta che il detenuto è stato picchiato con spranga e manganello .

La sua colpa,  quella di aver assistito a un rapporto sessuale tra due operatori del carcere consumatosi nell’infermeria. Ciò avrebbe scatenato la vendetta violenta. La testimonianza è stata raccolta il 6 novembre e successivamente depositata in procura. Da allora è stata l’unica novità di rilievo sul caso.

Per l’esame sul corpo, che si trova nella cella frigorifera del cimitero romano di Prima Porta, sono state individuate alcune possibili date tra l’8 e il 24 gennaio. I periti medici della procura e quelli della famiglia ne sceglieranno una. Per i risultati definitivi ci vorrà comunque qualche mese, almeno tre.

Stefano era finito nel carcere di Oristano per una serie di sfortunate coincidenze. Prima di essere riportato in carcere a Rebibbia, stava scontando la pena agli arresti domiciliari. In prigione era rientrato per una “evasione” dal suo domicilio (stava portando i suoi cani a spasso a pochi metri da casa). Aveva una figlia a cui teneva molto e con cui scambiava lettere regolarmente. Nell’ultima, inviata il giorno dell’udienza, esprimeva la volontà di rifarsi una vita dopo la detenzione. Proprio per vedere sua figlia, che vive a Oristano con la madre, Stefano aveva infatti chiesto di partecipare all’udienza del suo processo, affrontando il viaggio da Rebibbia al carcere di Massama. Mentre era a Oristano in attesa dell’udienza, Stefano è morto. Le richieste di autopsia presentate dalla famiglia sono state rigettate più volte dal pubblico ministero, che ha chiesto l’archiviazione del caso.

La sorella, però, non ha mai creduto a tale circostanza. Insieme all’avvocata Armida Decina ha subito denunciato che dal fascicolo mancavano elementi importanti. Per esempio le fotografia del ritrovamento del corpo o quelle dello stesso privo di vestiti, necessarie ad avere un’idea più precisa sulle cause della morte. Per stabilire le quali, comunque, è necessaria l’autopsia.

 

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