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Polizie, sicurezza e insicurezze

“Vent’anni dopo Polizia postmoderna  questo libro parte innanzitutto dalle brutalità e torture subite da centinaia di manifestanti mobilitati contro il G8 di Genova. Vi si mostra quindi che queste pratiche sono comuni a tanti operatori delle polizie che sono anche responsabili abituali di fatti criminali diversi in particolare a danno di immigrati e marginali oltre che di presunti sovversivi”. Così Salvatore Palidda presenta il nuovo volume di cui di seguito si riportano le Conclusioni

C’è ovviamente continuità fra le polizie conosciute prima del cosiddetto sviluppo liberista e quelle di oggi, ma ci sono delle differenze molto significative che peraltro si sovrappongono all’ibridazione tra elementi propri alla società dominata dalla logica “meno Stato più mercato” e quelli della pseudo democrazia e della sua eterogenesi.

In quanto fatto politico totale1 la sicurezza e le polizie hanno una funzione specchio, ossia sono rivelatori delle caratteristiche salienti dell’organizzazione politica della società.

La prima caratteristica rilevante delle polizie di oggi, cioè del “mondo” liberista, è che non sono più solo il “braccio armato” del potere politico, ma più che mai anche del potere economico, in particolare a livello locale. In altre parole, su scala locale, le polizie nazionali e municipali rispondono innanzitutto alle richieste e attese della loro popolazione di riferimento e prima ancora degli attori più importanti, a prescindere dalla conformità di queste richieste rispetto alla legge. Cosi le polizie partecipano in prima linea alla regolazione economica e sociale sia che si tratti di reprimere ciò che è irregolare sia che si tratti di mantenere nell’illecito altre situazioni e persone. Esse sono quindi istituzioni sociali decisive rispetto al governo degli illegalismi tollerati e di quelli intollerabili in particolare in questo contesto liberista che accentua e fa proliferare gli illegalismi tollerati a tutti i livelli e in tutti i campi. Tutto ciò è ancor più consolidato dal fatto che gli operatori delle polizie non sono più richiusi in “un’istituzione totale”, nei “corpi separati dello Stato”, ma fanno parte delle diverse comuni cerchie sociali e di riconoscimento morale che si sovrappongono a quelle familiari e professionali. L’operatore delle polizie può quindi essere legalista o deviante, se non delinquente, umanitario o ancora fascista-razzista e sessista, sinceramente vocato a servire lo Stato di diritto democratico oppure propenso o impegnato a favorire gli interessi anche assolutamente illeciti di amici, compari e conniventi vari. Il rapporto dell’agire delle polizie con le norme di legge è sempre aleatorio e ciò in virtù del potere discrezionale che permette anche lo scivolamento verso il libero arbitrio e anche l’anamorfosi del diritto, ossia l’oscillazione dal legale all’illegale e viceversa. L’impunità è di fatto loro garantita insieme all’autonomia di gestione interna dell’istituzione. Non c’è alcuna prevenzione né contrasto efficace ed efficiente della riproduzione sistematica delle deviazioni se non di comportamenti criminali nei ranghi delle polizie perché anche questo fa parte dell’economia oggi liberista e ieri sempre dedita a compiacere i dominanti/gestita a piacimento dai dominanti.

A prescindere dalla sfacciata irrazionalità del loro assetto, le polizie garantiscono il consenso di buona parte della popolazione, che appunto trae beneficio dalla non-protezione di quell’altra parte di popolazione vittima di illegalismi e di crimini che la costringono a condizioni di lavoro e di vita insostenibili. L’assenza di una effettiva protezione regolare, continua e completa delle vittime delle economie sommerse e dei disastri sanitari-ambientali è l’emblematica caratteristica di polizie che di fatto sono lungi da quello che in teoria dovrebbe essere lo Stato di diritto democratico. È stato sempre cosi, ma oggi il liberismo ha ancor di più accentuato questo aspetto: le vittime delle insicurezze ignorate sono aumentate (fatto che corrisponde anche al tasso di economie sommerse e di evasione fiscale e contributiva). Alcuni operatori delle polizie sanno bene che questa è l’amara realtà, ma i loro vertici e le autorità politiche continuano a perseguire l’orientamento che fa comodo ai dominanti a livello nazionale e locale. Le vittime sono di fatto relegate alla categoria di “umanità a perdere”2.

Può esistere una polizia effettivamente democratica? È una domanda ingenua al pari del chiedersi se può esistere un’organizzazione politica della società che non sia più basata sul dominio di pochi sulla maggioranza della popolazione. È ovvio che sin quando si riprodurrà la gerarchizzazione sociale, l’asimmetria di sapere, ricchezza e potere a favore di pochi e a danno dei molti, non ci sarà che una polizia al servizio dei dominanti locali e nazionali, dell’ordine economico e sociale che loro aggrada. C’è Polizie, sicurezza e insicurezze quindi sempre coesistenza di una polizia democratica e di quella reazionaria, della gestione pacifica e di quella violenta.

È anche questo che insegna l’esperienza che stanno vivendo gli Stati Uniti con lo straordinario movimento antirazzista, che, come osserva Alex S. Vitale, non è solo antirazzista e solo contro le violenze della polizia, ma contro tutti quegli aspetti di una società ingiusta che favorisce i ricchi e
peggiora la condizione degli altri3. “La polizia è il volto pubblico del fallimento dello Stato nel provvedere ai bisogni fondamentali delle persone e nel rispondere a questo fallimento con soluzioni che danneggiano ulteriormente le persone”.

In quasi tutte le cita statunitensi continua a svilupparsi una forte mobilitazione che reclama il de-finanziamento della polizia, il suo profondo ridimensionamento e in alcuni casi addirittura la sua abolizione per sostituirla quantomeno a livello locale con operatori sociali appositamente formati. L’avvertimento da parte del movimento popolare alle polizie non solo negli USA, in Francia e in Inghilterra ma anche di tutti i paesi è chiaro: la maggioranza della popolazione non è più̀ disposta a sopportare un potere politico e delle polizie che non solo ignorano i suoi bisogni fondamentali ma reprimono con la violenza ogni rivendicazione. Se si ignora questo avvertimento prima o poi si rischia lo scontro con la maggioranza della società. Aggirarne il significato adottando riforme di facciata conduce solo a ritardare lo scontro, come appunto è avvenuto negli Stati Uniti dove da quarant’anni queste riforme fasulle non hanno cambiato nulla mentre sono aumentati a dismisura arresti, carcerizzazioni e persino omicidi sempre più spesso di neri, ispanici e giovani bianchi giudicati “irrequieti”. Laddove gli operatori sociali e socio-sanitari intervengono assicurando effettiva prevenzione ci sono molti meno omicidi, meno arresti e anche meno reati. Quindi ridimensionare le polizie e sviluppare servizi sociali efficienti è senz’altro la prospettiva che prima o poi si imporrà come la più̀ giusta, razionale e democratica in tutti i paesi. Il potere politico e le polizie che pensano di essere sempre più forti grazie anche alle nuove tecnologie, alla sorveglianza di massa, ai sistemi sofisticati di “incapacitazione”4, non potranno mai evitare rivolte sempre più massicce come appunto sta avvenendo negli Stati Uniti. Le mobilitazioni di massa per un governo locale e nazionale non-repressivo ma capace di occuparsi dei bisogni e problemi della popolazione avranno la forza di cambiare il governo della sicurezza.


  1. L’accezione di “fatto politico totale” qui proposta si rifa a quella di “fatto sociale totale” coniata da Marcel Mauss che riscrive cosi quella di “fatto sociale” definita da suo zio Emile Durkheim, perché quest’ultima rischia di essere meccanicista e quindi determinista (vedi Palidda 2016). ↩
  2. S. Segio, Contro la legge del più̀ forte, “Introduzione” al 18° Rapporto sui diritti globali, Ediesse, 2020 e qui ↩
  3. Vitale è autore del celebre libro The end of Policing e anche coordinatore del Policing and Social Justice Project, che fa parte di un movimento per un bilancio di giustizia a New York: vedi qua; e “Alle radici dell’aumento della brutalità poliziesca delle polizie (in particolare negli Stati Uniti e in Francia)”: qua. Sugli obiettivi del Black Live Matter “Abolire le polizie” e “Abolire le carceri” vedi: Disfare la polizia, qua; “Abolire la polizia”… qua ↩
  4. Si veda in particolare il documentario La società di sorveglianza: 7 miliardi di sospetti: qua (trasmesso da ARTE.tv/it); vi si mostra la possibilità di schedare e sorvegliare tutti, col forte rischio non solo di vivere in un mondo di paranoia totale e patologica ma anche di confondere spesso persone comuni con criminali o terroristi… in tale sistema l’incapacitazione è azionata direttamente dal programma e dai suoi algoritmi (per esempio si impedisce al sospetto di prendere un qualsiasi mezzo di trasporto, di avere un conto in banca ecc.). ↩

Polizie, sicurezza e insicurezza

Presentazione del libro di Salvatore Palidda “Polizie, sicurezza e insicurezza” ne discutono con l’autore: Livio Pepino (ex magistrato, direttore Edizioni Abele, autore di numerosi libri e saggi) Marco Preve (giornalista di Repubblica Genova e autore del libro “Il partito della Polizia)

https://www.youtube.com/watch?v=P52UmmBAJ2w

Polizie, sicurezza e insicurezze

Presentazione, organizzata dal Centro Sociale “Ex Karcere” di Palermo, del libro “Polizie, sicurezza e insicurezze” di Salvatore Palidda edito da Meltemi Editore Intervengono: l’autore Salvatore Palidda, il sociologo Marco Antonio Pirrone e Italo di Sabato, responsabile Osservatorio Repressione

https://www.youtube.com/watch?v=VXO9HuXUfjQ&t=3s